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POTENZA – «Dobbiamo capire, stiamo studiando un po’ tutti», dicono al secondo piano del palazzo di piazza Mario Pagano. In Provincia, a Potenza, da qualche giorno fanno i conti contro il tempo e con qualche incognita istituzionale.

La candidatura regionale del presidente della Provincia Piero Lacorazza (Pd) apre scenari complessi. Anche tecnicamente.

Poco conta che manchino ancora le primarie interne al centrosinistra: Lacorazza al momento è in corsa solo per il ruolo di candidato governatore, con Marcello Pittella (Pd), Miko Somma (Comunità lucana) e Nicola Benedetto (Centro democratico).

Poco conta anche che le elezioni siano solo un passo successivo.

«Niente previsioni, per carità», dicono d’abitudine. Ma la verità è che con lo scenario futuro già si fanno i conti. In caso di elezione a viale Verrastro di Lacorazza, che cosa accadrà in Provincia?

In realtà, si sta ragionando di una situazione simile anche al Comune di Potenza: il sindaco Vito Santarsiero sarà uno dei candidati al consiglio regionale per il Pd. In caso di elezione, però, l’iter da seguire sembra creare meno problemi. Il mandato da primo cittadino, a Potenza, scadrebbe in modo naturale a giugno, pochi mesi dopo l’eventuale ingresso del sindaco in consiglio regionale.

Non dovrebbe essere necessario sciogliere il consiglio comunale e chiamare alla gestione amministrativa un commissario. Potrebbe essere il vicesindaco a guidare l’ente per il breve tempo rimanente. A chi toccherebbe il ruolo di vicesindaco, poi, è un’altra questione, delegata agli equilibri del centrosinistra.

Alla Provincia, invece, le cose sono più complicate. Mica semplice districarsi in un impianto normativo aperto. Ancora è in piedi l’ipotesi di soppressione dell’ente. In un contesto politico di grande incertezza rispetto alle sorti del Governo.

A luglio scorso il governo di Enrico Letta è tornato alla carica sulla riforma istituzionale. La Consulta aveva pochi giorni prima bocciato il vecchio decreto legge, quello che aboliva solo alcune province italiane, secondo criteri di demografia o estensione (in elenco c’era anche Matera).

Il governo ha così deciso di affrontare lo stop della Corte costituzionale cambiando procedura e secondo un criterio generale: via tutte. Il disegno di legge approvato dal consiglio dei ministri e in attesa della discussione parlamentare prevede la cancellazione del termine “province” direttamente dal testo della Costituzione. Questi enti «non sarebbero più un ente territoriale costituzionalmente necessario». Una norma transitoria prevede poi che le amministrazioni locali siano soppresse entro sei mesi dall’entrata in vigore del disegno di legge.

La natura costituzionale della modifica, tra l’altro, allunga i tempi del processo di dibattito e approvazione rispetto a un normale iter di legge.

Ma difficile prevedere se e quando la riforma istituzionale per via costituzionale sarà approvata (e quindi da quando partirà il conto alla rovescia). Nonostante il governo Letta abbia più volte difeso la scelta, invitando a una celere discussione parlamentare, difficile fare una stima. L’agenda politica romana sembra concentrata su altre tematiche.

Come andrà a finire allora a Potenza? Se Lacorazza fosse eletto? Come sarebbe gestito il periodo di interregno tra la decadenza del presidente (con scioglimento del consiglio provinciale) e la futura abolizione dell’ente?

Si farebbe in tempo a convocare nuove elezioni se la soppressione dell’ente non fosse ancora entrata in vigore? Tra varie ipotesi, letture normative e mille richiami  a vecchie leggi, nessuno si sbilancia. Al momento una delle ipotesi più diffuse è quella di un governo transitorio di un commissario, secondo quanto accade già oggi in caso di scioglimento anticipato degli organismi elettivi. Al momento.

s.lorusso@luedi.it

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