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POTENZA – Quasi cinque stipendi. E’ quello che avanzano i 15 dipendenti dei bar dell’ospedale San Carlo di Potenza che, per l’ennesima volta, ieri erano in presidio davanti al Palazzo degli uffici per chiedere il rispetto dei loro diritti. Dentro, come se nulla fosse, lavoratori interinali che l’azienda, la Capital srl, si è premurata di chiamare – senza alcun confronto con i sindacati – per continuare a offrire regolarmente il servizio.


Ma questa è solo la fine di una lunghissima storia, iniziata nel 1979 con ben altre premesse.
«All’epoca – racconta Pasquale Troiano della UilTucs – noi eravamo giovani dell’Alberghiero e mettemmo in piedi una cooperativa che, per un po’, ha gestito anche il servizio mense del Comune di Potenza. Poi cominciarono a spostare i reparti al nuovo ospedale e c’era bisogno di un bar. Così abbiamo iniziato, eravamo in 16 nella cooperativa».


Da “padroni” a dipendenti. Perché dal 1979 fino al 2005 sono stati i soci lavoratori di questa cooperativa di ragazzi a occuparsi del bar, «stando attenti a offrire prodotti di qualità, del territorio, ma a un prezzo basso». Poi è cambiato tutto, i bandi di gara sono cambiati, si affida al migliore offerente. E quei ragazzi, partiti con l’idea di gestire il bar, si sono ritrovati assunti dalle diverse ditte che, nel frattempo, si aggiudicavano il bando.

E sono iniziati i problemi. Quelli che oggi, purtroppo, sconta anche l’utenza: il servizio è sempre meno efficiente, la qualità è andata scemando. E oggi sono stati eliminate anche le postazioni della tavola calda, si mangia in piedi.
Tutti motivi che hanno spinto la direzione del San Carlo di Potenza a scindere il contratto con la Capital e a bandire una nuova gara. A cui, però, la ditta ha deciso di ripresentarsi comunque.

Così il San Carlo ha dovuto presentare un esposto in Procura e fare una delibera di esclusione per impedire che chi i problemi li aveva creati si ritrovasse di nuovo a presentare domanda. Tra l’altro la Capital è debitrice di circa 2 milioni e 200.000 euro nei confronti del San Carlo, per canoni di locazione non pagati.


Nel frattempo che si faccia una nuova gara e si riaffidi il servizio, resta però il problema dei lavoratori, che attendono ancora gli stipendi da maggio e anche la quattordicesima. «Neppure un acconto o una spiegazione – dice Troiano – l’azienda è scomparsa, comunica con i messaggi». E non ha rispettato i contratti di accordo firmati prima davanti all’Ispettorato del lavoro, poi davanti al prefetto. E intanto ci sono 15 famiglie, la maggior parte monoreddito, che faticano ad andare avanti.


Il punto è sempre lo stesso: come si affida un bando pubblico? Secondo quali criteri? Si fa una verifica sull’affidabilità di dovrà gestire un servizio anche importante? «Se le verifiche fossero state fatte – dice Troiano – si sarebbe visto che questa ditta era già stata cacciata dall’ospedale di Bari». La Capital, in realtà, la gara non l’avrebbe neppure vinta: «la gara l’ha vinta un’altra ditta che, poi, ha fatto la cessione del ramo d’azienda». E’ possibile? «Tutto legale ma intanto l’ente affidatario avrebbe dovuto chiedersi quali garanzie poteva dare una ditta che aveva un Capitale sociale di 10.000 euro». Perché il problema ora è anche un altro: che ne sarà dei 6 anni di Tfr accumulato da questi lavoratori?


«Uno di noi è in pensione da un anno e finora non ha visto un soldo. Noi i problemi li abbiamo avuti da subito, li abbiamo segnalati ma, nel frattempo, alla direzione del San Carlo si sono succeduti tre direttori e ognuno ha scaricato sull’altro il problema. Poi c’è stata la pandemia e questa è stata poi la scusa per qualsiasi cosa».


Dal 2005 a oggi sono tre le ditte che si sono aggiudicate il bando per la gestione dei servizi del bar del San Carlo. I contratti sono decennali ma le prime due ditte sono andate via dopo 5 anni: troppo oneroso il canone di locazione. La prima ditta pagava intorno ai 300.000 euro annui, la seconda 360.000. «E’ vero che c’è l’utenza, ma facendo una proporzione tra incassi e spese, alla fine non conviene». Per la Capital il canone è sceso a 260.000 euro annui. Ma il San Carlo non ha incassato 2 milioni e 200.000 euro. Con la speranza che non finiscano nello stesso calderone dei Tfr dei lavoratori che, intanto, restano in presidio anche oggi.

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