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E allora, tutto è perduto per la Basilicata? Per me, sinceramente, sì, tutto è perduto.

Capisco di stare facendo il  profeta di sventura, la Cassandra, non piace neanche a me però senza un miracolo, senza un fatto veramente nuovo che spacchi il muro che ci circonda, sì, penso che tutto sia perduto. Piano piano, passeranno anni (neanche molti, comunque), ma non abbiamo scampo. Aspetto di essere smentito e sarò felice di esserlo, ma non credo.

 Non credo, ad esempio, che le elezioni del prossimo novembre cambieranno le cose: se il Pd perdesse – cosa altamente improbabile – i vincitori non farebbero che accellerare la disfatta della regione. E poi, i vincitori chi? Gli oppositori di tutto e di tutti? Coloro che predicano la “decrescita felice”, spaventosa prospettiva? Come si può scegliere di tornare indietro ed essere  felici?Oppure quelli che non hanno mai saputo o potuto vincere  perchè proprio non vogliono, non hanno le caratteristiche per vincere? Io penso che gli italiani siano un popolo ragionevole e i lucani non di meno: voteranno di nuovo il Pd, sanno già cosa li aspetta.

 Il Pd garantirà il rinvio di un altro pò della fine della regione e tutti saranno contenti. Ormai – come ha detto di recente l’ex Presidente del consiglio Romano Prodi – vige  il “modello Ponzio Pilato”, nessuno decide più nulla. Ma se invece si volesse fare qualcosa – e chi conosce a fondo il bilancio della Regione dice che è impossibile, che chiunque lo prendesse in mano e volesse cambiarne i capisaldi nel giro di un anno farebbe naufragio – ma se invece, in via del tutto ipotetica e nei sogni, si volesse fare qualcosa, da dove si dovrebbe cominciare?

 Io credo che bisognerebbe cominciare dalla libertà.Bisognerebbe restituire alla società lucana  la libertà, liberarla da due cose: da un modello disegnato da Carlo Levi che è insopportabile, ma un altro modello non si crea dall’oggi al domani  e non ci sono gli uomini per indicarlo e interpretarlo. e dall’oppressione della politica: entro un quadro normativo accettabile – che è nazionale e regionale – dire chiaramente  alle forze vive  della regione di farsi avanti, di agire.

 Ma fino a quando tutte le decisioni, tutti i progetti passeranno per la Regione e per il suo bilancio (c’è chi dice anche tutte le assunzioni) non faremo passi avanti. Perchè lo scoglio non è soltanto la politica, ma anche una burocrazia impenetrabile. In Basilicata – In Italia – la burocrazia conta più della politica. Per giunta , i burocrati  – anche in Basilicata – non stimano affatto gli uomini politici, li considerano dannosi, un ostacolo al loro potere senza limiti: oltretutto, molti di loro guadagnano di più di tanti eletti, li guardano  dall’alto in basso.

Amministratori e uomini politici, poi, fanno di tutto per dimostrare che i burocrati hanno ragione. Potremmo fermarci qui: pensare che la politica e la burocrazia in Basilicata facciano un passo indietro  è già abbastanza per essere rinchiusi in manicomio. Perchè poi  non basterebbe:  ottenuta una classe politica nuova (e come si può sperare che i seguaci di coloro che si sono fatti restituire i soldi dell’ovetto di cioccolato comprato all’autogrill siano migliori?), che metta un freno al potere della burocrazia, tutto il lavoro sarebbe ancora da fare. Quale lavoro, oltre la libertà di ridare indietro? Rimanendo nel campo del sogno, e procedendo per punti: tornare sulla questione  del nome della Regione.

Torniamo alla Lucania: siamo l’unica regione italiana il cui nome non si trasforma nella denominazione dei suoi abitanti. ma torniamo anche per ragioni bassamente economiche: è una tesi suggerita anni fa da Maria Teresa Imbriani. Nessuno la raccolse, degli uomini politici attuali, specialisti nel far fallire qualsiasi idea che non venga da loro. Poi facciamo in modo da ottenere più soldi dalle compagnie  petrolifere: ma per farne cosa? Non certo per farli ricadere, a pioggia, su tutti, nel tentativo di tenere tutti attaccati alla greppia pubblica.

Spostiamo una parte dei finanziamenti pubblici dall’incentivo al premio: fai con le tue forze, noi non ti ostacoliamo, e se riesci prenderai i fondi. Una parte, non tutti: se spostiamo  tutti i fondi pubblici dall’incentivo al premio ci ritroviamo con la gente in piazza. Diciamoci una volta per tutte qual è il senso della politica di tutela dell’ambiente: vogliamo veramente trasformare la Basilicata in un parco giochi, in un parco divertimenti? Ma lo stiamo facendo per i lucani o per gli altri? Se lo facciamo  per i lucani dobbiamo domandarci quali, visto che diminuiscono a vista d’occhio. Se lo facciamo per gli altri allora davvero non ha senso tenere in piedi la Regione: gli altri si prenderanno il loro parco giochi. Ma poi: c’è qualcuno che crede davvero che il turismo potrà sostenere l’economia di 500  mila persone? L’Istituto di urbanistica di recente ha salvato la murgia materana e il suo paesaggio dall’invasione delle pale eoliche. Le stesse che io vedo guardandomi in giro a Potenza e nei dintori: qui tutti hanno taciuto.

E quell’insistere nel realizzare musei, non ha l’aria di voler conservare, tramandare  un mondo che muore, ma a chi, a chi non proviene da quel mondo? Neanche  un’idea, intanto, su come affrontare  lo “tsunami” demografico che ci sta annientando, la nostra forma regionale di “suicidio assistito”. E poi, possiamo ancora tenere  131 Comuni?  Non lo dico per i soldi da dare agli amministratori, lo dico proprio per la gestione dei servizi. Una parola va detta su Matera  capitale europea della cultura nel 2019: auguro sinceramente a Matera di vincere una gara durissima, in cui concorre insieme a “giganti” come Bergamo, Siena, Perugia e Assisi, Ravenna. Secondo il presidente della Regione, Vito De Filippo, se l’Europa volesse scegliere una città che rappresenta un certo passato, una civiltà originaria dell’Europa, Matera vincerà nettamente. Me lo auguro, ma non credo.

 Ma Matera capitale europea della cultura 2019 sarebbe una sciagura senza fine per Potenza: ci troveremmo per un anno barbe di intellettuali di ogni genere a Matera, a domandarsi perchè una città così dipenda da Potenza. Matera, infatti, è già fuori dalla Basilicata, sì è già conquistata uno spazio suo, irraggiungibile da Potenza, città afflitta da molti problemi, spompata, accerchiata, impaurita, in cattive acque. Una sera, a Matera, in un incontro con una personalità straniera propedeutica, in un certo senso, a sostenere la candidatura di Matera, un papavero della Regione,che vive e lavora a Potenza, si lasciò scappare con un suo vicino: “Io trasferirei  il capoluogo di regione a Matera  dalla sera alla mattina”.E’ evidente che se non abbiamo noi stessi le ragioni del nostro essere qualcosa, chi mai verrà a riconoscere ciò che diciamo di essere. Infine, come ultimo tentativo, si potrebbe tornare a programmare, a fare un progetto vero, basato su numeri sicuri, magari frutto di una struttura chiamata solo a pensare, libera da vincoli: seguendolo  dopo, quel progetto, seguendolo e controllandolo. Cambiando il gestore, se non dà i risultati sperati, senza immettere altro denaro inutile. Insomma, servirebbe tanto coraggio, non soltanto negli uomini politici – poverini! Che lavoro ingrato – ma in tutti. Ma coraggio e voglia di riscatto e di libertà sono concetti lontani della nostra società, hanno una base – che infine è religiosa  – che oggi è rifiutata.

(dal libro Diario dal viale del Tramonto)

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