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POTENZA – Com’era facile prevedere, ha scatenato molte polemiche la presa di posizione del presidente degli industriali lucani sul petrolio. Michele Somma, che alla vigilia del voto, in un clima in cui tutti si guardano bene dallo sbilanciarsi su dichiarazioni che rischierebbero di apparire impopolari,  con quel “il petrolio è opportunità, non possiamo permetterci di rinunciarci”, passa di fatto dalla parte dei più forti sostenitori delle estrazioni in Basilicata.

Il presidente, pure imprenditore della società Tecnoparco che ha che fare con la parte finale della filiera estrattiva, parla non a nome suo, ma di tutti gli imprenditori lucani quando dice: «Intorno alle estrazioni ci sono troppi pregiudizi. La Basilicata ha bisogno del petrolio. Si deve accelerare l’iter delle autorizzazioni. Cercando di trasformare questa grande opportunità nei massimi vantaggi per la Regione in termini di sviluppo, fatta salva, chiaramente, la tutela dell’ambiente». E le reazioni non tardano ad arrivare. A partire da quella del segretario della Cgil, Alessandro Genovesi. Che subito tuona: “Confindustria chiarisca subito”. Insieme, Cgil e industriali, con Cisl e Uil e Pensiamo Basilicata, a settembre scorso, hanno concordato una piattaforma comune per aprire una vertenza Basilicata a Roma.  Tutti d’accordo sul fatto che occorre una modifica del decreto attuativo del cosiddetto Memorandum lucano. Ora però le parole di Somma sembrano andare ben oltre, e in altre direzioni. Un terreno sul quale la Cgil di Basilicata non si ritrova. «Quelle richieste unitarie – spiega Genevosi – fanno riferimento esclusivo alla giusta remunerazione dei progetti di sviluppo già autorizzati (i 24+25 mila barili Eni ed i 50 mila di Tempa Rossa) e non a nuovi progetti e nuovi pozzi, connessi alle domande di ricerca». Quindi – continua a muso duro il segretario – «Somma chiarisca se stiamo dentro questo ragionamento e questa piattaforma». Altro invece, sarebbe «se si stesse  provando ad utilizzare un tavolo di trattative con il Mise per fare altro. Ci dica chiaramente se stiamo trattando dei 90 mila barili già ricompresi nei piani di sviluppo (e quindi non di nuovi pozzi) o se vi è dietro la volontà di colonizzare definitivamente il nostro territorio da parte delle multinazionali».

E conclude, con parole che preannunciano uno scontro: «Se fossimo in questo ultimo caso Confindustria si dovrà assumere fino in fondo la responsabilità di una rottura del fronte sociale, con tutte le conseguenze che questo potrebbe avere per gli interessi della nostra regione, dei lavoratori e anche delle stesse imprese».

Il presidente di Confindustria non se la tiene. E a poche ore, risponde a sua volta: «Nessun cambiamento dell’ultima ora. La nostra posizione è nota da tempo». Nonostante le legittime divergenze di opinione, «Confindustria – spiega Somma con una nota – non intende e non ha interesse ad introdurre al tavolo unitario presso il Ministero, questioni diverse dalla modifica del decreto ministeriale del settembre scorso nei termini concordati, in modo proficuo, con le organizzazioni sindacali e le altre sigle datoriali».  E assicura pure: altri aspetti relativi alla valorizzazione delle estrazioni saranno trattati altrove. Ma chiarita la volontà di non accavallare le due questioni, la portata delle dichiarazioni di Somma, e con essa le reazioni, non si esaurisce a questo. Nel corso del confronto dei candidati con il mondo produttivo che è svolto martedì scorso al Park hotel di Potenza, Somma aveva avuto modo di chiarire ancora meglio la sua posizione: «Pensare che la Basilicata possa camminare sulle proprie gambe, senza le compensazioni derivanti dalle estrazioni, è da irresponsabili. Solo le royalty ci hanno consentito di far fronte al taglio dei trasferimenti centrali. E in un Paese in cui le nostre macchine camminano ancora grazie al carburante, la ricchezza del sottosuolo lucano  va pensata come una grande opportunità».  Ma – avverte il presidente – la vera partita non si gioca sull’aumento delle royalty, bensì sulle buone intuzioni contenuti nel Memorandum. Ma la sua posizione suona come molto pericolosa al candidato di Sinistra ecologia e libertà, Giannino Romaniello, su posizioni radicalmente opposte: «Continuiamo a sostenere che la scelta di trasformare tutta la Basilicata in hub energetico per l’Italia e l’Europa è una ipotesi politica sbagliata perchè condiziona i fondi da destinare ad infrastrutture e servizi ai lucani alla possibilità di estrarre più idrocarburi. Un’altra idea di sviluppo è possibile». Molto critico anche  l’assessore provinciale all’Ambiente, candidato nelle liste di Centro democratico, Massimo Macchia. Chiama «illusioni» quelle degli imprenditori lucani che aderiscono a Confindustria, visto che, fino a questo momento, «il petrolio non ha mai garantito alle imprese lucane grandi  e durature commesse,  proprio come non ha garantito adeguati posti di lavoro». E allora, per il vicepresidente della Giunta, la strategia è  un’altra: le royalty devono essere quantificate in almeno il 50 per cento, con una quota affidata direttamente alla Regione e una quota ai Comuni del comprensorio della Val d’Agri. Stando bene attenti a non farsi strappare dalle mani dal Mise la gestione diretta del fondo derivante dall’articolo 16.    

m.labanca@luedi.it

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