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HO sempre inteso la Politica come un delicato equilibrio tra libertà e coerenza; vicendevolmente si autolimitano, per evitare che la prima diventi totale arbitrio, la seconda ottusa perseveranza. E nell’ambito di questi margini che è necessario trovare e scegliere le soluzioni possibili.

Per questo, l’appello che mi ha rivolto il segretario Speranza è sicuramente gradito e coglie nel segno la mia azione al punto da trovarmi già determinato su una scelta che rappresenta il logico sbocco di un iter complesso.

Riconoscersi in un partito, significa riconoscersi in un patto di lealtà prioritaria con quanti vi aderiscono, al di là dei limiti di caratteri ed espressioni umane. Per questo ogni soluzione aggregante, includente, per quanto possibile unitaria, è, di norma, preferibile a scelte laceranti. A questo principio ho improntato la mia azione e di quanti mi stanno vicino, negli ultimi mesi, compiendo ogni sforzo possibile per la individuazione di un nome ampiamente condiviso e non esitando anche ad affacciarmi in campo per rendere plastica l’assurdità della situazione di divisioni che si era determinata. E’ servita questa mia azione? Alla luce dell’ampio fronte che nel giro di poche ore si è ritrovato su una scelta, coltivo la speranza di sì, anche se non nella misura che mi ero prefisso, che in molti ci eravamo prefissi, ma che non dispero possa essere comunque colta.

In questi mesi, con quanti si riconoscono nel partito e nella coalizione, ma ancor più con quanti hanno avuto con me un dialogo più fitto, mi sono sforzato di dire che la politica, in quanto rappresentazione di una realtà complessa, non ammette conventio ad escludendum, né soloni che si arroghino il diritto di rilasciare patenti di agibilità.

Proprio l’aver imboccato questa strada, certe volte, ha turbato la serenità di un dibattito, portando la situazione al punto di non essere più governabile. E, di contro,  per quel che mi riguarda una totale assenza di preclusioni mi ha portato a considerare in modo aperto tutte le ipotesi in campo, e alla fine a ritrovarmi sulla candidatura di Piero Lacorazza come indicato dal segretario regionale Roberto Speranza.

Lo scorso 24 aprile, nel chiudere l’esperienza di un Consiglio regionale che, per i noti fatti, rischiava di essere additato come delegittimato, ebbi modo di dire che “il primo esempio da dare è quello di affermare che la politica è una disponibilità di servizio agli altri, non una bramosia”.

Lo feci non per dare giudizi su questo o su quello, ma nella convinzione che occorreva stringere nuovamente un patto con gli elettori e individuare, in questo preciso momento e in questa precisa situazione, chi potesse meglio esserne interprete, appunto senza preclusioni verso chi già c’era o verso chi poteva venire.

In questo ho declinato il mio equilibrio tra libertà e coerenza.

Con la serenità di aver offerto disponibilità sincere a più soluzioni, di aver provato a delineare ragionevoli scenari in grado di includere tutti.

 E con la disponibilità personale a dare in ogni modo una mano, a fare passi indietro ma a non tirarmi indietro ogni qual volta sarà chiesto il mio impegno.

Questa, per la cultura politica che coltivo e che mi è stata trasmessa da chi mi è stato maestro, nei vincoli di parentela e in quelli di un comune cammino, è l’unico modo che conosco di far parte di un gruppo.

*Governatore dimissionario

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