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POTENZA – «Qui siamo tutti impegnati come si può, da volontari». La macchina elettorale di Comunità lucana – No Oil è fatta in casa: amici, sostenitori, piccoli gruppi dislocati in regione.

A Potenza una base è in un piccolo locale del centro storico: «Nulla di che, raccogliamo materiale, ci vediamo. Il grosso però è in giro sul territorio». Possibilmente a piedi.

Miko Somma, in città, a Potenza, si muove sempre così. Agli avversari delle primarie del centrosinistra aveva risposto con ironia. Tutti gli altri in camper, lui in apecar.

«Ma no, quale presa in giro, anzi. È che non possiamo rinunciare a un po’ di ironia, non è una guerra, non dovrebbe esserlo, almeno».

Allora, via. Due passi in città, tra centro storico e dintorni, servono a fare il punto su temi, problemi, posizioni.

Cominciamo dall’ovvio: lo sa bene che la sua è una candidatura utile a porre questioni, piuttosto che disegnare futuri organigrammi. Ma appoggerete ugualmente il candidato governatore del centrosinistra che vincerà? In sfida ci sono i due democratici, Marcello Pittella e Piero Lacorazza, e Nicola Benedetto di Centro democratico.

«Certo che appoggeremmo, abbiamo sottoscritto un accordo di coalizione». Ecco, appunto, la coalizione.

Ma potrà essere davvero possibile un sostegno viste le divergenze di vedute? E non sono neanche divergenze leggere. Se non altro per la rilevanza dei temi a cui si applicano.

Il petrolio per esempio, che per il movimento No Oil è premessa e approdo di ogni ragionamento.

«Un momento, allora, facciamo chiarezza. Siamo nella competizione del centrosinistra perchè quello è l’orizzonte. Abbiamo ratificato un accordo di principio. Il programma, però, ancora non è stato stilato: è chiaro che ci aspettiamo che in quel programma finiscano anche le nostre sollecitazioni. Nel frattempo, andiamo avanti col nostro».

Proposto e divulgato in incontri ai banchetti e via blog. «Quello di Comunità lucana è seguitissimo. Come i profili sui social network, è un canale di divulgazione. Non l’unico, certo, ma un canale importante».

Camminando, va avanti, un passaggio veloce al locale di famiglia. La Taverna Oraziana è un ristorante storico della città, ci lavorano i fratelli; Miko dà una mano, il resto del tempo è per il proprio lavoro, artista di grafica.

Torniamo ai punti. Il principale: energia e politiche energetiche.

La scelta del movimento è chiara. «Crediamo che in Basilicata non vi sia alcuna necessità di ulteriori produzioni energetiche, anche a fronte di un calo della richiesta energetica globale e regionale, sia per effetto della crisi che del risparmio energetico generato dai miglioramenti produttivi».

Insomma, proprio non c’è giustificazione «all’umento annuo del fabbisogno regionale».

Sul tavolo delle richieste: «Blocco immediato degli effetti e rimodulazione del Piear (il piano energetico regionale)». Secondo quali indicazioni? «Le nostre idee guardano  realmente alle necessità del territorio. L’obiettivo è spingere sulla auto-produzione per il raggiungimento della auto-sufficienza energetica, elemento questo di non secondaria importanza dal momento che la nostra regione con le sole estrazioni di idrocarburi attuali e di prossima realizzazione garantisce buona parte del fabbisogno energetico del Paese».

Non è un “no” di principio, spiega. «Andiamo, non proporremmo mai qualcosa di non fattibile. Non chiudiamo gli occhi, sappiamo sarebbe utopico dire: via tutti gli impianti petroliferi dalla Basilicata. Piuttosto, però, c’è un modo perchè lo status quo prenda la via della sostenibilità, anche economica, del minor impatto, della tutela dei cittadini e dell’ambiente?».

Inseguono «un ribaltamento produttivo che in primis pone la necessità di conoscere in dettaglio il consumo energetico aggregato e settore per settore, per poi disaggregarlo per zone omogenee. A quel punto bisognerebbe pensare alla costruzione di piccoli impianti a energie rinnovabili strettamente tarati sui consumi accertabili e gestiti dalle comunità. E chi lo sa, perché non arrivare a una compartecipazione dei cittadini alla produzione attraverso l’auto-produzione domestica».

Hanno in testa chiaro anche il percorso istituzionale e burocratico da fare per gestire il settore: «La Società Energetica Lucana va liquidata immediatamente, per poi essere trasformata in ente pubblico a carattere non economico di produzione, gestione e distribuzione energetica o in alternativa in società ad azionariato di cittadinanza».

La durezza della posizione nasce da un timore. «Riteniamo che la società energetica lucana abbia dei pericolosi tratti privatistici. Meglio una società ad azionariato di cittadinanza sul modello di quanto previsto sulla trasformazione di Acquedotto lucano».

Dovrebbe però esserci anche un’autorità Energetica regionale indipendente «che vigilerà su ogni aspetto riguardante la gestione e produzione di energia sul territorio regionale».

Ancora due passi, qualche incontro, «Michele, dammi un bigliettino». Lui distribuisce qualche santino, poi prosegue dritto in Comune a chiedere il permesso per un banchetto.

Camminando, ancora due battute. Il tema torna. Le royalties? «Vanno messe a sistema. Pensiamo all’università: ecco con i fondi del petrolio la Regione sostiene l’ateneo lucano. Va bene. Ma poi, mi domando, perché si devono pagare ai professori universitari le consulenze tecniche su tematiche quali i rifiuti, l’energia, i trasporti? La Regione non potrebbe chiedere almeno le consulenze tecniche gratis?». In fondo, dice, l’obiettivo è «un bene comune».

s.lorusso@luedi.it

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