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EGREGIO direttore

non mi piace far finta di niente o non rispondere quando sono chiamato in causa! Certo non riesco a intervenire tutti i giorni sul giornale un po’ forse perché gli impegni di lavoro, come per tanti, non mi consentono di leggere il giornale se non la sera quando tutti a casa dormono e le notizie del giorno sono già state superate dalle nuove in pubblicazione per il giorno dopo.

Volevo anche evitare di intervenire in piena campagna elettorale per non ingenerare confusioni, poi tutte le mie remore sono cadute. Gli eventi mi hanno convinto del contrario.

Devo due risposte: la prima ad un articolo apparso sul Quotidiano del 25 ottobre in cui si asseriva che “spariscono dalla scena anche i cattolici lucani …..” e in qualche modo ci si chiedeva dove fossero finiti; la seconda ad un intervento del professor D’Agostino del 6 novembre in cui afferma che “è appena il caso di rilevare che la politica ha le maggiori responsabilità su ciò che siamo e sul nostro passato, ma le molteplici corporazioni in cui si articola la società regionale (imprese, sindacati, il mondo delle professioni, ecc ..) hanno certamente le loro e sono di tutto riguardo. Tali soggetti concorrono a costruire e mantenere il modello lucano”.

Ultimo “ingrediente” del mio ragionamento me lo fornisce l’annuncio dato dal Cardinal Scola il 6 novembre della promulgazione del decreto di eroicità delle virtù del Venerabile Giuseppe Lazzati, già rettore dell’Università Cattolica di Milano, padre costituente, figura di laico cristiano impegnato nel mondo universitario e civile della nostra Italia, che dedicò gli ultimi anni della sua vita al rilancio dell’idea alta della Politica con la fondazione dell’associazione “Città dell’uomo”

Il Professore Lazzati preferiva infatti non usare l’espressione fare politica ma costruire la  «città dell’uomo a misura d’uomo», così “è subito porre l’uomo al suo posto e si può su di esso fissare l’attenzione come su colui dal quale la città prende vita e verso il quale la città è volta come a proprio fine.”

Inoltre asseriva che “Fondamentale nel fedele laico, distintivo del cristiano, deve essere una autentica capacità dialogica ed inclusiva: “…presentarsi così come si è, senza infingimenti, con un’attenzione appassionata e sincera al punto di vista dell’altro, ricercando i punti comuni su cui costruire la città dell’uomo a misura d’uomo”.

Provo a questo punto ad articolare il mio ragionamento.

Che fine hanno fatto i cattolici lucani? Come è noto io sono stato coinvolto in modo appassionato da un gruppo di amici nell’associazione culturale e politica “Basilicata Impegno Comune”. Ho cercato di dare il mio piccolo contributo come laico cristiano per favorire una nuova stagione di impegno dei cattolici in Politica come chiedono i Nostri Vescovi e i Papi a noi, persone impegnate in modo attivo nelle parrocchie e diocesi della nostra Italia.

In un altro passaggio fatto su queste pagine a marzo avevo affermato che “ci rendiamo conto che non è permesso a nessuno di rimanere alla finestra. Certo a noi non è chiesto di sostituirci ai Politici che rappresentano i cittadini che li hanno votati, ma sicuramente possiamo contribuire, con il nostro sforzo di pensare, studiare, rileggere gli avvenimenti alla luce degli insegnamenti evangelici, alla costruzione di quel Bene Comune “insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alla collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente”

Vorremmo rispondere all’appello che i Vescovi Italiani lanciarono nel 1989 nel loro documento “Sviluppo nella solidarietà. Chiesa Italiana e Mezzogiorno”: “l’importanza di un laicato che nel Sud sia veramente costruttore di storia”, consapevoli che all’interno delle nostre comunità “il distacco che si constata in molti tra la fede che professano e la loro vita quotidiana va annoverato tra i più gravi errori del nostro tempo”

E come tutti sanno abbiamo dato vita insieme ad altre associazioni e movimenti ecclesiali alla prima settimana sociale dei cattolici in Basilicata a febbraio in Policoro.

Uno degli sbocchi naturali è stato “Basilicata Impegno Comune” (BIC) per poter “essere costruttori di storia” e diminuire il distacco fra fede professata e vita quotidiana.

Ho vissuto in modo indiretto lo sforzo di alcuni amici di BIC , che hanno maturato in tanti anni esperienza e formazione sulla Dottrina sociale, i quali hanno cercato di saltare il fossato e si sono seduti ai tavoli politici delle trattative per scegliere la linea politica in vista delle elezioni regionali. Gli amici di BIC sono stati contattati sia da esponenti di centro sinistra che di centro destra.

I continui ondeggiamenti dei tavoli ai quali si sedeva, forse l’inesperienza, forse la mancanza di coraggio, la mancanza di sostegno di tanti del mondo cattolico…. un mix di elementi che alla fine hanno consigliato di non esporsi. Insipienza o prudenza? In questo momento non saprei rispondere, gli eventi che si susseguiranno mi faranno esprimere forse un giudizio più compiuto.

Ritengo tuttavia l’esperienza di BIC positiva per una serie di motivi: in questo momento storico in cui non sempre i partiti riescono a “costruire la citta dell’uomo a misura d’uomo” credo sia indispensabile un’iniezione di gratuità, di servizio, di purezza che può fornire solo chi è abituato a “perdersi” per gli altri senza alcun tornaconto personale; se a questo si aggiunge una semplice regola di limitazione nei mandati da mettere alla base della propria azione politica, si ha maggiore confidenza di riuscire a pensare alla citta dell’uomo e non ai propri interessi o a quelli di una parte

Ma vengo all’articolo del professor D’Agostino. Forse per delicatezza nell’elenco di soggetti responsabili di quello che come Basilicata siamo, non ha citato la Chiesa o meglio quella parte della Chiesa che prende il nome di laici impegnati.

Teniamo fuori dal nostro ragionamento il clero, presbiteri, religiosi e Vescovi, perché non compete loro l’impegno o il giudizio politico e ritorniamo al Laicato costruttore di storia indicato dai Vescovi nel loro documento del ‘89.

Ecco senza troppi giri di parole credo che anche noi laici impegnati nelle associazioni, in parrocchia o nei vari organismi ecclesiali non possiamo esimerci dalle nostre responsabilità. Se è vero quello che dice il prof. D’Agostino noi non possiamo tirarci fuori; non possiamo salire sul pulpito, tanto meno in questo momento in cui Papa Francesco è molto esplicito e diretto e ci dice che non possiamo non interessarci della cosa pubblica, che preferisce una Chiesa “incidentata” piuttosto che malata.

Se qualcuno non comincia con umiltà a riconoscere i propri errori, “è difficile sperare di imboccare la via della rinascita” per dirla con il prof. D’Agostino, andremo avanti alla ricerca di nemici da combattere e non scopriremo che forse la “trave” è nei nostri occhi.

Questa è la riflessione che proporrò al mio mondo di riferimento, parlo dell’Azione Cattolica in questo momento impegnata nel rinnovo delle proprie cariche con la preziosa regola del limite dei due mandati nell’esercizio di responsabilità,  ma sarà oggetto di discussione anche con le altre associazioni e movimenti ecclesiali.

L’esempio di un uomo come Lazzati, ormai Venerabile, ci deve essere di sprone a maturare forme di impegno anche diretto rimanendo intimamente fedeli alla nostra vocazione di laici nel mondo ma non di questo mondo, il che ci aiuta a dare la giusta gerarchia ai valori.

Sicuramente la storia ci chiede non solo comunicati stampa o convegni o scuole di formazione che rischiano di rimanere belle enunciazioni di principio o continue dilazioni all’impegno diretto, né ci chiede continuamente dei distinguo al nostro interno: se solo mettessimo a fuoco quanto sia importante fare sintesi fra fede e vita … in caso contrario anche noi cattolici renderemo conto delle nostre omissioni e di quelle attese della povera gente che abbiamo messo a tema ormai da troppo tempo (nel 2008 nel nostro ultimo raduno del laicato regionale a Tito scalo) e che forse continuano ad essere inascoltate.

 *Delegato Regionale di Azione Cattolica

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