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POTENZA – «È che a volte ti chiedi come sia possibile e ti viene da allargare le braccia. Ma poi va bene così, sta andando bene. La gente, se parli chiaro, ascolta».

E lui, Marcello Pittella, sta provando a spiegare a quanti incontra «che abbiamo diritto a un sistema diverso, a una politica diversa». Candidato alle primarie del centrosinistra per la scelta del candidato governatore, sta attraversando il territorio senza risparmiare frecciate, accuse, critiche anche al partito.

Il Pd gerarchico, chiuso e in cui in pochi gestiscono e decidono – spiega – non funziona. A cominciare proprio dalla primarie: la sua candidatura, ha detto più volte, è di rottura. Una volta che in via della Tecnica non si era trovata la quadra su un nome “terzo” o di pace, perché la dirigenza ha imposto di convergere su un nome (quello dell’avversario diretto, il presidente della Provincia di Potenza, Piero Lacorazza)?

Così è nata la candidatura, con tanto di hashtag che fa un po’ da slogan, un po’ da incoraggiamento: #liberaleprimarie, scrive lui che twitta, incontra, scrive, aiutato da un gruppo di volontari agguerriti e da un bel po’ di entusiasmo nella squadra.

Giornate lunghe, parecchi chilometri, centinaia di persone da incontrare. La tabella di marcia memorizzata sul telefono, fila via sotto lo sguardo vigile di Mario. Michelangelo, invece, lo trovi discreto, ma sempre presente nei luoghi in cui c’è da gestire logistica, comunicazione, tempi. «Marcello ci crede davvero, eh», ti dicono tutti. Stanchi, ore piccole da giorni, telefoni sempre scarichi, ma tant’è, «è una piccola grande battaglia. Ed è importante».

Nelle primarie hanno investito «un’idea di Basilicata». Quale?

La racconta, Pittella, ad ogni incontro, scegliendo temi e argomenti, di paesaggio in paesaggio, dal Potentino a Matera e ritorno, con viaggi nell’entroterra. Domenica, per esempio, il tour è stato parecchio intenso.

«Guardi assesso’, qui si può fare ancora molto». L’arrivo in Grancia, a Brindisi di Montagna, è una festa. Sosta breve ché c’è da scarpinare ancora, ma la fermata nel parco dei briganti è utile a incrociare le storie degli abitanti del paese, degli operatori che in quella montagna hanno investito idee e aspettative.

Davide Becce, presidente dell’associazione che si occupa dell’area, li conosce uno per uno, ne racconta percorsi e storie. Pittella ascolta, osserva e spiega che sì, «questo posto ha ancora molto da poter dare». I fondi vanno trovati, vanno investiti sulle cose giuste.

«Ora no, grazie, la prossima volta. Promesso. Non c’è tempo per mangiare tra gli stand dove ristoratori cucinano prodotti locali.

Via, veloci, verso Matera. Al bar solo il tempo di un caffè. Lo aspettano la parlamentare Maria Antezza e il collega Luca Braia.

Appuntamento nella sede dell’associazione Zona franca di Matera. Un breve giro di presentazioni, diverse sollecitazioni. «Prima di pensare ai nomi – chiedono dalla platea – vorremmo sapere per esempio che profilo avranno le persone da inserire nel listino». Competenza, merito, indipendenza: tornano le parole, Pittella rilancia.

Braia fa da sponda e ricorda che la «scelta del 22 settembre è una scelta di sistema». Ancora via, di nuovo in macchina, direzione Hilton. Tre incontri a stretto giro, pubblici e partecipati. La location è allestita da convention, centinaia di persone, un vociare diffuso.

Si parte dalla sala in cui un centinaio di imprenditori affrontano con l’assessore alle Attività produttive il peso della contingenza. «Noi abbiamo perso la speranza, non ci crediamo più, fatichiamo – dicono gli imprenditori raccolti in sala – Per noi anche il tempo è lavoro, ed è tempo di attesa, di pratiche burocratiche, di intoppi». Raccontano l’innovazione, la tradizione, le scelte azzardate, a volte coraggiose. «Ma l’istituzione deve fare la sua parte. Vogliamo credere ancora in questo territorio».

«Quando abbiamo lavorato per la stazione unica appaltante siamo partiti dalla consapevolezza che se la macchina amministrativa si mette di traverso, è l’economia di un intero territorio a risentirne – dice Braia – È chiaro, c’è un elemento generale di difficoltà sul momento che è oggettivo. Ma c’è anche un pezzo di efficienza della pubblica amministrazione che puo essere recuperato». Come si fa? «Dobbiamo mettere in circolo gente libera», dice.

Pittella torna sul merito e sul sostegno che l’ente pubblico deve ai territori: «Ma non può essere sostegno di parte, discriminatorio a seconda del territorio di provenienza e del politico che hai di fronte». Ecco il sistema che Pittella spiega di voler contrastare.

Lo ripete spesso che è «uomo del popolo, cittadino libero». Anche per questo, spiega, «mal sopporta le imposizioni». E in casa Pd ne sono arrivate troppe. «Il destino della comunità affidato a tre, quattro persone che decidono nel chiuso di una stanza».

Lo spazio conferenze dell’albergo si riempie. Anche il vento ha dato tregua, «visto?».

Antezza si muove tra i capannelli, avanti e indietro, tra la gente arrivata e quella che aspetta, si ferma con tutti. «Dirigo il traffico», scherza.

«Dov’è Marcello?». «Incontro sanità». Poco più in là, dietro la porta di un’altra saletta, l’assessore sta incontrando medici e operatori sanitari. «Un po’ sul banco degli imputati». Sorride, poi spiega. «Da medico sento doppio il carico di responsabilità». L’incontro è denso, anche perché a discutere del piano sanitario lucano, chi ogni giorno è a contatto con i pazienti, ha parecchio da dire: allocazione di strutture, gestione dei reparti, tagli e spostamenti. Pittella affronta il tema, senza promesse: «Capiamo cosa è meglio per la Basilicata, questo sì».

Nel programma il punto è chiaro: «Bisogna razionalizzare, senza però dimenticare che le persone hanno un sacrosanto diritto alla salute e devono essere libere di curarsi nella propria regione usufruendo di un servizio di qualità».

Tra le proposte in elenco c’è l’attivazione di un policlinico ospedaliero universitario e la realizzazione di un polo degli acquisti centralizzato per la riduzione della spesa sanitaria». Da subito, invece, «l’ eliminazione del ticket per le fasce più deboli».

Di nuovo fuori, nella hall del piano basso dell’Hilton. Prima di immergersi nella folla (tanta) e poi raggiungere il palchetto allestito in sala.

Colpo d’occhio da grandi numeri, non c’è una sedia vuota. È il momento del discorso del candidato, senza filtri di categoria. «Sono così, sono Marcello. Cambiamo le cose, facciamolo insieme, se vi va».  

s.lorusso@luedi.it

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