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Comunque vada sarà un insuccesso. Una sconfitta della politica e della capacità di sapere mettere in campo una sfida vera e non una guerra. Per come sono arrivati alla scelta dei candidati, entrambi del Pd, era prevedibile che la battaglia politica diventasse scontro, senso di ritorsione, desiderio di rivincita. 
Ai blocchi di partenza due eserciti, reclutati e allenati per arrivare alla meta con un unico desiderio: portare in trionfo la testa di Golia sanguinante, come nel quadro di Caravaggio. La psicologia del nemico, più che del competitor, come ho scritto più volte in questi giorni, è maturata ed esplosa per i veleni di cui la piccola comunità lucana si è nutrita in questi anni. Fino ad arrivare alle ultime convergenze-divergenze di alleanza degli ultimi mesi. 
Il quadro nazionale di riferimento non aiuta, il disorientamento e lo svuotamento di significato della parola politica rende tutti cani sciolti, molto aggressivi. Epperò esistono doveri e responsabilità. Che sono due parole che non portano né euforia né ribalta ma fatica, pazienza, stanchezza, spesso incomprensione.
Alla vigilia del risultato delle urne mi sento di dire una sola cosa: ritrovate il senso dell’unità, recuperate il valore di un progetto comune per il bene di questa terra, per evitare la deriva totale. La protesta di Tramutola è significativa. Ed è significativo che a protestare sotto il palco ci fossero delle donne: sono loro, siamo noi, che nei momenti estremi della vita di una famiglia o di una comunità percepiamo che stiamo affondando. 
Non sono così sicura che l’etica della politica sia solo tenere alla larga chi è indagato, come dice don Cozzi.  A don Marcello, anzi (che omette di scrivere che uno dei relatori del convegno di domani sulla’ndrangheta è un bravissimo collega del Quotidiano di Reggio Calabria: anche questo, mi chiedo, non è slealtà?) chiedo se non sia utile recuperare una dimensione di buona rotta, verso un futuro che pesi di significato più di un presente inconsistente, che significa a mio avviso una cosa fondamentale: non omettere, includere e non indietreggiare davanti allo spettro della morte. 
Non va omesso che i lucani hanno fame e che non sono più tollerati privilegi improduttivi. Includere cercando di prendere il meglio da ognuno e da ogni situazione. Non essere escatologici sulla possibilità che uno sbocco si può, si deve trovare. Chi vincerà queste primarie si liberi dalla dannazione della vendetta. 
C’è molto, moltissimo da fare. Ieri abbiamo pubblicato, per l’ennesima volta, i disavanzi dei consorzi industriali. Sono due, troppi. Quanti doppioni, quanti sprechi, quante irrazionalità conoscete? Le imprese, mi rivolgo al presidente degli industriali Somma, sanno solo chiedere o sono capaci anche di mettere in atto progetti seri di produttività per creare benessere e reddito? Quante fughe in avanti ha tollerato questa terra senza ricavarne nulla? 
La politica è in grado di aprirsi finalmente a contributi esterni creando istmi veri di connessione tra esperienze diffuse, competenze altrove sperimentate? Le donne: c’è spazio per scommettere che possono molto?
L’altro giorno ho conosciuto, al premio Scardaccione, la reporter internazionale Imma Vitelli. Il suo onorevolissimo curriculum è iniziato con una borsa di studi finanziata dalla regione Basilicata che le consentì di studiare alla scuola di giornalismo della Columbia university. Quando dico che i nostri figli devono espatriare intendo proprio che una istituzione pubblica di una piccola comunità come quella lucana deve sapere investire in conoscenza e opportunità per tutti coloro che altrimenti non avrebbero la possibilità di farlo. I talenti devono espatriare. Il mondo non ha più confini.
Concentriamoci sulle nostre necessità, diamo un senso alle nostre azioni, creiamo convergenze, ognuno di noi è portatore sano di qualcosa. La politica indirizzi, abbia visione, pensi in grande. E gli uomini e le donne siano all’altezza di scelte trasparenti, nella denuncia e nella costruzione. 
Sul mio tavolo ho una busta con le lettere anonime: le sto raccogliendo per farne una mostra. In trent’anni di lavoro non mi era mai capitato di riceverne così tante. Chi denuncia non si firma, chi accusa spesso lo fa per ritorsione, chi inquina spera di spostare l’attenzione. Questa roba qui è davvero pericolosa.
 Oggi poteva essere un bel giorno per la democrazia. Sarà solo un redde rationem. Ma siamo ancora in tempo a cambiare. Proviamoci, domani è già tardi. 

Comunque vada sarà un insuccesso. Una sconfitta della politica e della capacità di sapere mettere in campo una sfida vera e non una guerra. Per come sono arrivati alla scelta dei candidati, entrambi del Pd, era prevedibile che la battaglia politica diventasse scontro, senso di ritorsione, desiderio di rivincita. Ai blocchi di partenza due eserciti, reclutati e allenati per arrivare alla meta con un unico desiderio: portare in trionfo la testa di Golia sanguinante, come nel quadro di Caravaggio. La psicologia del nemico, più che del competitor, come ho scritto più volte in questi giorni, è maturata ed esplosa per i veleni di cui la piccola comunità lucana si è nutrita in questi anni. Fino ad arrivare alle ultime convergenze-divergenze di alleanza degli ultimi mesi. Il quadro nazionale di riferimento non aiuta, il disorientamento e lo svuotamento di significato della parola politica rende tutti cani sciolti, molto aggressivi. Epperò esistono doveri e responsabilità. Che sono due parole che non portano né euforia né ribalta ma fatica, pazienza, stanchezza, spesso incomprensione.
Alla vigilia del risultato delle urne mi sento di dire una sola cosa: ritrovate il senso dell’unità, recuperate il valore di un progetto comune per il bene di questa terra, per evitare la deriva totale. La protesta di Tramutola è significativa. Ed è significativo che a protestare sotto il palco ci fossero delle donne: sono loro, siamo noi, che nei momenti estremi della vita di una famiglia o di una comunità percepiamo che stiamo affondando. Non sono così sicura che l’etica della politica sia solo tenere alla larga chi è indagato, come dice don Cozzi.  A don Marcello, anzi (che omette di scrivere che uno dei relatori del convegno di domani sulla’ndrangheta è un bravissimo collega del Quotidiano di Reggio Calabria: anche questo, mi chiedo, non è slealtà?) chiedo se non sia utile recuperare una dimensione di buona rotta, verso un futuro che pesi di significato più di un presente inconsistente, che significa a mio avviso una cosa fondamentale: non omettere, includere e non indietreggiare davanti allo spettro della morte. Non va omesso che i lucani hanno fame e che non sono più tollerati privilegi improduttivi. Includere cercando di prendere il meglio da ognuno e da ogni situazione. Non essere escatologici sulla possibilità che uno sbocco si può, si deve trovare. Chi vincerà queste primarie si liberi dalla dannazione della vendetta. C’è molto, moltissimo da fare. Ieri abbiamo pubblicato, per l’ennesima volta, i disavanzi dei consorzi industriali. Sono due, troppi. Quanti doppioni, quanti sprechi, quante irrazionalità conoscete? Le imprese, mi rivolgo al presidente degli industriali Somma, sanno solo chiedere o sono capaci anche di mettere in atto progetti seri di produttività per creare benessere e reddito? Quante fughe in avanti ha tollerato questa terra senza ricavarne nulla? La politica è in grado di aprirsi finalmente a contributi esterni creando istmi veri di connessione tra esperienze diffuse, competenze altrove sperimentate? Le donne: c’è spazio per scommettere che possono molto?L’altro giorno ho conosciuto, al premio Scardaccione, la reporter internazionale Imma Vitelli. Il suo onorevolissimo curriculum è iniziato con una borsa di studi finanziata dalla regione Basilicata che le consentì di studiare alla scuola di giornalismo della Columbia university. Quando dico che i nostri figli devono espatriare intendo proprio che una istituzione pubblica di una piccola comunità come quella lucana deve sapere investire in conoscenza e opportunità per tutti coloro che altrimenti non avrebbero la possibilità di farlo. I talenti devono espatriare. Il mondo non ha più confini.
Concentriamoci sulle nostre necessità, diamo un senso alle nostre azioni, creiamo convergenze, ognuno di noi è portatore sano di qualcosa. La politica indirizzi, abbia visione, pensi in grande. E gli uomini e le donne siano all’altezza di scelte trasparenti, nella denuncia e nella costruzione. Sul mio tavolo ho una busta con le lettere anonime: le sto raccogliendo per farne una mostra. In trent’anni di lavoro non mi era mai capitato di riceverne così tante. Chi denuncia non si firma, chi accusa spesso lo fa per ritorsione, chi inquina spera di spostare l’attenzione. Questa roba qui è davvero pericolosa. Oggi poteva essere un bel giorno per la democrazia. Sarà solo un redde rationem. Ma siamo ancora in tempo a cambiare. Proviamoci, domani è già tardi. 

 

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