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L’ ASPRO confronto in corso tra le varie anime del Pd lucano circa la nuova rappresentanza da dare al partito e in prospettiva al governo della Regione Basilicata risente, a mio avviso, di vistose carenze circa i contenuti che la nuova rappresentanza dovrebbe portare avanti. Nei due consessi. Esponenti di primo piano come Folino e Bubbico sono partiti nelle loro analisi dall’esigenza di fare autocritica su quanto fatto finora  in materia di politica regionale dal Pd e dai suoi rappresentanti nelle istituzioni: è una base di partenza importante in una regione in cui l’autoreferenzialità  dei gruppi dirigenti ha sempre prevalso, negando la realtà in cui viviamo da decenni ( il declino demografico, il sottosviluppo socio-economico, il clientelismo, una distribuzione della spesa pubblica più rivolta la consenso elettorale che alla crescita, ecc.).

Non è un caso che la Basilicata ed in generale tutte le regioni meridionali siano  state considerate di recente  fanalino di coda tra le regioni europee in ordine al livello di competitività: è l’ennesima conferma di un contesto, quello meridionale e regionale, come dire, fuori mercato, che vivacchia, producendo poco e male, contando su  importanti trasferimenti  diretti ed indiretti (vedi  risorse statali, fondi Ue,  royalties del petrolio) che non riesce a trasformare in opportunità di sviluppo.

E’ chiaro che il meno che si possa fare è determinare le condizioni per creare  forti discontinuità e cambiamenti radicali nelle regole, nei metodi  e nella organizzazione della gestione delle risorse, partendo da una valutazione seria della gravità della doppia crisi che affligge la Basilicata, quella tutta interna strutturale  di lungo periodo e quella più recente causata dalla crisi internazionale avviatasi nel 2007.   

La classe politica ha sostanzialmente rimosso la doppia crisi e quindi le modalità per uscirne, minimizzandone la portata e/o caricandone le responsabilità esclusivamente su soggetti esterni.

A questo punto il problema non è soltanto  quello di rinnovare la classe politica, ma anche capire se quella che subentrerà saprà fare tesoro delle insufficienze fin qui mostrate e convincerci di tenere le qualità  per innovare, tra le quali va messa una buona dose di coraggio (il cambiamento non è mai indolore), la dimostrazione di avere idee nuove sul futuro della regione, costruire su di esse un progetto ed una conseguente organizzazione del lavoro, offrendo finalmente ai cittadini informazioni esatte sui risultati conseguiti, per dare loro la possibilità di esternare un giudizio consapevole sull’operato dei propri rappresentanti.

In questa ottica mi piacerebbe che i nuovi candidati alla guida regionale si pronunciassero sulle seguenti  10 domande.

1, è arrivato il momento per mettere in discussione il (famigerato) modello lucano, alimentato da molta spesa pubblica improduttiva nella quale ha prosperato una moltitudine di locuste sia vestite con panni politici che burocratici? 2, non si ritiene necessario (ri)definire un nuovo contratto sociale  tra politica e società che dia ad ognuno la possibilità di sprigionare le sue potenzialità senza le costrizioni imposte dalla politica, alla quale venga delegato esclusivamente il compito di creare il contesto ottimale entro cui il singolo  cittadino possa realizzare se stesso? 3, si intende adottare il metodo della programmazione che significa dotarsi di piani territoriali ed economici al posto dei semplici elenchi di opere finora compilati? 4, la implementazione della programmazione, richiede o no la (ri)organizzare l’apparato amministrativo regionale, riconoscendo meriti , formazione continua e nuove  competenze e non appartenenze e fidelizzazioni clientelari che al contrario  sono il presupposto per demotivare il personale e per realizzare forti discriminazioni nella distribuzione delle opportunità, accompagnate da grandi opacità nella predisposizione dei percorsi amministrativi? 5, per uscire dalla crisi quale strategia si pensa di adottare, sapendo che abbiamo in primo luogo da fronteggiare una straordinaria emergenza occupazionale che non ha pari nel resto del Paese? 6, quale è il nuovo ruolo  e quale organizzazione può svolgere l’ente regione Basilicata come “ datore di ultima istanza”, uscendo dalle secche dell’assistenzialismo oggi imperante? 7,in questa ottica, come si affronta il problema del lavoro per i circa 10 mila soggetti che a vario titolo sono ai margini del mercato del lavoro, ossia la massa di disperati over’ 50 disoccupati o coperti da modeste indennità o da lavori professionalmente precari che girano intorno alla Pa?

8, con quali proposte intende coinvolgere i big players (Governo nazionale, Ue, multinazionali del petrolio, ecc.), attualmente operanti in Basilicata, perché si accollino una parte della strategia di fuoruscita dalla crisi?

9, non ritiene utile introdurre misure innovative di privatizzazione della dirigenza regionale, sia in termini contrattuali che valutativi?

10, ritiene necessario, e se sì come,  rimuovere la fratellanza siamese tra politici e burocrati regionali  attualmente esistente fatta di sovrapposizione talvolta anche fisica del politico col funzionario regionale che ha costituito finora un grande elemento di turbativa in ordine al corretto ed utile impiego delle risorse pubbliche disponibili? 

Risposte positive alle domande suddette prefigurano una leadership profondamente diversa da quelle finora messe in campo,  una leadership capace di restituire fiducia nelle proprie possibilità  alla popolazione regionale, non dissimulando le difficoltà, ma chiamando tutti a partecipare ad uno sforzo collettivo nella consapevolezza che realizzare uno sviluppo autopropulsivo implica contare su una comunità in cui si lavori insieme, ciascuno con i suoi meriti ed i suoi bisogni.

 Il punto è: c’è nella regione? se c’è batta un colpo.

 

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