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POTENZA – E alla fine l’epilogo profetizzato dalle cattive cassandre arrivò di notte, in uno degli ultimi giorni a disposizione per determinare le sorti della titanica battaglia, quando tutto sembrava aver preso ormai un’altra piega. “Marcello, fai un passo indietro”: a chiederlo a Pittella junior, a tutti gli effetti già in guerra, i suoi stessi alleati. A distanza di pochi giorni dal primo tentativo andato a vuoto dello scorso mercoledì, Vito De Filippo e Salvatore Margiotta ci riprovano: “Convergiamo sul nome del candidato di mediazione”.  Non su quello del democristiano ex sottosegretario del Governo Monti, Gianpaolo D’Andrea, ma sull’ex Ds, sindaco di Matera, Salvatore Adduce. E’ serata inoltrata, quando viene convocato l’ennesimo vertice d’urgenza, a conclusione di un’altra domenica trascorsa senza sostanziali novità, con un’ipotesi di mediazione che sembra definitivamente naufragata, e dopo un sabato di fuoco in cui a Tito l’assessore alle Attività produttive  e il presidente della Provincia di Potenza, Piero Lacorazza, si misurano duello come veri sfidanti.

Pittella, le armi le ha impugnate già da un pezzo, e lo ha detto chiaramente 24 ore prima proprio da Tito: “Io sono candidato”. Ma questa volta davanti al dietro front degli alleati, almeno inizialmente tentenna.

La pillola da ingoiare è amara, anche per Pittella senior, l’eurodeputato Gianni. Una trattativa estenuante che a un certo punto è sembrata chiusa in piena notte. Con una specie di accordo: il vicepresidente della Giunta dovrà annunciare il suo ritiro dalla competizione con un comunicato stampa. Il dado è tratto. Tutto sembra deciso. Tranne gli imprevisti. E il comunicato atteso non è più arrivato. Per sottrarsi dalla competizione è tardi. La corsa non può fermarsi adesso.

I “grandi elettori”, ma anche la base, iniziano il pressing. Chiedono all’assessore di non tirarsi indietro, e di non accettare il sacrificio che gli viene chiesto sull’altare del partito. Pena il disimpegno elettorale. E allora dietro front sul dietro front, con l’eurodeputato in testa a non voler chiudere così la partita. Un altro ultimatum. Ancora ore di travaglio. Fino alla tarda serata nessuna risposta. E questa volta il silenzio non equivale all’assenso. Pittella sembra intenzionato a far saltare il tavolo. Che sarebbero stati gli stessi alleati a chiedere la resa del proprio candidato le male lingue lo avevano detto già da tempo.  E chissà che in più di qualche momento il dubbio del sostegno incondizionato da parte di presidente e senatore non l’abbia avuto anche lo stesso vicepresidente della Giunta. Come quando a sorpresa, nel bel mezzo delle operazioni di mediazione, dal cilindro dei moderati è stato tirato fuori il nome di Pittella, non junior ma senior. Una mossa che, se la si volesse guardare solo da una prospettiva, potrebbe risultare quantomeno avventata: il nome di due fratelli per la stessa poltrona non fa che alimentare il venticello della calunnia su una famiglia da quarant’anni al potere.

Da Tito, Marcello assicura di essere stato lui stesso a invocare la candidatura del fratello. Ma il primo a essere saltato dalla sedia sarebbe stato proprio l’eurodeputato. Ne suoi programmi c’è ben altro. Così come racconta bene un articolo di Panorama di ieri. Che lo dà come il terzo incomodo tra Renzi e Cuperlo per la segreteria nazionale. E che soprattutto rivela un altro particolare molto interessante di tutta la vicenda: “per il momento D’Alema sta cercando di disinnescarlo offrendogli di correre come presidente per la regione Basilicata. Ma lui se la ride di cuore: «Non ci penso nemmeno».

E nel frattempo Gianni guadagna pure l’endorsment di Renzi nell’intervista rilasciata a Mentana  alla festa dei democratici di Genova. 

Altro che Basilicata. Anche perché in famiglia di candidato ce n’è già uno. Lui sì, gli alleati forse.

m.labanca@luedi.it

 

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