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Siamo arrivati alla fine della corsa. Nella maniera peggiore. Con il  presidio di polizia nella piazza di Matera. Si chiude, così, tra i fischi che i materani arrivati ad ascoltare Grillo  restituiscono al palco del Pd, il lungo vuoto iniziato con le dimissioni di  De Filippo. Brutta aria, quando non ti fanno parlare. La piazza calda per il  verbo del leader 5stelle ha sventolato banconote e non ha smesso un attimo  di gridare contro Epifani, Pittella, Adduce, Speranza.  Mai successo, dice  Epifani, neppure da segretario della Cgil. Bandiere nere, evoca Adduce. 

Eppure quella di Matera è una piazza che bisogna capire, sforzandosi di  avere un atteggiamento esattamente contrario a quello che ha espresso.  Rabbia, voglia di cambiamento, insofferenza. Certo anche facile  condizionamento. Rimborsopoli non ha risparmiato i grillini e Parma non  esprime buon governo. Ma il desiderio di avere buona amministrazione,  trasparenza, rispetto del merito (che bisogna però guadagnarsi) si aggrappa  a chiunque in questo momento invoca piazza pulita.

E’ stata una campagna elettorale che si è molto spesa nella fase precedente  alla presentazione delle liste. E’ stato così per il centrosinistra, così per il centrodestra. Così per i grillini con la vicenda del tenente Di Bello. Una cosa sembra essere certa: le coalizioni non sono per nulla amalgamate. Molti scenari futuri dipenderanno dalle sovversioni nazionali. E’ ben evidente, ad esempio, che la campagna elettorale fatta da Gianni Rosa  sia stata una campagna personale, non supportata dal resto del Pdl. Persino per quanto riguarda i leader chiamati in sostegno, sono arrivati quelli di Fratelli d’Italia e basta. Brutto leggere Latronico che ogni giorno era costretto a comunicare le disdette dei ministri in programma. Il centrosinistra, del resto, sta insieme con le ferite. Non credo, benché Pittella dica il contrario per obbligo di unità, che i cerotti siano stati tolti. Ma qui è in gioco l’idea stessa del Pd, un partito geneticamente modificato. Il berlusconismo è già morto. Quello che è successo ieri sera dovrebbe essere il primo comandamento  che spinga a capire che la Basilicata non è più isolata, cammina dentro le  cose italiane come non è mai successo.

Già dal risultato delle politiche si era capito. Vedremo dalle urne cosa uscirà. L’ingresso dei grillini in consiglio regionale credo sia un bene: opporsi è semplice, contribuire a fare il più delle volte è complicato. Svolgere una funzione di garanzia importante. Una cosa mi sento di dire: chiunque sarà il nuovo presidente dovremmo applicare alla politica le stesse regole che oggi valgono per i giornalisti: la reputazione si conquista sul campo, non è più una primogenitura istituzionale, scontata, già data a priori.

 Ma anche l’opposizione fatta tanto per incassare il vento favorevole di chi è contrario non ha più senso. Siamo davvero a una fase nuova perché la cultura corre più veloce di noi. Non può esistere più uno schema di sì e no dettato dal posto in cui si sta seduti nei banchi. Che è cosa diversa dal consociativismo bluff e nascosto operato finora. Le idee buone e le buone pratiche devono diventare virali ed essere sostenute e condivise, dal presidente in giù. Si tratta di lavoro, di obiettivo, non di amicizia. Una leadership si conquista anche valorizzando il talento di un avversario. 

Domenica c’è un partito in agguato, quello degli astensionisti. Alle donne dico: ricordatevi di quando non potevamo votare, agli uomini e alle donne dico che il dissenso si può esprimere nella cabina elettorale, a chi vota per la prima volta suggerisco di leggere qualche pagina di Croce. E rubo al mio amico Paolo Albano che cita Lennon: “La vita si svolge sotto i nostri occhi, ma spesso siamo occupati, purtroppo, a guardare altrove, nel vuoto” 

E ora, consentitemi una parentesi su cose di casa. Avete notato qualcosa di nuovo nel giornale in edicola? Abbiamo ritoccato la grafica, un leggero ma significativo restyling pensato per aiutare la lettura (è aumentato il corpo del carattere) e per eliminare i bold dai titoli. Ci vuole un po’ di coraggio a cambiare alla vigilia di una consultazione elettorale: siamo abitudinari, fondamentalmente conservatori, trovare le cose che cerchi nel posto e nel modo in cui sai di trovarle ci rassicura. Ma la scelta del light (suggerita dal direttore del giornale madre, Matteo Cosenza, che ringrazio) nei titoli vuole essere un messaggio: toni possibilmente pacati, chiari ma non gridati. Non c’è bisogno di alzare la voce per esprimere un concetto o una critica. L’importante è essere trasparenti su una cosa fondamentale e cioè: io la penso così. 

Se il giornale si sottopone a un piccolo restyling, i suoi frammenti digitali corrono veloci. La Rete  è circolazione, processo inarrestabile di scambi di conoscenza. Grazie alla distribuzione fatta dal @quotidianoweb la bella dashboard con le #regionalibas raccontate da noi e da voi sui social e aggregate da #Paffbum è approdata a Repubblica. Bravi Sergio Ragone e Giovanni Setaro. Ringrazio anche Basilicatapost.it, l’idea di @giuseppetralli e @moligia con i quali stiamo incrociando interessi e visioni. Raccontare la regione Basilicata, Basilicatashire, in numeri non è cosa da poco. Occorrono competenze. Non tutti sono capaci di tutto. Mettendo insieme le esperienze si può solo offrire un servizio migliore a chi ci segue.  Ricordo quelle cartelline con i ritagli di carta. Erano il nostro archivio. Leggo e rileggo la strada digitale del content curation. Oggi abbiamo un’abbondanza di informazioni inversamente proporzionale al monopolio finora gestito dalla stampa. Bisogna saper dare una guida, orientare, mettere insieme, facilitare. Epperò c’è una funzione che non potrà mai venire meno. L’onestà di un racconto e di un punto di vista. Informare non è fare giornalismo. Oggi c’è un vantaggio: possiamo condividere. Facciamo quello possiamo ma questo giornale è vostro.

l.serino@luedi.it

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