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POTENZA – Via libera al dimezzamento nei centri più piccoli, da 500 a 250 metri, delle distanze minime tra sale da gioco e luoghi sensibili come ospedali, parrocchie e scuole. Alla giunta regionale, però, resterà il potere di disciplinare orari di apertura e chiusura delle stesse, mentre i comuni potranno indicare nuovi luoghi sensibili a loro discrezione. Inoltre i titolari di ricevitorie e quant’altro non potranno fare credito ai clienti, né nascondere la luce del sole ai fedelissimi delle videoslot.

È quanto deciso ieri in Consiglio regionale, con l’approvazione delle nuove norme in materia di contrasto alla ludopatia: un provvedimento, spesso additato come un “colpo di spugna” a favore della lobby del gioco, che già nei mesi scorsi era stato foriero di tensioni fortissime all’interno della maggioranza. Ieri pomeriggio, nonostante l’accordo che domenica pareva raggiunto all’interno della maggioranza, quelle tensioni si sono riproposte, e hanno portato alla formalizzazione della spaccatura col primo firmatario del testo originario del disegno di legge, il leghista Massimo Zullino, affiancato dai 3 consiglieri regionali espressione dei liste più piccole della coalizione uscita vincitrice alle regionali di fine marzo, Vincenzo Baldassarre (Idea), Piergiorgio Quarto (Bp) e Giovanni Vizziello (FdI).

Lontano dagli occhi di Bardi, sostituito in aula dal vice-governatore Francesco Fanelli (Lega), il “gruppo del presidente”, come è stata già ribattezzata la fronda dei dissidenti all’interno della maggioranza, ha sfidato a viso aperto la Lega ufficiale, quella del capogruppo Tommaso Coviello, e Forza Italia. Uno scontro senza precedenti coi primi schierati a difesa di una serie di ulteriori concessioni all’industria del gioco inserite nel testo base, e i secondi a ribadire i termini dell’accordo raggiunto per evitare la chiusura di attività già esistenti, salvando, allo stesso tempo, lo spirito delle norme di contrasto alla ludopatia introdotte nel 2014.

A far pendere la sfida a favore degli emendamenti restrittivi a firma della leghista Dina Sileo, contestata pubblicamente da Zullino per il suo approdo recente nel Carroccio e difesa dal forzista Vincenzo Acito, alla fine sono stati i 5 stelle. Dopo essersi astenuti (a differenza del centrosinistra che non ha partecipato) in una prima votazione finita in pareggio, Gianni Leggieri, Gianni Perrino e Carmela Carlucci, infatti, hanno deciso di far convergere i loro voti sulle proposte di Sileo, seguiti, poco dopo, anche da Roberto Cifarelli (Iv) e Mario Polese (Pd).

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