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MATERA – CI vorrebbe un atto di coraggio per «interrompere la rete di protezione che ruota intorno alla politica venga interrotta». Antonio Di Sanza, coordinatore provinciale di Centro democratico preferisce evitare di girare intorno alla questione e va subito al punto.

«Il vero  tema è: come si vince e perchè si vince – aggiunge – Ormai con le certezze che il Pd si è dato con il listino, con garanzie di quote di riserva,  i quattro consiglieri del maggioritario sono un elemento di sicurezza in una maggioranza composta da 12 persone, di cui 3 con riferimento al Pd. L’apparato c’è tutto».

In queste ore, le vicende interne al Centro democratico parlano della perdita di alcuni pezzi. Cosa sta succedendo?

«E’ un po’ quello che accade in tutti i partiti, in questa epoca, in cui troppo tatticismo ha determinato dei distinguo. Viviamo in un’epoca singolare e non plurale. Il Centro democratico è una forza che si sta strutturando, che si consoliderà con il risultato elettorale, con l’elezione di un consigliere regionale. Il mio stesso incarico commissariale. Il 18 novembre i risultati potrebbero essere diversi, ma ho coltivato e coltivo questa esperienza nella speranza che possa diventare punto di riferimento e di equilibrio».

Che conseguenze potrebbero esserci a questo fenomeno in atto nel partito?

«Non saprei. Il dato non è stabile. Oggi il centro democratico ha un nome e cognome: Bruno Tabacci , capace di parlare di economica in termini semplici. Il nostro gruppo di moderati si augura che ci si diano obiettivi affinchè si possa essere pronti ad accogliere pezzi che escono dal Pd o da altre aree. C’è una parte di moderati che possono rappresentare una terza via per dare stabilità al sistema. Non possiamo però trascurare la riforma del Paese, la sua attualizzazione ai bisogni della nostra comunità che sono cambiati. La Regione non ha fatto lo Statuto, non ha fatto la legge elettorale ed ha le stesse preoccupazioni del resto d’Italia».

La Basilicata  probabilmente sarà la Regione in cui si voterà per l’ultima volta con questo sistema.

«Anche questa,  per assurdo, avrebbe potuto essere l’ultima occasione per far finire un’epoca. Il sistema maggioritario  consente di far vincere in prima battuta con il 33%, forse per l’ultima volta.

Il sistema che immagino io, in futuro, guarda diversamente ai territori,  richiama alla partecipazione, ovvero tutto ciò che non è successo finora. Si presuppone, ovviamente, che venga migliorata la qualità della rappresentanza avrebbero così voce in capitolo».

Si può dire che il progetto del Pd come partito unico, secondo lei, sia tramontato definitivamente?

«Me lo auguro  perchè finisce anche l’epoca berlusconiana. Il Pd è l’effetto di trascinamento del Pdl. Con la fine di Berlusconi credo che la politica si dovrà ristrutturare  completamente con un ridimensionamento che nel caso del Pd  non può che fare bene».

E dunque come legge lei gli avvenimento interni al Pdl, ora Forza Italia?  

«L’epoca berlusconiana non può che essere degenerata da chi l’ha generata. Questa fase parte, dunque, non come reazione di tipo elettorale,  ma come conseguenza alla condanna e all’espulsione dalla politica di Berlusconi. E’ un bene che questo accada; se i filo governativi tenessero la posizione sarebbe positivo per l’Italia e la stabilizzazione del Paese».

E quali contraccolpi  potrebbero avere in Basilicata, queste operazioni?

«In Basilicata non si può generare alternativa al centrosinistra, c’è una difficoltà che sta nei numeri. C’è una quota di espressione elettorale non definita, che si autodetermina ma che non è sufficiente. La personalizzazione della politica, ormai, sta eliminando il dato ideologico. Malgrado questa debolezza, però, il sistema non si può scardinare perchè i limiti sono nell’antropologia lucana che per alcuni versi ci rende unici».

Qualcuno si chiederà il perchè della  sua nomina, considerato che ai tavoli regionali c’è stato  Pasquale Lionetti.

«Ha fatto un lavoro non indifferente.  Ha sopportato le lotte intestine nel Pd, i veti all’interno del centrosinistra, ha supportato l’espressione politica come quella di Centro democratico. Ha fatto un lavoro di copertura positivo, ma avrebbe dovuto consolidare punti di riferimento territoriali per garantire meglio la sua persona».

Guardando la sua esperienza politica complessiva, piuttosto variegata, come considera questo momento del suo percorso? Un punto fermo?  

«Io sono coerente, tutto dipende da come ci si spende nell’azione politica. Non ci sono certezze per questo accade che qualcuno decida per te e questo, per me non va bene. Io non mi faccio mandare in pensione da qualcuno. Sono già vittima di una sentenza politica che mi ha già definito colpevole (caso Rimborsopoli, ndr.). Aspetto che questa vicenda si definisca, in quella sede motiverò le mie ragioni. Assumo un impegno politico a favore di questa Regione. Ho 50 anni e penso di poter dare ancora un contributo».

a.ciervo@luedi.it

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