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LE primarie come tanti altri strumenti di selezione della classe dirigente  possono essere una reale opportunità di crescita della democrazia nelle realtà in cui hanno modo di applicarsi  oppure, al contrario, essere  l’ennesima  occasione per replicare, circondandoli di retorica politica, sic et simpliciter, vecchi mali nella conquista del potere.

A mio avviso, le primarie del Pd lucano, appena concluse, sono state una opportunità sprecata e ne spiego il senso, partendo dai fatti che ne hanno condizionato lo svolgimento.

Primo fatto: tutto si è sviluppato nel “Palazzo” del Pd e nelle sue articolazioni istituzionali. E’ una modalità che non deve scandalizzare: si fa così da che mondo e mondo, la democrazia (conta la base e così via) anche in politica è spesso pura retorica.  Si sono fatti accordi sui vertici, si sono prese decisioni politiche di una  gravità eccezionale come vedremo in seguito senza un dibattito negli organismi statutari, ma tutto questo ci sta. Ciò che ha rilievo tuttavia  è dove approda il processo nel palazzo e su questo piano le primarie hanno scritto una pagina nera per il Pd lucano ed indirettamente per l’intera regione, costellata di tanti errori compiuti da tutte le forze in campo, sui quali a tempo debito forse si renderà necessaria qualche riflessione.    

Secondo  fatto: si scioglie il Consiglio della Regione Basilicata, un evento mai verificatosi in 43 anni di vita regionale.  Il presidente De filippo, in perfetta solitudine peraltro , decide di compiere un  gesto così clamoroso, giustificandolo con la constatazione di stare in un terreno limaccioso, paludoso, in un groviglio di posizionamenti di potere (sono parole sue) che rendevano ingovernabile la regione, al netto delle indecenze sugli scontrini e quant’altro, commesse dalla maggioranza dei consiglieri regionali. Lo scioglimento del Consiglio come effetto che sottende cause profonde di governo mediocre (per usare un eufemismo) dei problemi che la regione avrebbe dovuto e che non ha saputo fronteggiare, quali la presa d’atto della crisi economica  e sociale che perdura dal lungo tempo, aggravata dalla recessione internazionale che ha preso le mosse dal 2007, aggiungendo nuovi mali a quelli antichi, come dire, strutturali, e la prospettazione di come uscirne (il progetto, le strategie per farlo, gli strumenti organizzativi per implementarne l’attuazione, ecc.) avrebbe richiesto un approfondito dibattito nelle istituzioni regionali che purtroppo è mancato,ma tant’è. Ci avviamo rapidamente a diventare la regione più vecchia d’Italia, un giovane su due è disoccupato, il 40% delle famiglie vive in una grave condizione di povertà o si accinge a entrare in tale contesto, pur avendo  la Basilicata risorse territoriali procapite tra le più alte tra le regioni italiane. Abbiamo una classe dirigente, con quella politica in testa,  incapace di cogliere le variegate opportunità di cui disponiamo. In tale contesto, quale migliore occasione  delle primarie del più grande partito, il Pd, definito non a torto il partito egemone della politica lucana, c’era per riflettere su come uscire dalla crisi?

Secondo fatto: i dirigenti del PD regionale fanno un patto per dirimere la questione dei suoi vertici, affidando alle primarie il compito di ratificarlo, patto che prevedeva Lacorazza candidato presidente e De filippo segretario del partito in Basilicata. Un riassetto che era in sostanza una via di mezzo tra una scelta di rinnovamento e l’esigenza di mantenere l’unità del partito in un momento politico molto difficile (elezioni anticipate e così via).  Come è noto, le primarie si svolgono in modi per molti versi surreali, imprevedibili nell’esito finale, con protagonisti esterni che ne hanno fortemente inficiato il risultato: Pittella vince per una manciata di voti, pari allo zero virgola qualcosa in più di Lacorazza, avvalendosi in maniera decisiva di forze che nulla hanno a che fare con una azione di rinnovamento della classe dirigente del Partito. Più che concentrarsi sui contenuti della politica futura le primarie sono state caratterizzate da “voti portati”, dalle truppe clientelari mobilitate che nulla hanno a che fare con la rivoluzione culturale, in senso antropologico, che viene richiesto alla futura classe poltica. Il futuro Presidente della giunta di Basilicata ha con le primarie realizzato plasticamente un vero e proprio ossimoro politico: Ha messo insieme pezzi del vecchio ceto politico con giovani che spingono per il rinnovo della rappresentanza, accomunando, si fa per dire, il diavolo e l’acqua santa. Dov’erano i giovani che lo hanno sostenuto, quando Pittella organizzava incontri con soggetti alquanto compromessi , se non altro,sul piano delle loro lunghe pratiche clientelari? che pensiero si sono fatto della ostinata resistenza del futuro probabile presidente alla esigenza manifestata nella recente assemblea del partito di totale rinnovamento  della rappresentanza in consiglio regionale?

Terzo fatto:  con le primarie salta l’accordo sui vertici regionali e nell’assemblea del partito scoppia il finimondo. Gli sconfitti per una incollatura hanno accettato il verdetto elettorale, ma giustamente pretendono dal candidato presidente l’accettazione della linea di rinnovamento de consiglio regionale.  Potevano mettere in discussione il risultato,  date le tante modalità non tutte limpide che lo hanno consentito, ma hanno preferito molto responsabilmente guardare avanti. Se è vero che il consiglio uscente era ormai improponibile, sia per i suoi demeriti e sia per una questione morale, al punto tale da determinarne lo scioglimento anticipato, era di tutta evidenza la necessità di introdurre forti elementi di cambiamento: l’inferenza è lampante.

Quarto fatto: l’assemblea ha tracciato una linea politica di rinnovamento totale in consiglio regionale a stragrande maggioranza. Pittella si è dissociato ed ha presentato un proprio documento che è stato bocciato, sicchè oggi il Pd lucano  candida un presidente chiaramente in minoranza : la politica è l’arte del possibile, ma in Basilicata sta toccando vette stratosferiche.  Serve un leader capace di  fare sintesi politica e programmatica, di aggregare le forze del cambiamento ed abbiamo un candidato che è la sintesi di una profonda spaccatura di partito e che strizza l’occhio a destra e a manca.

Quinto ed ultimo fatto: ciò che conta è che oggi il Pd ha dato luogo alla occupazione delle principali postazioni di governo della società regionale con De filippo che è passato dalla presidenza della giunta alla segreteria del Pd e con Pittella da assessore regionale a candidato alla presidenza. Si è riaperto il solito  gioco dei quattro cantoni?  La cosa preoccupante è che in questo gioco il grande assente resta il progetto della Basilicata futura, al di là delle chiacchiere che ci hanno sommerso nelle primarie del Pd, semplici e spesso vuote azioni di retorica sullo sviluppo, sul cambiamento, sul rinnovamento. Nell’assemblea  suddetta il tema si è concentrato su chi deve comandare e con chi. Il Pd lucano è in mezzo al guado e stare a lungo in tale posizione stanca, espone la rischio dell’annegamento.

Presumibilmente il candidato presidente farà buon viso a cattivo gioco: cercherà di onorare gli impegni presi con i suoi sostenitori, rinviandone a tempi migliori la loro soddisfazione, se non vorrà mettere a repentaglio la sua candidatura. Alle forze maggioritarie del partito spetterà il compito di impedire  “ristori” successivi, governando i prossimi processi politici  con la predisposizione di liste rinnovate e pulite per il consiglio regionale e di alleanze conseguenti con tale intendimento.  

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