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POTENZA – «Caffè, veloce, ma serve», ché la giornata è lunga. Il camper ha già fatto un bel po’ di chilometri, ieri era in funzione da poco più di 48 ore.

Piero Lacorazza è abituato a fare su e giù. In camper aveva già scelto di attraversare i cento Comuni del Potentino, costruendo la corsa a presidente della Provincia del Pd. Ci torna adesso, in corsa alle primarie del centrosinistra, per il ruolo di candidato governatore.

«È tosta, ma anche divertente». Col camper si finisce in piazza e la gente ti viene incontro. «Anche parecchio arrabbiata, eh. Ti prendi tutto».

Una giornata da candidato significa parecchie tappe, diversi chilometri e l’accortezza di stare attenti. Lui, con un ruolo istituzionale cucito ancora addosso, prova a essere discreto. Si muove col camper che ha l’hashtag (#cambiareinsieme) stampato sulla fiancata, niente fascia istituzionale. Nei posti dove deve parlare da presidente nessun comizio, «ci mancherebbe».

«Comincio col distinguere i mezzi. Il camper, la benzina, tutto a carico mio. Metterlo in chiaro significa dare un elemento di serenità».  Risponde all’appello sulla trasparenza: per ora nessun finanziamento di sostegno alla campagna elettorale, «la pago con i miei soldi. Il camper mi costa 1.880 euro e sto per firmare un contratto di fitto per il comitato». Sia chiaro, però, «finché il ruolo c’è, mi prendo anche tutta la responsabilità. Ieri in Provincia abbiamo adottato il piano strutturale: una piccola rivoluzione».

Ma ora che rischia di interrompere prima il mandato, non sarà un tradimento? «Ma no, si anticiperebbe la naturale chiusura eventualmente di un paio di mesi».

Telefono, poi si scende, i giornali, si riparte, telefono, iPad, telefono, due chiacchiere, le dita veloci sulla tastiera, Basentana, l’area industriale, telefono, si scende.

A Balvano per il primo giorno di scuola. «Non è un caso, questo è il posto che per la Basilicata sa di speranza». Il sindaco Costantino Di Carlo fa un po’ da guida lungo la strada che porta in Comune, poi nella scuola. Nell’androne al secondo piano del Municipio ci sono dei mobili che qualcuno ha recuperato e ristrutturato dalle macerie dell’80. Qualche metro più in là, saluti, incroci, scale e via, in palestra. Ci sono le maestre, le mamme, i papà e i ragazzini, nella scuola simbolo di ricostruzione che, però, quest’anno tornerà ad avere una pluriclasse. 

«Facciamo una prova: un bravo politico deve farsi capire». Racconta di energie rinnovabili e dell’idea di futuro a chi appena ora si affaccia al mondo.

«È un mio pallino, la scuola pubblica». Uno di quei punti da mettere in programma «sempre, punto».

Di nuovo in marcia, ancora Balvano, ma zona industriale. La Trs è un’azienda di quelle innovative, raccoglie e ricicla pneumatici. Ha aperto le porte ad amministratori e giornalisti per mostrare come funziona. «Preside’, però aspetti, se loro funzionano è perché ci siamo noi al depuratore. E siamo senza stipendio da tempo, lì si rischia il fallimento». Poco prima del cancello,  ecco l’ncontro con un lavoratore della società che cura i servizi per il Consorzio industriale. Racconta di una vertenza complicata, attendono finanziamenti dalla Regione per saldare lo storico debito Asi. Lacorazza ascolta, annuisce, «ma no, promesse non se ne fanno».

Nel capannone l’incontro ha un carattere istituzionale. Ci sono autorità civili e militari, associazioni, fotografi. Il tema: lavoro e ambiente. «La produzione sostenibile non è un miraggio». Quella azienda era stata contrastata dalla popolazione locale, i cittadini temevano per l’ambiente con un deposito di copertoni a cielo aperto. Poi la struttura si è riconvertita, in collaborazione con buone pratiche del nord, ha avviato una filiera sostenibile. Ora fanno scuola.

«Ah, ma c’è Marcello». L’avversario delle primarie è lì, entrambi in veste istituzionale. Pittella interviene puntando sul salto culturale che il territorio deve saper fare di fronte all’innovazione, alle energie, alle nuove produzioni. Si incrociano ogni tanto in quel capannone, saltando da un capannello all’altro. Seduti accanto, un paio di battute, clima disteso. Poi tocca andare oltre. Hanno altre tappe entrambi.

Via l’elmetto e il camice usati per protezione nello stabilimento, di nuovo in camper. Telefono, iPad, telefono, scarabocchi, «domani sono da voi»,  un post, la nota corretta, «chiama Livio, a Melfi deve essere successo qualcosa».

Con Rocco e Peppe, collaboratori e amici di sempre, ha fatto del camper un piccolo quartier generale. «C’è tensione davanti al tribunale lì». Il camper si ferma, di nuovo giù. Questa volta ai cancelli della Ferrero.

C’è ad aspettare il gruppo anche Nicola Valluzzi, che in Provincia ha la delega alla viabilità. Alcuni lavoratori si fermano, il tempo passa ad accennare di lavoro e servizi. «Difficile pensare di redistribuire il reddito, non subito almeno. Ma se offri servizi, il primo beneficio è per le fasce svantaggiate». Come in quella landa, dove sorge una fabbrica che funziona nonostante il contesto: chiedevano un servizio di trasporto che impedisse loro di prendere l’auto in piena notte, dopo un turno faticoso.

Ecco qualche goccia, l’ombrello, «ripariamoci», piove davvero. Il ritorno, per un pezzetto, è sul pullman con i lavoratori. Che cosa c’è da cambiare? «Preside’, le risorse ci sono, pure i cervelli. Vanno messe a sistema». Gli operai hanno paura per i figli.

Ancora via, verso Satriano. Segue Potenza, in piazza e al comitato. «Giornata lunga, ma impari parecchio». Ha imparato parecchio, dice, anche in questi anni. «Ci ho messo dentro il politico e l’amministratore, ci ho provato». Un po’ strategia, un po’ concretezza, spiega. «Quando cominci un percorso arrivi con l’idea che tutto si può. Poi ti scontri con le risorse, col contesto, con i limiti. Ecco, io ho smussato i miei spigoli». Famiglia e Montemurro «sempre appresso».

Girando sul territorio sta proponendo un’idea: comunità.

«È che dopo rimborsopoli, la classe dirigente deve chiedere scusa, al di là delle singole responsabilità che sarà la magistratura a valutare. In generale dobbiamo recuperare credibilità, e non potremo farlo a parole. Servono tracciabilità, tecnologie, approccio, trasparenza».

E il Pd? «Alla potenza del Pd, anche in termini di consenso, non c’è stato equivalente potere del progetto.  Quelle che stiamo affrontando, però, credo saranno primarie vere. Dovranno restituirci un progetto di comunità: siamo in una situazione in cui le risorse sono sempre meno, l’unica soluzione è mobilitare energie».

E sia chiaro, dice, «cambiamento non significa bruciare quello che c’è stato prima. Altrimenti avremmo un futuro senza storia».

s.lorusso@luedi.it

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