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POTENZA – Ci ha messo più di un mese l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, a rispondere alle domande proposte dal Movimento 5 Stelle (e pubblicate sulla piattaforma web) all’interno della commissione Industria, Commercio e Turismo.

Otto pagine di documento per dire che tutto va bene, che le estrazioni sono controllate e che l’intero processo delle estrazioni in Basilicata è controllato e monitorato. L’unico problema forse è stato nella concessione “Cugno le Macine” ufficialmente composta da pozzi per il gas. Qui l’Arpa individuò inquinamento da idrocarburi pesanti: colpa, dice Scaroni «alle cause antropiche, ossia a fattori esterni all’estrazione». Qualcuno, quindi, avrebbe sversato idrocarburi grezzi attorno quei pozzi.

Così come, alla domanda sull’uso di sostanze tossiche e radioattive come bario, cromo e americio, Scaroni si limita a dire che «non sono sostanze tossiche e nocive a priori, ma solo se utilizzate male o in quantità eccessive». Ma dà anche delle indicazioni su cosa contengono i fluidi di perforazione. «Prevalentemente è acqua. Le sostanze aggiunte sono il bario sotto forma di barite, lo stearato di calcio (stabilizzante e lubrificante non tossico, la gomma di guar e le argille comuni quali la bentonite e viscosizzanti polimerici di origine sintetica». È vero che alcune delle sostanze pericolose sono utilizzate nelle attività di perforazione, ma come dice Scaroni, si tratta di un sistema «chiuso». Il pozzo sarebbe «isolato» durante la perforazione grazie all’isolamento del foro di perforazione con dei rivestimenti. Il fluido, quindi, sarebbe iniettato per poi risalire in superfice ed essere immesso in vasche per il trattamento dopo essere stato ripulito dai detriti.

Stesso discorso sulla reiniezione: «è il metodo più sicuro e di minore impatto per riportare le acque, separate dagli idrocarburi nelle stesse formazioni geologiche dalle quali provengono». Di nuovo un sistema chiuso che non interagisce con le formazioni e non comporta «alcun aumento di pressione media». In Val d’Agri ci sono circa 3mila 500 metri cubi di acqua di strato portata in superfice, ed è per questo che Eni ha chiesto l’autorizzazione per Monte Alpi 9. Sulla questione del rischio sismico Scaroni non si sbilancia: «Dal 2001 Eni ha installato una serie di stazioni di rilevamento microsismico (ad oggi 15) distribuite su un’area di circa 50 chilometri per 40 chilometri interfacciate con la rete sismica dell’Ingv». Queste dovrebbero rilevare ogni minimo dato sulla sismicità, che viene fornito anche alla Regione Basilicata. Ma se è vero che tutto è sotto controllo ci si trova comunque in una zona ad altissima sismicità, e il pozzo Monte Alpi 9 di Grumento Nova ha destato non poche preoccupazioni nella popolazione. Impossibile chiuderlo perché «Dal 2001 è risultato idoneo alla reiniezione delle acque, avendo ottenuto le autorizzazioni. Inoltre – continua Scaroni – la reinieizione ha valenza ambientale positiva perché non ha alcun impatto verso l’esterno». La chiusura di Monte Alpi 9 potrebbe realizzarsi soltanto quando Arpab e Ingv dovessero rilevare criticità sismiche legate alla reiniezione. Non importa che, come il pozzo Alli 2, si perfori a 300 metri dal comune di Villa d’Agri «le tecnologie e le misure di controllo adottate oggi da Eni rendono la perforazione di un pozzo un’attività con rischi bassissimi e compatibili con la presenza di strutture e centri abitati nelle vicinanze». E se a Trecate, in Piemonte, un pozzo letteralmente esplose, mentre su Gorgoglione 2 ci fu l’emissione di alte concentrazioni di  idrogeno solforato. Nessun problema. oggi quanto accaduto in Piemonte «non potrebbe accadere perché dal 1994 ad oggi sono state aggiunte ulteriori misure di sicurezza», mentre «l’evento Gorgoglione 2, secondo fonti ufficiali e pubbliche dell’Unmig, non ha costituito alcun pericolo per la salute e per l’ambiente».

Nessun pericolo per le sorgenti, perché «i pozzi non interferiscono con i bacini» e le perforazioni orizzontali «ormai messe a punto». Sulla diga del pertusillo Scaroni smentisce: «Non sono, né sono previsti, 14 pozzi attorno il Pertusillo, sebbene circolino mappe dell’area essi non esistono e non sono mai stati contemplati. La moria di pesci nel Pertusillo non è connessa all’attività petrolifera ma solo un fenomeno legato all’eutrofizzazione così come la Procura di Potenza ha stabilito». Metalli pesanti e idrocarburi nel lago? «Fin dall’antichità è nota la presenza di numerosi affioramenti naturali». Bario e metalli pesanti sono tutti «nel limite normativo vigente». E si va avanti così fino all’ultima domanda: la reiniezione dei fanghi è impossibile, nei pozzi si reinietta soltanto acqua. Così come è da escludere qualsiasi forma di smaltimento illecito dei rifiuti «dato che Eni attua un sistema di gestione integrato che comporta l’attuazione di controlli periodici da un Ente certificatore esterno». Nessun rischio sismico, quindi, per questi motivi. Bene, le perforazioni orizzontali vengono utilizzate per ridurre il numero dei pozzi in superficie e anche l’utilizzo degli acidi è in porzioni «minime, in quantitativi piccolissimi e produce acqua, anidride carbonica e cloruro di calcio in quantità irrisorie». L’uso di acidi, quindi non ha «nessun impatto sull’ambiente».  

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