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POTENZA – «Al posto del neo presidente Pittella aprirei gli occhi, le orecchie ed anche la mente, per comprendere che  c’ è qualcuno che lo vuole azzoppato… molto probabilmente perché il cambiamento dichiarato potrebbe ledere interessi propri di chi, questa Regione, l’ha ridotta nello stato in cui versa».

E’ il vecchio che complotta contro il nuovo il nemico contro cui si scaglia il consigliere regionale Franco Mollica all’indomani della costituzione di parte civile della Regione nel processo sulla rimborsopoli lucana.

A farlo scattare sono state le voci insistenti sul rischio della decadenza per incompatibilità di chi come lui, e lo stesso presidente in pectore della Giunta, risulta allo stesso tempo tra gli imputati e tra i membri del parlamentino di via Verrastro. Un rischio denunciato dal Movimento 5 Stelle, già durante la campagna elettorale, e poi dal segreterio regionale di Sel Maria Murante.

Per il consigliere regionale dell’Udc: «Non esiste alcuna incompatibilità e, quindi, decadenza di alcuno».

Eppure occorre un intervento legislativo sulla questione dato che finora la Regione Basilicata «non ha ritenuto di occuparsi dell’incompatibilità, cosa credo debba fare questo Consiglio, colmando una lacuna».

Di fatto, nel 2004,  una legge nazionale dava mandato ai parlamentini delle Regioni di adottare delle regole in materia per superare il dettato di un’altra legge, del 1981, che non faceva differenza tra cause intentate dai consiglieri contro l’amministrazione e viceversa.

Si trattava di escludere proprio situazioni come quelle di consiglieri regionali imputati in processi per cui la Regione si è costituita parte civile “rinviando” l’incompatibilità con la carica che rivestono al passaggio in giudicato di un’eventuale condanna.

Ma in Basilicata è rimasta lettera morta, così una volta proclamati, Mollica, Pittella e con loro anche Paolo Castelluccio (Pdl), Nicola Benedetto (Cd) e Michele Napoli (Pdl) sarebbero esposti alle azioni di qualunque cittadino lucano che potrebbe chiederne la decadenza davanti al Tribunale di Potenza.

Sul punto Mollica prova a smorzare e parla di «confusione ed allarmismo» generato dal vuoto legislativo e dalle interpretazioni giornalistiche.

Poi se la prende con le dichiarazioni rilasciate di alcuni funzionari dell’ufficio legale della Regione che avrebbero ipotizzato «distinzioni tra presidente della Giunta, assessori e consiglieri» sulla questione incompatibilità («Dichiarazioni non rilasciate dal dirigente dell’ufficio, che ne avrebbe titolarità,  ma da funzionari che, per contratto, non hanno alcuna rilevanza esterna, ma questa è altra questione»).

«Quanto finora riportato dalla stampa – continua Mollica – se non per piccole interpretazioni della norma vicine alla realtà, hanno volutamente il sentore dello scoop sulla notizia fine a se stessa e, non sulla  corretta informazione dell’ interpretazione della norma».

Secondo il consigliere Udc «dalla semplice lettura» della norma del 1981, che fa riferimento a «colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile o amministrativo», risulterebbero escluse «anche ai profani» le cause penali come nel caso del processo sui rimborsi.

«Potrebbe, invece, configurarsi l’incompatibilità – prosegue – al momento di una eventuale condanna, dinanzi al giudice civile, qualora la Regione, costituitasi parte civile nel procedimento, inizi l’azione  di eventuale risarcimento dovuto al danno di immagine della stessa. Tutte le altre interpretazioni sembrerebbero destituite di fondamento giuridico e  solo il frutto di letture improvvisate e non fatte con i combinati disposti della legge».

Fin qui il pensiero giuridico. Poi però si passa alla politica, e Mollica sembra tendere una mano al governatore, che egli stesso aveva sostenuto alle primarie per poi saltare il fosso e candidarsi nella coalizione di centrodestra.

«Non so chi ha interesse a minare, già dall’inizio, questa legislatura che dovrebbe, invece, occuparsi dei gravi problemi che la Regione ha e, si comprenda bene, che se questa Regione è giunta a questo stato lo si deve ad un apparato non in grado di risolvere le questioni, ma di confonderle ancora di più, con procedure e leggi che pesano sull’intera Comunità Lucana».

«A questo – secondo Mollica – si deve aggiungere una classe politica che non riesce a dare segnali di chiarezza e di prese di posizioni nette nei confronti di chi dimostra di essere incapace nel far funzionare la macchina burocratica. Sarà colpa di quel “famoso” clientelismo di cui gli uffici della regione non sono indenni?»

Nomi il consigliere non ne fa. Ma è evidente che è “la testa” di qualcuno quello che davvero gli interessa. Qualcuno annidato nei palazzi di via Verrastro, che potrebbe far parte dell’ufficio legale come dello stesso Consiglio regionale.  

l.amato@luedi.it

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