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POTENZA – Mettere mano all’amministrazione regionale e alla governance lucana. Nel primo appuntamento politico del post voto, il neo presidente della Giunta regionale, Marcello Pittella, riparte da quello che era stato uno dei temi forti della sua campagna elettorale. Lo stesso fa il suo sfidante delle primarie, Piero Lacorazza, che aveva inquadrato la questione come altrettanto centrale all’interno del suo programma. Il Partito democratico, la maggiore forza di Governo, sembra compatto in questa direzione, anche se con le dovute differenze.

Due le esigenze, che, almeno in teoria, dovrebbero indirizzare l’azione, già a partire dai primissimi  atti politici della nuova Giunta, secondo gli intendimenti del governatore che sta per insediarsi: rendere più efficaci dipartimenti e uffici, perseguendo gli obiettivi della riduzione  dei costi improduttivi.

Il che passerà – Pittella lo dice esplicitamente nel corso della direzione del partito democratico  – anche attraverso lo snellimento della squadra dei dirigenti. E il primo banco di prova sarà costituito dalla riorganizzazione dei dipartimenti sulla scorta di quanto già fatto per gli assessorati,  passati da sei a quattro . Il presidente della Provincia di Potenza si spinge ancora oltre: più di singoli provvedimenti è necessaria una visione di insieme. Anche in vista della prossima programmazione dei fondi europei per il nuovo settennio 2014-2020. E dalla sala dell’hotel Vittoria lancia anche l’altra proposta: la riduzione del numero delle commissioni consiliari.

Ma la Regione è solo una parte del capitolo. La riforma che ha in mente il presidente Pittella passerebbe anche attraverso la riorganizzazione di quel complesso sistema di enti strumentali e società partecipate che ruotano attorno alla Regione.  A partire dal commissariamento degli enti di bonifica, quotidianamente al centro della cronaca sindacale e non solo. I tre enti sul territorio regionale – indebitati fino al collo, con il conseguente blocco del pagamento degli stipendi e il rischio di sospensione dei servizi fondamentali erogati – sono uno degli esempi più eloquenti del fallimento del sistema.

Nonostante il collasso largamente annunciato, fino ad ora non ci si è spinti oltre interventi tampone per fronte alle emergenze. Assicurare di volta in volta liquidità per evitare il default definitivo non può più bastare.

 Il meccanismo di funzionamento dei consorzi è distorto in partenza: i costi superano ampiamente i ricavi. Ma alla base c’è un discorso più complessivo.

Questi enti, come gli altri, vanno inseriti in più complessivo disegno di riforma che dovrebbe ridisegnare competenze e modelli organizzativi.

Anche quando il governatore uscente, oggi segretario regionale del partito, Vito De Filippo, oppone che la facile semplificazione di chi propone l’unificazione di società che operano nello stesso settore deve fare i conti con le normative europee, Pittella insiste: «Occorre razionalizzare e fare sintesi. Penso soprattutto ad acque ed energia».

Ovvero quei settori dove si registra il maggior accavallamento di competenze per le società pubbliche. Sia il neo presidente che Piero Lacorazza invocano poi la riforma dell’Agenzia regionale per l’Ambiente.

Dopo lo scandalo Fenice e l’inchiesta giudiziaria, l’Arpab è stata interessata da un sorta di riforma “d’emergenza” che però non è abbastanza.

«Le situazioni appese danneggiano», dice Pittella. Dunque, il processo di trasformazione va portato fino in fondo. Ma oltre ai casi nominati in direzione dal neo presidente, l’elenco degli interventi da portare avanti in questa direzione sarebbe ancora lungo.

La riforma dei consorzi industriali, per esempio: commissariati ormai dal 2007, e dopo dispendiosi salvataggi pubblici da parte della stessa Regione,  continuano a trovarsi, soprattutto l’Asi di Potenza, in continua emergenza.

La legge di riforma proposta mesi fa dallo stesso Pittella, in qualità di assessore alle Attività produttive, che prevede la riduzione a un Consorzio unico, è rimasta ferma in Consiglio. Fa riflettere anche il caso della coesistenza in regione di ben due “strutture” che si occupano di sostegno alle imprese, come Sviluppo Basilicata e Basilicata Innovazione, senza apprezzabili risultati.

La conferma arriva dall’Istat: è di ieri il rapporto che relega la regione agli ultimi posti per gli investimenti in innovazione di piccole e medie imprese lucane. Insomma, una revisione di tutto l’apparato è d’obbligo. A patto che la soluzione non si limiti a sfiorare il problema, ma sia in grado di affrontarlo e risolverlo alla radice, attraverso un disegno strategico complessivo.

m.labanca@luedi.it

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