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POTENZA –  Cresce lo scetticismo nei confronti delle Primarie del centrosinistra. Quell’appuntamento indicato dal segretario regionale del Pd, Roberto Speranza, per scegliere il candidato governatore di tutte le forze della coalizione. La data è nota: si dovrebbero (il condizionale a questo punto è obbligatorio) svolgere il prossimo 22 settembre. E la chiusura dei termini per la presentazione della candidature che devono essere accompagnate da 1.500 firme è già stata fissata per il 2 di settembre. Insomma mancano una ventina di giorni. Meno di tre settimane. Poco. Pochissimo.

Ma i segnali non sono incoraggianti. Anzi. La schiera degli scettici o meglio di coloro che non credevano alla celebrazione delle Primarie in Basilicata invece di assottigliarsi dopo l’ufficializzazione della data è rimasta numerosa. Basta parlare con chiunque che esprime dubbi. Eppure Speranza è stato chiaro che più chiaro non si può. Lo aveva prima anticipato in un incontro pubblico a Melfi (la prima volta che parlava in piazza dopo la nomina a capogruppo del Pd alla Camera dei deputati) e poi ribadito alla Direzione regionale del Partito democratico di Basilicata nella quale alla fine aveva anche incassato la delega all’unanimità per aprire il confronto con gli alleati.

Tanto più che subito dopo la Direzione Speranza gli alleati storici del Pd alla Regione li ha invitati e informati della decisione.

Insomma il percorso sembrava senza ostacoli. Sembrava. Ma poi da allora sono passati 10 giorni e nulla si è mosso. Tutt’altro. Gli alleati di sempre a partire dal Psi, da Sel per proseguire con Prc e Verdi si sono impuntati sul codice etico. O meglio hanno posto il paletto: nessuno di quelli indagati sui rimborsi taroccati in Consiglio regionale deve essere candidato a presidente della Regione. E il muro contro muro è proseguito anche nel secondo vertice che si è svolto sabato scorso nel quale anche i Popolari uniti hanno posto condizioni simili soprattutto in materia di programmazione politica non delegata in bianco al Pd.

In ogni caso la posizione mette a rischio tutta la partita delle Primarie. A meno che il Pd non decida di modificare in corsa e se le faccia per proprio conto presentandosi solo dopo aver scelto il proprio candidato ai partiti minori della coalizione. Potrebbe essere una strada. Ma i problemi non sono solo nei rapporti con gli alleati che di fatto, con il no a rimborsopoli, pongono il veto ad almeno un paio di papabili del Pd. In particolare a Marcello Pittella e Vincenzo Santochirico.

Ma a dirla tutta la questione legata a rimborsopoli esiste anche all’interno del Pd stesso. Con l’accelerazione dei partiti del cartello di sinistra il pallino è passato nello loro mani. Ma il tema era stato oggetto di dibattito anche durante e dopo la Direzione del Pd lucano. Vincenzo Folino non le aveva mandate a dire. Salvatore Margiotta poi gli ha risposto dalla piazza di Oppido invitandolo a non strumentalizzare le vicende giudiziare o meglio a non “salire sul piedistallo».

Ma è ovvio che il tema c’è. Ed è delicatissimo. Se passasse la linea dura contro Pittella o Santochirico per la candidatura eventuale a presidente della giunta chi garantisce che a macchia d’olio gli stessi non chiedano la linea dura e pura anche per la composizione delle liste dei candidati regionali? Magari anche a tutti quelli della coalizione. Un tema che sì andrebbe affrontato e sviscerato. Ma davvero si è in grado di affrontarlo in pochi giorni. Tanto più che se i paletti etici dovessero essere alzati il rischio di un effetto domino con i casellari giudiziari che a quel punto diventerebbero l’unico discrimine per la scelta della classe dirigente. Senza contare sindaci in carica, parlamentari in carica e cosi vià. Il pericolo che si azzeri tutto, o meglio che inizi una vera guerra intestina senza sconti per nessuno, è tutt’altro che scongiurato. E quindi si ricomincia a ragionare sugli accordi nei caminetti. 

s.santoro@luedi.it

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