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POTENZA, 10 OTT – Il Tribunale amministrativo regionale (Tar) per la Basilicata ha respinto un ricorso che chiedeva l’annullamento di due decreti con i quali il prefetto di Potenza, Antonio Nunziante, aveva convocato le elezioni regionali per il 17 e 18 novembre prossimo e fissato il numero dei consiglieri da eleggere.
La decisione del Tar è stata depositata nel pomeriggio, a Potenza. I due ricorsi erano stati presentati da due elettori, entrambi residenti in altrettanti paesi della provincia di Potenza. Il primo decreto del prefetto fissava la data delle elezioni; il secondo stabilisce che saranno eletti 16 consiglieri con il sistema proporzionale (dieci in provincia di Potenza e sei in provincia di Matera). Altri quattro consiglieri saranno eletti con il cosiddetto “listino” e a loro si aggiungerà il presidente della giunta regionale. (ANSA).

POTENZA – La prima delle questioni sollevate contro i decreti del prefetto di Potenza Antonio Nunziante che hanno indetto le elezioni in mancanza di un atto d’impulso del Ministero sarebbe «completamente destituita di fondamento». Come pure «infondata» risulta la seconda sulla composizione delle liste. Dunque si andrà alle urne come previsto il 17 e il 18 novembre.

E’ quanto ha stabilito il Tar Basilicata respingendo i ricorsi presentati da due cittadini della Val D’Agri Raffaele Dalessandri e Pietro Rota. Più i consiglieri regionali uscenti che sono intervenuti a loro sostegno: Antonio Autilio (Idv), Paolo Castelluccio (Pdl), Vito Gaudiano (Misto), Agatino Mancusi (Udc), Franco Mattia (Pdl), Franco Mollica (Udc), Ernesto Navazio (Sc), Nicola Pagliuca (Pdl), Alessandro Singetta (Misto) e Rocco Vita (Psi).

La sentenza di appena 11 pagine “vergata” dal consigliere Pasquale Mastrantuono è stata depositata ieri sera nella cancelleria di via Rosica dal presidente Michele Perrelli, che ha composto il collegio giudicante assieme al consigliere Giancarlo Pennetti.

«Tenuto conto dell’infondatezza nel merito si prescinde dall’inammissibilità del ricorso». Così scrivono i magistrati che all’udienza di mercoledì scorso avevano annunciato di optare per una sentenza in forma semplificata, che è prevista «nei casi di manifesta fondatezza o infondatezza, irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità del ricorso». Ma una sentenza che avesse respinto il ricorso per questioni di forma e non di sostanza avrebbe potuto lasciare in piedi i dubbi sollevati in particolare a proposito della composizione delle liste da depositare entro martedì prossimo. Di qui l’escamotage dell’infondatezza nel merito che rovescia l’ordine con cui di solito vengono esaminate le cause, che vede al primo posto le questioni di rito.

«Per inciso» i giudici non si esimono comunque da rilevare che in una procedura elettorale come quella aperta in Basilicata per il rinnovo del consiglio regionale «gli unici atti che possono essere impugnati immediatamente sono i provvedimenti di esclusione delle liste e/o dei candidati o gli altri “provvedimenti immediatamente lesivi del dirittto di partecipare al procedimento elettorale”. Di conseguenza «l’impugnazione immediata può essere azionata soltanto dai candidati ai quali non è stata consentita la partecipazione alle elezioni». Altra storia dopo che si sono svolte le consultazioni ed è stato approvato il verbale di proclamazione degli eletti. A quel punto «tutti gli atti del procedimento elettorale» possono essere impugnati «anche se attinenti alla fase e preparatoria» e non solo dai candidati ma anche dagli elettori.

Dalessandri, Rota e i consiglieri uscenti stando a quanto scrive il Tar Basilicata non avrebbero avuto nemmeno un interesse legittimo a proporre il  ricorso in discussione non avendo «articolato alcuna censura con riferimento alla data delle lezioni». Tanto quindi sarebbe anche potuto bastare per bocciare le loro istanze e confermare l’appuntamento con le urne per il prossimo 17 e 18 novembre. Eppure i magistrati hanno preferito scendere nel merito ostentando la «manifesta infondatezza» del ricorso.

Quanto al decreto di fissazione della data delle consultazioni che sarebbe privo di un atto d’impulso del ministero la sentenza spiega che la legge invocata si riferirebbe alle elezioni provinciali e comunali. Al contrario per le elezioni regionali andrebbe fatto riferimento ad un altra legge che «attribuisce esclusivamente al prefetto del capoluogo della Regione, senza alcuna intermediazione da parte del Ministro dell’Interno il potere di indire le elezioni regionali e di determinare i seggi consiliari e e la loro assegnazione alle singole circoscrizioni provinciali».

Quanto invece all’indicazione dei seggi da assegnare, e alla loro ripartizione tra le circoscrizioni provinciali e tra queste e quella regionale, i togati chiariscono innanzitutto un punto sulla figura del presidente della giunta regionale. Infatti dopo l’introduzione del meccanismo della sua elezione diretta «anche se fa parte del Consiglio regionale non riveste nemmeno per un secondo la carica di consigliere regionale perché viene eletto direttamente dal popolo alla carica di presidente della regione». Scrivono proprio così: «nemmeno per un secondo». A riprova di ciò ricordano che «la scheda alle elezioni regionali riporta il nome e il cognome dei candidati alla presidenza della giunta regionale e l’elettore può esprimere il voto disguinto, cioè può votare una lista provinciale non collegata al candidato presidente prescelto».

Il Tar spiega inoltre che anche prima dell’introduzione dell’elezione diretta le assemblee venivano composte sempre in numero pari, e una volta eletti di sindaci e presidenti di regioni il loro posto veniva ricoperto dal primo dei non eletti. Questo per dire che anche il parlamentino di via Anzio non può essere composto da 21 consiglieri ma da 20 più il presidente, che potrà anche essere equiparato a uno di loro ma in sostanza non lo è. «Il candidato alla presidenza della giunta regionale va escluso dall’ambito del numero dei consiglieri da eleggere». Più perentorio di così è davvero impossibile.

Ricapitolando: «i quattro quinti dei consiglieri regionali da eleggere con il sistema proporzionale sia il restante quinto da eleggere con il sistema maggioritario vanno determinati tra i “consiglieri assegnati a ciascuna regione” e perciò nel relativo calcolo non può essere compreso, come erroneamente sostenuto dai ricorrenti (i due cittadini, ndr) e dagli interventoriad adiuvandum (i consiglieri uscenti, ndr), anche il presidente della giunta regionale che viene eletto direttamente dalla base elettorale regionale».

Pertanto: risulta altresì corretta la determinazione in 16 del numero dei consiglieri da eleggere con il sistema proporzionale e l’assegnazione di 10 seggi alla circoscrizione provinciale di Potenza». Poi rimangono 6 seggi per la provincia di Matera e 4 per il listino collegato al candidato presidente.

Nei prossimi giorni la sentenza del Tar Basilicata potrebbe essere impugnata davanti al Consiglio di Stato. Resta poi ancora “congelato” un secondo ricorso presentato dal consigliere regionale Franco Mollica che ha optato per il rito “elettorale” evidenziando pressappoco le stesse questioni. Difficile che decida di riproporlo adesso dopo le risposte nel merito da parte dei giudici amministrativi lucani. Più probabile che se riparli dopo le elezioni quando è sicuro che gli esclusi valuteranno ogni possibilità per rientrare in partita. Anche giudiziaria. Il Molise in questo insegna. 

l.amato@luedi.it

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