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POTENZA – La Regione sarà parte civile nel prosieguo del processo sui rimborsi pazzi del parlamentino lucano nei confronti di 38 tra consiglieri ed ex. Inclusi il governatore in pectore Marcello Pittella e quelli appena rieletti, per cui adesso chiunque potrebbe sollevare una causa di incompatibilità, chiedendone la decadenza. Tutti meno i membri della Giunta uscente, che hanno dato incarico all’ufficio legale di agire in questo senso. Perché in quel momento erano incompatibili a loro volta. Per quanto paradossale possa sembrare.

Lo ha stabilito ieri sera, al termine di una camera di consiglio durata 6 ore, il gup di Potenza Tiziana Petrocelli.

Le ragioni della sua decisione sono state esposte con la lettura di un’ordinanza molto dettagliata.

Per il magistrato quando il governatore uscente Vito De Filippo, e gli assessori Nicola Benedetto, Luca Braia, Roberto Falotico e Attilio Martorano hanno deliberato la costituzione in giudizio della Regione sarebbero stati in «evidente conflitto d’interesse».

Di conseguenza si sarebbero dovuti astenere, ma poiché non l’hanno fatto la delibera risulta viziata.

Fin qui in udienza ieri mattina si erano mostrati d’accordo sia il pm Francesco Basentini che le difese di alcuni degli imputati. Eccezion fatta per quelle dei membri della giunta uscente, che hanno assistito alla discussione in silenzio per non complicare di più le cose.  

Per entrambe le parti la richiesta di costituzione in giudizio di via Verrastro sarebbe stata illegittima, e pertanto invalida, nulla, e del tutto inefficace in concreto. 

Alla fine il gup ha optato per una soluzione diversa, riconoscendo l’esistenza del problema, ma facendone salvi gli effetti per ragioni di economia da un punto vista amministrativo. Come si fa quando si tratta di correggere un errore che non intacca gli elementi essenziali di un atto.

In questo caso è come se fosse stato scomposto in tante delibere quanti sono i consiglieri imputati. Poi sono state annullate soltanto quelle in cui coincidevano mittente e destinatario: De Filippo che dà mandato agli avvocati della Regione di costituirsi contro De Filippo; Benedetto contro Benedetto; eccetera.

A questo punto per integrare la costituzione degli uffici di via Verrastro nei loro confronti occorrerebbe una nuova delibera e una nuova richiesta in proprosito da avanzare nella prima udienza del dibattimento, se mai saranno rinviati a giudizio.

Sarà quindi la prossima giunta a doversene occupare, anche perché a breve potrebbe materializzarsi lo spettro agitato nelle scorse settimane dalle file del Movimento 5 Stelle e di Sel.

Si tratta dei ricorsi per la dichiarazione di decadenza di Pittella e degli altri consiglieri imputati che sono stati appena rieletti. Infatti da ieri per loro risulta aperto anche un vero e proprio contenzioso civile con la Regione.

Stando alla lettera della legge del 1981 sulle cause di «ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale» non ci sarebbe molto da fare.

In realtà nel 2004 era stata approvata anche un’altra legge che dava mandato alle regioni di intervenire sulla materia.

Riguardava proprio le situazioni in cui «il soggetto non sia parte attiva della lite» con l’amministrazione. Come per Pittella, Nicola Benedetto (Cd), Paolo Castelluccio (Pdl), Franco Mollica (Udc) e Michele Napoli (Pdl), “passivi” di fronte alla richieste della Regione.

In più fissava il principio che l’incompatibilità si sarebbe configurata soltanto di fronte a una sentenza definitiva di condanna per i reati contestati.

Eppure in Basilicata è rimasta ancora lettera morta, e non è così scontato che il Tribunale sia disposto a farla passare per buona lo stesso.

Non appena proclamati i risultati delle elezioni, i consiglieri-imputati (a parte l’assessore uscente Benedetto) avranno 20 giorni per comunicare alla giunta per le elezioni del parlamentino lucano l’esistenza di questa situazione. Poi per trovare una soluzione la giunta stessa avrà 3 mesi ma c’è da giurarci che non mancherà.

Intanto – però – qualunque cittadino potrebbe avere già avviato una causa davanti al Tribunale ordinario, che per casi del genere decide anche nell’arco di sei mesi.

A quel punto la questione tornerà nella mani di un magistrato e la decima legislatura rischierà davvero di rivelarsi la più breve di sempre.

Sempre che il Consiglio regionale entrante non provi a intervenire subito a riguardo colmando il vuoto lasciato aperto negli anni scorsi. Oppure che la Giunta non dia mandato ai suoi legali di revocare la costituzione di parte civile.

S’intende la Giunta meno il presidente, che per «evidente conflitto d’interesse» sarebbe costretto ad astenersi per non ripetere lo stesso errore del suo predecessore.  

l.amato@luedi.it

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