X
<
>

Condividi:
4 minuti per la lettura

MATERA – Probabilmente non ha retto al rimorso. Troppo intenso il dolore dell’anima, per la morte dell’amico di infanzia, all’esito di una lite furibonda per un motivo ancora non ben noto, e che forse non si conoscerà mai più. È morto lunedì nel policlinico di Bari, dopo più di venti giorni di agonia e un delicato intervento chirurgico, Antonio Favale, il netturbino di 44 anni, accusato di aver ucciso il 23 gennaio scorso in una stradina del centro storico di Rotondella, Christian Tarantino, ingegnere di 45 anni suo amico di una vita.


Favale era rimasto a sua volta seriamente ferito, con lo stesso coltellaccio con cui era stato ucciso l’amico. Quindi, dopo una lunga degenza nell’ospedale di Policoro, l’8 febbraio era stato trasferito nel reparto ospedaliero del carcere di Bari, dove era rimasto convalescente per circa cinque lunghi mesi, sorvegliato e vigilato. Da poco le sue condizioni di salute erano migliorate, tanto da essere trasferito in una cella ordinaria dello stesso carcere.

Lì, secondo una prima ricostruzione dei fatti, i primi giorni di agosto era riuscito a rompere uno specchio e con un grosso frammento di vetro si era praticamente sventrato da solo. Immediata la corsa al Pronto soccorso del policlinico di Bari, dove Favale era stato sottoposto a un primo delicato intervento chirurgico, con l’asportazione di parte dell’intestino, che era stato danneggiato in modo irreparabile dal profondo taglio. Ma le sue condizioni, nonostante tre interventi, sono apparse subito molto serie, fino a peggiorare progressivamente e finendo con il decesso, avvenuto lunedì nell’ospedale barese.


È il triste epilogo di una vicenda molto drammatica, che ha devastato la piccola comunità di Rotondella, dove i due giovani erano nati e cresciuti praticamente in simbiosi, con le abitazioni per tanti anni a poche decine di metri l’una dall’altra. Poi le loro strade si erano divise, pur restando sempre in grande amicizia.

La vittima, Tarantino, si era laureato in Ingegneria, poi si era sposato ed era diventato padre di due bimbi, tornando a vivere tra quei viottoli del centro storico di un paese di poco più di duemila anime, che guarda lo Jonio. Favale, che viveva con la madre, dopo aver perso di recente un fratello, aveva avuto una gioventù complicata anche sotto il profilo occupazionale. Da qualche tempo era stato ingaggiato nella ditta che gestisce la nettezza urbana in paese.

Nessuno, tra familiari ed amici dei due giovani, è riuscito a fornire elementi utili, per capire cosa abbia potuto scatenare quella lite furibonda, tra due persone che si erano volute sempre bene. Quella tragica mattina del 23 gennaio scorso a Rotondella c’era un clima gelido e una pioggia battente, ma nonostante questo i due amici si sono dati appuntamento in piazzetta De Andrè al rione Cervone, appartata e circondata da abitazioni vuote e un locale chiuso; le loro case non erano molto distanti dal luogo della tragedia, quindi avevano deciso probabilmente di doversi affrontare con urgenza, ma la ragione non si è mai saputa, perché Favale non ha mai collaborato con gli inquirenti. Il luogo è piuttosto isolato, lontano da “occhi indiscreti”, se non fosse per la telecamera di un’abitazione, la quale ha ripreso la folle corsa di Favale, che rincorreva Tarantino con il coltello in mano, ma non il luogo del delitto. Il dramma si sarebbe consumato in pochi minuti, forse un alterco ed è partita la fiamma: uno dei due (probabilmente Favale) avrebbe sferrato il primo colpo e poi tanti altri.

Tarantino è stato freddato da molti fendenti, ma forse potrebbe aver provato a difendersi prima di morire, perché anche Favale è stato dilaniato dalle coltellate, che però potrebbero essere state anche auto inferte. Il coltello ritrovato sul luogo del delitto è stato sempre uno solo; entrambi sono stati colpiti da quella stessa lama. I due corpi, uno già senza vita l’altro agonizzante, sono stati trovati a pochi metri l’uno dall’altro. Favale subì ferite profonde anche al collo ed al torace, oltre a quelle presumibilmente auto inflitte all’addome.

Quando i sanitari lo hanno soccorso, sembrava spacciato anche lui. Invece, dopo giorni di Rianimazione, è sopravvissuto alle ferite del corpo, ma evidentemente non a quelle più profonde nel suo animo; tanto che alla prima occasione propizia, quando nessuno evidentemente lo poteva fermare, è tornato ad infierire su di sè, riuscendoci.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE