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LA vita è fatta di scelte e chi sceglie di non scegliere sceglie di non vivere.

Esattamente il centrodestra, in Basilicata continua a scegliere di non vivere e di essere un esemplare politico al servizio delle maggioranze bulgare del Partito Regione.

Inutile illudersi di poter trovare un’alternativa in una regione  in cui le compagini politiche sono in mano ad una massa incancrenita di ex democristiani in libertà che si dilettano in giri di valzer ad ogni tornata elettorale.

Nel 2009, dopo anni di militanza, l’amico Luciano Petrullo mi chiede di supportare il centrodestra per il candidato sindaco di Potenza, un ex DC nemmeno a farlo a posta, Peppino Molinari. I risultati miei, in particolare, e del centrodestra furono fallimentari ma mi valse come esperienza per iniziare a capire gli ingranaggi della politica nella cabina elettorale. Allora ricordo, come ho più volte detto un imponente, Francesco Mollica accompagnato da un coraggioso Aurelio Pace ed un urlatore quasi infartuato, Roberto Falotico, accomunati da un fattore comune: essere appena scesi dal carro del Partito Regione e dal centrosinistra.

Probabilmente, iniziava a traballare la sicurezza di una riconferma delle seggiole nel Parlamentino regionale.

Venne il 2010 e, dopo una illusione con Magdi Cristiano Allam, venni chiamato personalmente da Nicola Pagliuca nello staff di supporto al candidato governatore della Regione Basilicata supportato, anche lui, da quei famosi due: Mollica e Falotico, ma anche da gente che si dilettava in porte sbattute in faccia ed in rinfacci costanti e continui a Nicola. Un’esperienza dura, di passione politica vera e soprattutto di scelte non coraggiose fatte dall’intero centrodestra: poichè il trio, Latronico – Viceconte -Taddei, detentori per regio decreto delle chiavi del PdL in Lucania, impose di non chiudere alcun tipo di alleanza con Magdi Cristiano Allam ed Ernesto Navazio.

I due amanti, l’uno dell’Italia l’altro della Lucania, raggiunsero, nonostante le loro falsità, comunque un risultato discreto che portò Io Amo la Lucania ad ottenere un seggio per Allam, che poi abdicò per Navazio nonostante le reiterate promesse di non abbandonare la Basilicata. Furono supportati da gente perbene tutti, o quasi, provenienti da quel nucleo di individui impegnati nel sociale e nel bene comune per la nostra terra, pur non ricoprendo ruoli di potere, talmente mossi da buonismo che si lasciarono abbindolare da un uomo venuto da lontano che accarezzava le mani e da un millantatore alla ricerca di poltrone.

Le elezioni andarono come andarono, Nicola Pagliuca venne definitivamente bruciato in termini di numeri elettorali e Vito De Filippo venne riconfermato governatore. Vennero riconfermati con il centrodestra anche Mollica e Falotico, perdendo moltissimi voti, ma subito pronti, in pochissimi mesi, a ritornare in supporto del Partito Regione fino a giungere addirittura a confluire nell’UdC di Agatino Mancusi.

Sono trascorsi tre anni e Vito De Filippo, uomo con la “schiena diritta”, si dimette per i reiterati scandali del suo parlamentino. Un parlamentino di gente ignobile non interessata al bene dei lucani ma ai propri patrimoni, al proprio io piuttosto che alla crescita, o meglio al salvataggio, di una Regione che rischia di scomparire in 10 anni.

Il voto viene stabilito per novembre ed un normale cittadino di una normale regione si aspetterebbe, dopo cotanto schifo, che il centrodestra inizi ad organizzarsi, magari da luglio, creando un’alternativa seria. Illuso, sciocco e immaturo che sono. Il centrodestra attende prima le Primarie del Movimento Cinque Stelle (finite pessimamente a discapito di Di Bello, ambiguamente silurato da un vergognoso Grillo, forse anche lui al servizio del petrolio) e del Partito Democratico (che nomina Pittella con i voti di Mancusi, Falotico e Mollica).

È settembre il Partito Democratico si spacca rischiando di dividersi per il voto ed inizia un movimento a destra che già da giugno si intravedeva, ad esclusione del PdL, una qualche forma di alternativa per il bene comune di questa terra con tante donne ed uomini con le maniche rimboccate. Gianni Rosa, uno dei pochi Consiglieri uscenti ad esser uscito pulito dalle varie indagini della Magistratura sulla Regione, inizia un percorso di unione del centrodestra in Basilicata. Percorso privo di etichette ma con la volontà di offrire una vera proposta politica che porti, come in questi giorni è emerso, alla Liberazione lucana.

Gianni Rosa, Marco Saraceno e Pasquale Pepe non hanno mai varcato la soglia del Parlamento romano e, quindi non hanno meriti e titoli, per poter interloquire con Guido Viceconte e Cosimo Latronico che, invece, iniziano a corteggiare Marcello Pittella, fratello del potente Gianni. Trascorre un mese circa e Marcello, socialista del centrosinistra, chiude l’accordo con la sua base politica lasciando a bocca asciutta il PdL, nonostante le coccole ricevute anche da gente come Marco Pannella, che sembra in questa tornata essere amante della Basilicata.

Il vuoto a destra e l’organigramma a sinistra con il disturbo del Movimento Cinque Stelle. A novembre si profila l’ennesimo bulgaro esito, con l’ennesima dimostrazione della peculiarità lucana: l’unicum politico.

Un insieme di persone, quasi imposte, delegate non a governare ma a spartire poltrone, soldi e non solo, grazie alle clientele che spargono sul territorio giorno dopo giorno con le promesse più disparate. Una regione nella quale non esiste politica, intesa come nell’antica Grecia, ma affari. Affari familiari, in senso lato, con tanto di amanti, figli, figliocci e nipoti.

Tempo fa scrissi a proposito del centrodestra “potrebbe… …ma vorrebbe?” ed ho ricevuto la risposta in questi giorni: “No, il centrodestra in Basilicata non vuole vincere. Viceconte, Taddei, Latronico però vincono comunque incassando il dazio che gli spetta per l’ennesima sconfitta elettorale e, magari, riportandosi diet

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