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ROMA – Un minuto di silenzio in Senato, in apertura della sessione pomeridiana di ieri, per ricordare, a tre mesi dalla scomparsa, il senatore a vita Emilio Colombo. E’ stato proprio il presidente del Senato, Piero Grasso, ad annunciare in apertura la volontà di commemorare uno dei padri costituenti. «Emilio Colombo è interprete – ha detto grasso ieri in aula – testimone, osservatore di un mondo che ci appartiene e che anche lui ha contribuito a plasmare. La sua voce non si è spenta, ma resta nel ricordo e nella memoria come lucido avvertimento che senza pensiero ogni azione è sterile e vuota. Sono certo – continua Grasso – di esprimere il sentimento unanime della nostra Assemblea nel rivolgere un saluto affettuoso ai familiari e ai collaboratori di Emilio Colombo, e nell’invitare tutti i colleghi ad osservare, in sua memoria, un minuto di silenzio e di raccoglimento». Di seguito pubblichiamo il discorso del senatore di Scelta Civica Tito Di Maggio.

 Signor Presidente, Onorevoli Colleghi, confesso oggi la mia emozione. Un’emozione che deriva dal fatto che mai avrei immaginato potesse toccare proprio a me un giorno di dover commemorare Emilio Colombo. In una società nella quale la cronaca metabolizza e divora tutto in spazi temporali ristrettissimi, confrontarsi con la storia di Emilio Colombo, significa confrontarsi con la storia politica del nostro Paese e con la storia della nostra democrazia. Credo, allora, che in un momento come questo non ci possa essere spazio né per la retorica né per l’ipocrisia. Dirò subito, quindi, che mentre il Senatore Colombo viveva il periodo più alto e più importante della sua carriera politica – siamo nel decennio a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80 –  io in quello stesso periodo stavo con le letture di Pier Paolo Pasolini e con quelle sue indelebile fotografia che bollava la democrazia cristiana di allora come “lo sterco del potere”. Quella democrazia cristiana Emilio Colombo la attraversò – se posso dire – in punta di piedi. Certo, contava e la sua voce era ascoltata e considerata ma nel partito non rimase mai nè intruppato nè intrappolato. Moltissime, invece le sue esperienze governative fino alla Presidenza del Consiglio nel 1970.

Nel 1946 a soli 26 anni viene eletto all’Assemblea Costituente. Ha conosciuto e frequentato giganti della storia politica italiana; De Gasperi e Togliatti solo per citarne qualcuno. Storica la frase di Papa Pacelli: “questo Colombo volerà”. Riscosse successo anche tra coloro che certo non potevano considerarsi suoi estimatori. Montanelli infatti, diceva di lui: “il miglior Ministro del Tesoro dell’Italia del dopoguerra”. Fu parlamentare europeo e europeista convinto al punto da riceverne riconoscimenti “per gli alti meriti avuti nella nascita e nello sviluppo dell’Unione Europea”.

E proprio quest’uomo il 13 marzo 2013 a presiedere la prima seduta della XVII legislatura. Cioè di questa legislatura che è anche la mia prima esperienza. Di quel giorno ricordo sobrietà, eleganza, gentilezza di modi e di maniere ma anche fermezza nell’affermare il proprio ruolo, così mi piace fotografare quella sua presidenza. Nell’era della politica liquida e virtuale, a molti poteva apparire l’immagine perfetta del gerontocrate, a me sembrava solo un signore longevo. E una vecchiaia di successo come quella di Emilio Colombo non ce la si inventa. Longevi si diventa. Perchè si raccoglie ciò che si è seminato. Spesso si dice che la ricchezza e la civiltà di un popolo dipendono nel breve, dall’economia, nel medio periodo dalla politica e, nel lungo dalla demografia.

Sono contento allora, al netto di ex rottamatori e novelli asfaltatori di aver potuto chiacchierare sui banchi di quest’Aula con un signore che ha saputo attraversare la storia politica del nostro Paese dalla Costituente fino ad oggi. Mi volle parlare proprio il giorno che la nostra Basilicata era assurta agli onori della cronaca per le gaglioffe virtù della sua classe politica. E a me che gli rimproveravo la sua benedizione a quei politici lui garbatamente rispondeva: “purtroppo, oggi in politica si arriva in Parlamento o in Regione così” e schioccò le dita; e continuò; “come andare all’università senza aver fatto neppure le medie”, alzò le sopracciglia e sospirò come a volermi dare ragione.

Ci salutammo e mi invitò alla presentazione del suo nuovo libro, dove mi disse, troverai le molte cose che ho fatto per la nostra Basilicata. A quel giorno purtroppo non ci arrivò. Dalla Basilicata ha avuto molto e molto credo abbia dato; ci sono certamente delle ombre nella sua storia politica ma credo che, a bilancio definitivo, chiunque lo incontrasse, scostandosi il cappello dalla testa avrebbe detto: “bentornato signor Presidente”.

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