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NEL Pd si gioca alla mediazione. Ma sembra di cogliere che il gioco sottenda una logica inespressa: la logica del tutto o niente. E, come scriveva ieri Ernesto Galli della Loggia sul Corriere, la logica del tutto o niente “se può sedurre la psicologia del giocatore può anche condurre lo stesso alla rovina totale”. La dichiarazione fatta ieri dal governatore uscente, Vito De Filippo, in evidente risposta alle carte scoperte da Folino e Bubbico, sembra essere una contromossa tattica. La necessità, per tutti i giocatori di questa prevedibile contesa elettorale, è quella di comunicare che si è disponibili a una mediazione e a un accordo. Gli elettori devono sapere che nessuno è ostinatamente proteso a conservare rendite di posizione. Ma i tempi e i contenuti del botta e risposta a distanza danno il senso di una realtà paralella. Se Folino dice: candidiamo alla presidenza della regione D’Andrea e Adduce, De Filippo rilancia, alza la posta e schiera anche Santochirico (Colangelo non era escluso da Folino). A dire: ho aggiunto anche un uomo più vicino a te che a me politicamente, e adesso tu che fai? Aggiungendo il nome di Santochirico, inoltre, De Filippo mostra di non accettare l’intransigenza foliniana sulla storia degli indagati. Se fosse una dialettica sincera dovremmo dire: bene, è fatta. Ma non è ancora fatta. Si spera che Speranza dica qualcosa di definitivo domani sera a Potenza alla riunione dei giovani democratici. Se non ora, quando? Settembre è alle porte.

La reciproca e apparente disponibilità di queste ore nasconde ancora l’ostinazione ad escludendum. Lacorazza da una parte, Pittella dall’altra. L’affiliazione politica tra Folino e Lacorazza è sicuramente più forte dell’accordo elettorale quasi necessario tra Pittella e De Filippo in caso estremo di primarie di sangue. In verità Folino è stato molto chiaro sul no a Pittella. Più da tessitura silenziosa la trama antilacorazza. Che se ne sta in silenzio, ben indottrinato da Folino, facendo sapere indirettamente che da uomo di partito non è certo lui il giocatore che scompaginerà gli accordi.

Come siamo arrivati a questo misero presente? C’è una legislatura chiusa traumaticamente. L’addio di De Filippo fu un atto di accusa che, in realtà, andava oltre le notifiche degli avvisi di garanzia. Era l’atto di sfiducia a un sistema fisiologicamente finito. Del quale coprotagonista è stato indubbiamente anche Folino. Che ha un vantaggio giudiziario. Essere fuori dall’inchiesta è un forte vantaggio. Ma lui stesso è consapevole che una discussione sulla storia recente della Basilicata è una discussione su un duopolio. Mettiamoci, però, per un momento dalla parte dei cittadini. Cosa chiedono? I cittadini vogliono essere bene amministrati, quelli lucani in particolare vogliono orgogliosamente non essere gli ultimi della classe, come ancora gli indicatori europei ci indicano. Non abbiamo competitività, cioè non siamo attrattivi, altre regioni sono migliori di noi e fanno meglio di noi. Basterebbe questo per mettere in moto quella gara delle intelligenze che non si intravede neppure all’orizzonte.

C’è una strana aria da resa dei conti in giro. Nella regione di toghe lucane, tutto è possibile. Veleni e dossier attendono solo di essere tirati fuori. La condivisione di un progetto politico rischia di diventare tifo e dunque di inquinare la discussione politica più di quanto non lo sia già. Ripeto spesso, e lo faccio ancora, che la prospettiva lucana, se vista oltre i confini regionali, è una prospettiva che ancora seduce e trasmette l’idea di un contesto dove le cose funzionano meglio che altrove. L’altro giorno, il Quotidiano della Calabria, dunque l’omologo della Basilicata, nelle pagine dell’alto Tirreno cosentino sottolineava, rispetto ai ritardi degli ospedali della zona, i buoni tempi dell’ospedale di Lagonegro. Ma l’assessore Martorano ha il suo peccato e dunque va sacrificato. E se poi fosse assolto? A maggior ragione l’assessore Pittella, forte di un vasto elettorato, e di un lavoro di territorio che non ha mollato neppure a ferragosto. Cosa diciamo a chi gli ha dato fiducia? Possiamo pensare che avesse bisogno di grattare duecento euro? La frenesia e la psicosi del momento è tale da creare situazioni di panico diffuso, al limite del comico, come la storia che vi racconta oggi Leo Amato e che riguarda la provincia di Potenza. Allora, lasciamo da parte paure e pandette, e cerchiamo di essere consapevoli che la parola Basilicata o l’aggettivo lucano sono ancora fortemente spendibili. Questa risorsa dobbiamo tutelare, questo punto di partenza va preservato. Questo sì che è un bene comune. Poi la lotta politica, il cinismo e la tattica delle mosse politiche non sono neppure sorprendenti. Il pericolo in questi casi è di amplificare le ostilità di contorno e creare contesti pieni di veleno.

Caro Francesco Perone, io raramente censuro, eppure trovo ingeneroso, per quel che riguarda Folino, che la lotta politica debba farsi andando persino oltre quello che hanno analizzato i giudici. Se Folino è fuori dall’inchiesta non è perchè il pm gli ha fatto un favore. Potrebbe solo pentirsi di essere andato a fare il parlamentare e decidere di tornare in Basilicata. Lo farà? Piuttosto, per restare ai veri falsi pentiti, fossi l’avvocato di Scaglione o di Mancusi non sottavaluterei quello che abbiamo pubblicato l’altro giorno su Cossidente. Nell’Italia dei pentiti eteroguidati, non mi meraviglierei che dietro ogni dichiarazione ci fossero interessi di altro genere. E dunque, a maggior ragione, la politica deve fare attenzione a non farsi condizionare dalle camere di consiglio. Senza considerare che la metà degli italiani continua a stare dalla parte di Berlusconi.

Insomma se Speranza non sceglie con la monetina tra Adduce e D’Andrea è perchè quel capolavoro di contesa-intesa tra i diarchi è in crisi. E a catena è in crisi tutto quello che ne consegue. Investiamo allora su una candidatura di superamento, ritorniamo da dove eravamo partiti, un uomo al quale affidare la scommessa del futuro e salviamo il buon senso nella formazione delle liste. Il tutto o niente mi spaventa. Ma un capo che sia il migliore, quello sì, è necessario. Carta bianca a chi sappia essere all’altezza della sfida della competitività, che non ci proponga la ferrovia per Matera, che dialoghi con i giovani spedendoli all’estero, tutti in massa, non per mettere in fuga i cervelli ma per farli funzionare, che spieghi ai nostri dirigenti scolastici che le antologie per leggere un brano di Levi non servono più, serve un Ipad per tutto il corso scolastico, che apra finalmente le porte della Basilicata al resto del mondo, perché solo contaminandoci possiamo liberarci dai nostri provincialismi, che abbia il coraggio di dire che il petrolio, non porterà mai occupazione, ma le royalties possono essere democratizzate. E basta con la storia che facendo i nomi li bruciamo. Anche di questi poco virtuosi silenzi dobbiamo liberarci. De Filippo ha indicato anche nomi oltre la politica, senza citarli. Chi sono? 

l.serino@luedi.it

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