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Mancano ancora alcuni atti da approvare, attività di estrazione e prove temporanee vietate nell’impianto

POTENZA – Finirà sui tavoli del ministero guidato dal vicepremier Luigi Di Maio il braccio di ferro avviato dalla Regione con Total sull’avvio delle prove di produzione di petrolio e gas del nuovo Centro olio Tempa Rossa, a Corleto Perticara.
Ieri mattina l’assessore regionale all’Ambiente Francesco Pietranuono ha reso noto che da via Anzio è stata inviata alla compagnia petroliera una formale diffida a sospendere le attività avviate lo scorso fine settimana, quando è stata avvistata per la prima volta anche la fiaccola di sicurezza che brucia i gas in eccesso prodotti durante la lavorazione del greggio appena estratto. Un bagliore fin troppo noto agli abitanti della vicina Viggiano, dove la fiamma dell’impianto Eni illumina da quasi vent’anni le notti dei residenti attorno all’impianto Eni.
La Regione ha chiesto a Total di fermare immediatamente l’entrata in esercizio del nuovo Centro olio, «anche in forma di prova temporanea», perché sarebbero state violate alcune prescrizioni contenute nell’autorizzazione integrata ambientale concessa dalla stessa Regione nel 2011 e da una delibera del 2012 del Comitato inteministeriale per la programmazione economica, a guida del Ministero per lo sviluppo economico, che dal 2006 ha attratto a sé buona parte delle competenze autorizzative del progetto Tempa Rossa, riconoscendovi un’interesse strategico nazionale. Quindi ha notificato al dicastero di Di Maio la diffida, «affinchè valuti ogni utile azione di competenza in virtù delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione Ministeriale del 24 agosto 2018», come sospendere o revocare il permesso alle prove di esercizio appena concesso.
I rilievi evidenziati da via Anzio riguarderebbero, in particolare, la mancanza di un accordo sul piano di monitoraggio dell’impianto, e sul piano di emergenza esterno, di competenza dela Prefettura, oggetto di un «tavolo tecnico» già fissato per il 14 settembre prossimo.
Sul primo, infatti, pesano i dubbi sulla definizione del cosiddetto “punto zero”, vale a dire le condizioni ambientali di partenza dell’area, imprescindibile per riuscire a misurare, in futuro, l’impatto delle attività industriali. Ma manca ancora un sistema collaudato di controllo delle emissioni, e nella delibera Cipe del 2012 si parla anche di monitoraggio «della sismicità naturale e/o indotta nell’area del giacimento petrolifero».
Ieri mattina, in una riunione con i dirigenti del dipartimeno Ambiente, sarebbe emerso che nessuna di queste prescrizioni sarebbe stata rispettata.
Ma Pietrantuono ha stigmatizzato «anche le modalità di comunicazione di Total che ha avviato le prove lo stesso giorno della nota», il 30 agosto.  
Le prove sono necessarie prima dell’entrata in attività completa dell’impianto ma non possono avvenire – è stato spiegato alla Regione – senza che tutti gli atti siano stati concordati e approvati.
Secondo il programma operativo comunicato da Total la fase di collaudo del Centro olio sarebbe dovuta durare 3 mesi avviando le estrazioni da uno solo dei 6 pozzi della concessione già perforati: il “Gorgoglione1”.
Nelle prossime ore è attesa la replica della compagnia.

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