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di SARA LORUSSO
POTENZA – C’è un modo di pensare a una comunità locale che passa per le conversazioni, le relazioni e gli scambi che nascono al suo interno. Se poi capita di osservare questo flusso in un periodo di campagna elettorale, ecco che la rete di interazioni si fa più densa, caotica, sicuramente interessante. 
L’idea è venuta a Sergio Ragone, blogger, social media strategist, comunicatore con il pallino della politica. Giovanni Setaro, startupper, imprenditore, innovatore, neanche a dirlo pure lui con la passione per la politica, ha realizzato il progetto. Il supporto, quello della squadra di Cubox, bella e giovane realtà potentina. Al Quotidiano, poi, abbiamo pensato che valeva la pena sperimentare. E davvero non c’era occasione migliore, forse, di questa campagna elettorale.
In queste settimane scopriremo quello che si muove attorno al voto del prossimo 17 e 18 novembre e che viene raccontato sul web. Lo spazio in cui raccogliere questo racconto è la piattaforma creata dai ragazzi: si chiama Paffbum. Un po’ come faceva Lucio Dalla. Un po’ come rumoreggia il caos della politica.
A Sergio e Giovanni abbiamo chiesto di darci qualche dettaglio in più (nel frattempo andate a sbirciare su https://paffbum.cubox.it/)
Come nasce l’idea di PaffBum?
Sergio: «Nasce prima di tutto dalla volontà di capire di più su queste elezioni regionali. Notavamo un po’ di buzz in rete, poche interazioni (tra candidati e cittadini) e pochissima narrazione. Ad animare il dibattito erano pochi account, tra questi alcuni giornalisti, e i simpatici fake. Forse la percezione era tarata sul nostro filter bubble, per questo abbiamo deciso di agire, di creare delle liste, di aggregare intorno ad un hahstag (#regionalibas, nato proprio dal Quotidiano della Basilicata). In fondo l’idea era di dare a noi stessi e a tutti gli altri la possibilità di leggere e comprendere meglio questa campagna elettorale.» 
Passo successivo, sviluppare l’idea.
Sergio: «Paolo Lanzalone, il creative director della Cubox, ha dato vita al brand. A me è toccato dare il nome e immaginare il sito, e abbiamo iniziato a raccogliere contenuti con Twitter, Youtube e Instagram. Quale modo migliore per farlo?»
Ma perché un aggregatore per parlare di elezioni?
Sergio: «Le elezioni sono un grande momento di partecipazione alla vita pubblica. Lo sono le piazze dei comizi (a proposito, ma ce ne sono ancora?), lo sono gli incontri nelle sezioni di partito, lo è il web. Aggregare significa poter dare una visione d’insieme, offrire un racconto collettivo e tentare di dare una visione, anche se in scala ridotta, della Basilicata al voto.» 
Ci spiegate come funziona?
Giovanni: «C’è una dashbord che raccoglie contenuti social, le filtra e le visualizza sul sito tramite account e hashtag. La piattaforma è di proprietà, progettata e realizzata dalla Cubox, con html5, CSS3, Javascript e jQuery, e con un frameworks Microsoft .net, grazie al lavoro di Francesco Carone Non abbiamo utilizzato template esistenti, ne abbiamo creato uno con tecnologie “responsive”, cioè che permettono l’adattamento sui diversi device che si utilizzano, tablet, smartphone. Portare PaffBum anche sul mobile era la vera svolta. Significa poter condividere, raccontare, postare, retwittare o mettere tra i favourite i tweet di queste regionali. Ovviamente anche grazie al Quotidiano stiamo sperimentando la beta, abbiamo intenzione di lavorarci seriamente per correggere i difetti e creare un tool utile anche per altri grandi eventi.»
Fin qui lo strumento. Ma che relazione c’è tra politica e social media?
Giovanni: «I comizi nelle piazze sono passati di moda, o probabilmente il modo di parlare agli elettori si è semplicemente evoluto. Oggi la relazione tra politica e social media diventa un matrimonio necessario per divulgare le idee e programmi con la possibilità di avere un confronto reale e immediato con l’elettorato. Cosa che spesso diventa un’arma a doppio taglio per quei politici, per esempio, che usano i social media in modo improprio e autoreferenziale.»
Dalle regionali del 2010 a quelle di oggi, come è cambiata l’abitudine e la presenza della politica in rete in Basilicata?
Sergio: «Sono molti i politici che hanno aperto account su Twitter e Facebook. Vale il discorso fatto da Giovanni, ma noto una consapevolezza da parte di molti nell’utilizzo dei social media. In Basilicata il social principale era e resta Facebook; Twitter è legato ad una piccola nicchia che, però, ha una sua influenza tra gli addetti ai lavori. Gli scambi tra politici e giornalisti sono ormai all’ordine del giorno anche nella parte lucana della rete. Capita di leggere tweet o classifiche su post social anche sui giornali (spesso anche sul formato cartaceo): ma rischiano di essere offtopic e di “spostare altrove” quello che avviene sui social.»    
E l’abitudine dei cittadini/elettori/curiosi?
Sergio: «Cresciuta, non so se migliorata. I cittadini/elettori/curiosi (che poi sono la stessa cosa), oggi hanno accorciato le distanze con i politici, non con la politica – credo sia colpa di entrambi – e in questo km zero c’è di tutto: partecipazione, coinvolgimento, violenza verbale. Il mio amico Filippo Sensi (@nomfup) vicedirettore di Europa – giornale sul quale ogni tanto mi capita di scrivere- commentando un articolo di David Carr sul New Yourk Times ha usato la metafora dello specchio e della finestra per spiegare il nostro rapporto con i socialmedia. Dice: “Un gioco di specchi, dunque; che si può osservare anche sulla rete. Sui social network come Twitter, per esempio, con timeline che ci somigliano, nelle quali non entra quasi mai un refolo che ci scompigli il ciuffo, se non per un imprevisto retweet. Seguiamo i nostri simili per sentirci rassicurati e rinsaldati nelle nostre certezze: «Ciò che vediamo nel nostro flusso dei social network è spesso un riflesso, addirittura una amplificazione, di ciò in cui già crediamo». Mai spiazzati.”. E faccio mia anche l’efficace chiusura di quel suo post: “Preferire ciò che ci stupisce, ci incasina, ci arruffa, talvolta ci offende, non ci rassicura, ma ci fa vedere, ci mostra, ostensivo, deittico. Chissà che in politica, sulla rete e anche nei media non sia questo l’unico proposito cui tenere fede per uscire dalle nostre scatolette, mentali, valoriali, informative, ideologiche. Questa compresa, beninteso”.»
Digitale, informazione, startup, social network: ma c’è ancora spazio per sperimentare? 
Giovanni: «L’informazione diventa sempre più veloce, le imprese si convertono al digitale, la comunicazione diventa interconnessione tra individui e si sviluppa una nuova era evolutiva per l’uomo: “l’umanità aumentata”. Con la Cubox abbiamo lanciato la nostra sfida per esempio con le esperienze di #ReStartSud (uno storytelling tra le storie di innovazione lucana, ndr) e Waway (piattaforma web di travel management, ndr), ora con PaffBum. C’è sempre da sperimentare e c’è moltissimo da lavorare. Siamo solo all’inizio.» 
s.lorusso@luedi.it

POTENZA – C’è un modo di pensare a una comunità locale che passa per le conversazioni, le relazioni e gli scambi che nascono al suo interno. Se poi capita di osservare questo flusso in un periodo di campagna elettorale, ecco che la rete di interazioni si fa più densa, caotica, sicuramente interessante. L’idea è venuta a Sergio Ragone, blogger, social media strategist, comunicatore con il pallino della politica. 

 

Giovanni Setaro, startupper, imprenditore, innovatore, neanche a dirlo pure lui con la passione per la politica, ha realizzato il progetto. Il supporto, quello della squadra di Cubox, bella e giovane realtà potentina. 

Al Quotidiano, poi, abbiamo pensato che valeva la pena sperimentare. E davvero non c’era occasione migliore, forse, di questa campagna elettorale.In queste settimane scopriremo quello che si muove attorno al voto del prossimo 17 e 18 novembre e che viene raccontato sul web. Lo spazio in cui raccogliere questo racconto è la piattaforma creata dai ragazzi: si chiama Paffbum. Un po’ come faceva Lucio Dalla. Un po’ come rumoreggia il caos della politica.

A Sergio e Giovanni abbiamo chiesto di darci qualche dettaglio in più (nel frattempo andate a sbirciare qui).

Come nasce l’idea di PaffBum?

Sergio: «Nasce prima di tutto dalla volontà di capire di più su queste elezioni regionali. Notavamo un po’ di buzz in rete, poche interazioni (tra candidati e cittadini) e pochissima narrazione. Ad animare il dibattito erano pochi account, tra questi alcuni giornalisti, e i simpatici fake. Forse la percezione era tarata sul nostro filter bubble, per questo abbiamo deciso di agire, di creare delle liste, di aggregare intorno ad un hahstag (#regionalibas, nato proprio dal Quotidiano della Basilicata). In fondo l’idea era di dare a noi stessi e a tutti gli altri la possibilità di leggere e comprendere meglio questa campagna elettorale.» 

Passo successivo, sviluppare l’idea.

Sergio: «Paolo Lanzalone, il creative director della Cubox, ha dato vita al brand. A me è toccato dare il nome e immaginare il sito, e abbiamo iniziato a raccogliere contenuti con Twitter, Youtube e Instagram. Quale modo migliore per farlo?»

Ma perché un aggregatore per parlare di elezioni?

Sergio: «Le elezioni sono un grande momento di partecipazione alla vita pubblica. Lo sono le piazze dei comizi (a proposito, ma ce ne sono ancora?), lo sono gli incontri nelle sezioni di partito, lo è il web. Aggregare significa poter dare una visione d’insieme, offrire un racconto collettivo e tentare di dare una visione, anche se in scala ridotta, della Basilicata al voto.» 

Ci spiegate come funziona?

Giovanni: «C’è una dashbord che raccoglie contenuti social, le filtra e le visualizza sul sito tramite account e hashtag. La piattaforma è di proprietà, progettata e realizzata dalla Cubox, con html5, CSS3, Javascript e jQuery, e con un frameworks Microsoft .net, grazie al lavoro di Francesco Carone Non abbiamo utilizzato template esistenti, ne abbiamo creato uno con tecnologie “responsive”, cioè che permettono l’adattamento sui diversi device che si utilizzano, tablet, smartphone. Portare PaffBum anche sul mobile era la vera svolta. Significa poter condividere, raccontare, postare, retwittare o mettere tra i favourite i tweet di queste regionali. Ovviamente anche grazie al Quotidiano stiamo sperimentando la beta, abbiamo intenzione di lavorarci seriamente per correggere i difetti e creare un tool utile anche per altri grandi eventi.»

Fin qui lo strumento. Ma che relazione c’è tra politica e social media?

Giovanni: «I comizi nelle piazze sono passati di moda, o probabilmente il modo di parlare agli elettori si è semplicemente evoluto. Oggi la relazione tra politica e social media diventa un matrimonio necessario per divulgare le idee e programmi con la possibilità di avere un confronto reale e immediato con l’elettorato. Cosa che spesso diventa un’arma a doppio taglio per quei politici, per esempio, che usano i social media in modo improprio e autoreferenziale.»

Dalle regionali del 2010 a quelle di oggi, come è cambiata l’abitudine e la presenza della politica in rete in Basilicata?

Sergio: «Sono molti i politici che hanno aperto account su Twitter e Facebook. Vale il discorso fatto da Giovanni, ma noto una consapevolezza da parte di molti nell’utilizzo dei social media. In Basilicata il social principale era e resta Facebook; Twitter è legato ad una piccola nicchia che, però, ha una sua influenza tra gli addetti ai lavori. Gli scambi tra politici e giornalisti sono ormai all’ordine del giorno anche nella parte lucana della rete. Capita di leggere tweet o classifiche su post social anche sui giornali (spesso anche sul formato cartaceo): ma rischiano di essere offtopic e di “spostare altrove” quello che avviene sui social.»    

E l’abitudine dei cittadini/elettori/curiosi?

Sergio: «Cresciuta, non so se migliorata. I cittadini/elettori/curiosi (che poi sono la stessa cosa), oggi hanno accorciato le distanze con i politici, non con la politica – credo sia colpa di entrambi – e in questo km zero c’è di tutto: partecipazione, coinvolgimento, violenza verbale. Il mio amico Filippo Sensi (@nomfup) vicedirettore di Europa – giornale sul quale ogni tanto mi capita di scrivere- commentando un articolo di David Carr sul New Yourk Times ha usato la metafora dello specchio e della finestra per spiegare il nostro rapporto con i socialmedia. Dice: “Un gioco di specchi, dunque; che si può osservare anche sulla rete. Sui social network come Twitter, per esempio, con timeline che ci somigliano, nelle quali non entra quasi mai un refolo che ci scompigli il ciuffo, se non per un imprevisto retweet. Seguiamo i nostri simili per sentirci rassicurati e rinsaldati nelle nostre certezze: “Ciò che vediamo nel nostro flusso dei social network è spesso un riflesso, addirittura una amplificazione, di ciò in cui già crediamo. Mai spiazzati.” E faccio mia anche l’efficace chiusura di quel suo post: “Preferire ciò che ci stupisce, ci incasina, ci arruffa, talvolta ci offende, non ci rassicura, ma ci fa vedere, ci mostra, ostensivo, deittico. Chissà che in politica, sulla rete e anche nei media non sia questo l’unico proposito cui tenere fede per uscire dalle nostre scatolette, mentali, valoriali, informative, ideologiche. Questa compresa, beninteso”.»

Digitale, informazione, startup, social network: ma c’è ancora spazio per sperimentare? 

Giovanni: «L’informazione diventa sempre più veloce, le imprese si convertono al digitale, la comunicazione diventa interconnessione tra individui e si sviluppa una nuova era evolutiva per l’uomo: “l’umanità aumentata”. Con la Cubox abbiamo lanciato la nostra sfida per esempio con le esperienze di #ReStartSud (uno storytelling tra le storie di innovazione lucana, ndr) e Waway (piattaforma web di travel management, ndr), ora con PaffBum. C’è sempre da sperimentare e c’è moltissimo da lavorare. Siamo solo all’inizio.» 

 

s.lorusso@luedi.it

@saralorusso10

 

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