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«La denuncia di Pedicini sulla formazione
 è un punto fondamentalezione»
di MAURO ARMANDO TITA
LA BELLA e sobria intervista al Portavoce del M5S Pedicini mi ha un po’ rincuorato. Non mi sarei mai aspettato tanta moderazione. Lo slogan: “I cittadini nel Palazzo” è stato il nostro motto negli ultimi decenni. Dopo lo sfaldamento di tante belle individualità e di tutti i movimenti liberi questo slogan assume un’importanza particolare. Avevamo sperato, caro Pedicini, in un ricambio generazionale equo, corretto e meritocratico. Abbiamo avuto assalti alla diligenza riservati ai soli dorotei.  Bandiamo da sempre l’affarismo camuffato dai diversi effetti cromatici. Prima bianco doroteo-basista, poi rosa-socialista e, oggi, rosso-bolscevico sbiadito. Basterebbe riprendere gli atti della Commisssione Scalfaro, caro Pedicini per capire quali erano e quali sono i doveri della società civile e cosiddetta “politica” lucana. Il pragmatismo di Pedicini cozza con un esercito di portaborse che vive nelle comode segreterie dei politici di turno e si ciba di politica. 
Tanti ex amministratori onesti sono del tutto emarginati e umiliati. Spero che tanti giovani volenterosi lucani alla M5S riflettano sui tanti politici e sui tanti amministratori lucani che hanno operato per decenni per l’interesse generale, senza mai chiedere prebende personali e familiari di qualsiasi natura. Hanno lavorato per decenni e sono rientrati nella società civile come Pietro l’Aretino. Avrei tanta voglia di parlare e interagire con il capolista del M5S Pedicini, per il tramite del Quotidiano. La denuncia sugli sprechi della formazione professionale e la denuncia delle prebende che vanno oltre i centocinquanta milioni euro a favore dei soliti noti (non dimentichiamo lo scandalo degli Enti di formazione professionale iscritti all’Albo regionale) è precisa e puntuale. Partire dalla formazione per incidere nel profondo della cosiddetta società civile lucana è cosa buona e giusta caro Pedicini. Avrei voluto, caro portavoce farti conoscere la vecchia struttura formativa non quella vocata allo stipendificio ma, a un’altra realtà di formazione professionale, che, oggi, non opera più. Una realtà formata nei decenni scorsi da tanti valorosi funzionari che si battevano, inutilmente, senza gratificazioni di sorta, a portare avanti seri progetti finalizzati all’occupazione. Progetti come quello sulle micro imprese artigiane degli anni novanta che sono stati finanziati interamente da Fse e Ministero del Lavoro con una quota minimale del 3%, a carico della Regione Basilicata.
 Progetti che hanno avuto ricadute occupazionali di oltre tremila addetti nel sessennio 1989/1995 volutamente accantonati e ormai del tutto obliati. Non sono bastate pubblicazioni scientifiche, progress report sull’economia, oscar dell’artigianato alla Regione Basilicata. Quei funzionari, caro Pedicini, non sono mai stati riconosciuti “apicalmente e professionalmente” perché amavano libertà e dignità. Quante volte ci siamo chiesti se queste nuove generazioni sarebbero state in grado di cancellare il virus malefico del clientelismo e dell’appiattimento sociale prodotto dal sessantotto. Un virus che ha investito anche la Basilicata e che ha garantito con vertenze sindacali di dubbia ambiguità la cosiddetta borghesia radical-chic potentina in primis, figlia degli agi e dei privilegi disgustosi della classe politica democristiana e dorotea. Tranne la grande stagione del movimento operaio e studentesco lucano, vissuta, anche, in prima persona nel ’69, non vi sono state pagine che vale la pena di ricordare. Scanzano, caro Pedicini, è stata lotta di popolo, ma, soprattutto, lotta di agricoltori incazzati. La difesa dei loro campi è stato l’annuncio di qualcosa di grande. 
Il movimento “sindacale e politico” che ne è scaturito “intorno” è stata la cinica e interessata conseguenza. Da un decennio i furbi di turno cavalcano la tigre. È bello gestire la lotta con un forte movimento spontaneo che si autoproduce e si autoregola. Questi furbi sanno pure, demagogicamente, trovare il linguaggio giusto. vivono da sempre nell’inciucio e negli intrecci. Basta con le “nullità frizzanti” prive di sostanza come tanta dirigenza. Lavoriamo seriamente con vera meritocrazia bandendo il tribalismo tipico lucano. Siamo stanchi di vedere dirigenti di dubbia professionalità e pensionati d’oro siamo stanchi di vedere giovani professionisti precari con 800 euro al mese senza futuro. Diamo un segnale di serietà, caro Pedicini, e, come sostengono tanti uomini di buona volontà, speriamo questa volta in una “democrazia decente”. 

LA BELLA e sobria intervista al Portavoce del M5S Pedicini mi ha un po’ rincuorato. Non mi sarei mai aspettato tanta moderazione. Lo slogan: “I cittadini nel Palazzo” è stato il nostro motto negli ultimi decenni. Dopo lo sfaldamento di tante belle individualità e di tutti i movimenti liberi questo slogan assume un’importanza particolare. Avevamo sperato, caro Pedicini, in un ricambio generazionale equo, corretto e meritocratico. Abbiamo avuto assalti alla diligenza riservati ai soli dorotei.  Bandiamo da sempre l’affarismo camuffato dai diversi effetti cromatici. Prima bianco doroteo-basista, poi rosa-socialista e, oggi, rosso-bolscevico sbiadito. Basterebbe riprendere gli atti della Commisssione Scalfaro, caro Pedicini per capire quali erano e quali sono i doveri della società civile e cosiddetta “politica” lucana. 

Il pragmatismo di Pedicini cozza con un esercito di portaborse che vive nelle comode segreterie dei politici di turno e si ciba di politica. Tanti ex amministratori onesti sono del tutto emarginati e umiliati. Spero che tanti giovani volenterosi lucani alla M5S riflettano sui tanti politici e sui tanti amministratori lucani che hanno operato per decenni per l’interesse generale, senza mai chiedere prebende personali e familiari di qualsiasi natura. Hanno lavorato per decenni e sono rientrati nella società civile come Pietro l’Aretino. Avrei tanta voglia di parlare e interagire con il capolista del M5S Pedicini, per il tramite del Quotidiano. 

La denuncia sugli sprechi della formazione professionale e la denuncia delle prebende che vanno oltre i centocinquanta milioni euro a favore dei soliti noti (non dimentichiamo lo scandalo degli Enti di formazione professionale iscritti all’Albo regionale) è precisa e puntuale. Partire dalla formazione per incidere nel profondo della cosiddetta società civile lucana è cosa buona e giusta caro Pedicini. Avrei voluto, caro portavoce farti conoscere la vecchia struttura formativa non quella vocata allo stipendificio ma, a un’altra realtà di formazione professionale, che, oggi, non opera più. Una realtà formata nei decenni scorsi da tanti valorosi funzionari che si battevano, inutilmente, senza gratificazioni di sorta, a portare avanti seri progetti finalizzati all’occupazione. Progetti come quello sulle micro imprese artigiane degli anni novanta che sono stati finanziati interamente da Fse e Ministero del Lavoro con una quota minimale del 3%, a carico della Regione Basilicata. Progetti che hanno avuto ricadute occupazionali di oltre tremila addetti nel sessennio 1989/1995 volutamente accantonati e ormai del tutto obliati. Non sono bastate pubblicazioni scientifiche, progress report sull’economia, oscar dell’artigianato alla Regione Basilicata. 

Quei funzionari, caro Pedicini, non sono mai stati riconosciuti “apicalmente e professionalmente” perché amavano libertà e dignità. Quante volte ci siamo chiesti se queste nuove generazioni sarebbero state in grado di cancellare il virus malefico del clientelismo e dell’appiattimento sociale prodotto dal sessantotto. Un virus che ha investito anche la Basilicata e che ha garantito con vertenze sindacali di dubbia ambiguità la cosiddetta borghesia radical-chic potentina in primis, figlia degli agi e dei privilegi disgustosi della classe politica democristiana e dorotea. Tranne la grande stagione del movimento operaio e studentesco lucano, vissuta, anche, in prima persona nel ’69, non vi sono state pagine che vale la pena di ricordare. Scanzano, caro Pedicini, è stata lotta di popolo, ma, soprattutto, lotta di agricoltori incazzati. La difesa dei loro campi è stato l’annuncio di qualcosa di grande. Il movimento “sindacale e politico” che ne è scaturito “intorno” è stata la cinica e interessata conseguenza. Da un decennio i furbi di turno cavalcano la tigre. È bello gestire la lotta con un forte movimento spontaneo che si autoproduce e si autoregola. 

Questi furbi sanno pure, demagogicamente, trovare il linguaggio giusto. vivono da sempre nell’inciucio e negli intrecci. Basta con le “nullità frizzanti” prive di sostanza come tanta dirigenza. Lavoriamo seriamente con vera meritocrazia bandendo il tribalismo tipico lucano. Siamo stanchi di vedere dirigenti di dubbia professionalità e pensionati d’oro siamo stanchi di vedere giovani professionisti precari con 800 euro al mese senza futuro. Diamo un segnale di serietà, caro Pedicini, e, come sostengono tanti uomini di buona volontà, speriamo questa volta in una “democrazia decente”. 

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