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Per il Tribunale di Avellino si tratta di inibizioni che intaccano la libertà di stampa

AVELLINO – Sequestrare in via preventiva tutti i beni di un giornalista, del caporedattore dell’edizione lucana, del direttore responsabile e dell’editore del Quotidiano del Sud. Più un’inibizione giudiziaria alla pubblicazione di altri articoli in cui si parli di “complotto”, “patto scellerato” e “dossier” contro un pm della procura di Potenza. Ma anche soltanto “ricco risarcimento”. E’ quanto hanno chiesto con un ricorso cautelare “ante causam” alla II seconda sezione civile del Tribunale di Avellino, un giudice, Gerardina Romaniello, e il marito, Fausto Saponara, cardiochirurgo in servizio nell’ospedale San Carlo del capoluogo lucano.

Venerdì mattina si è svolta l’udienza, in cui il loro legale, Michele Napoli, ha ribadito le accuse ai giornalisti che da marzo hanno avviato una contro-inchiesta sulla morte di una donna in sala operatoria, a maggio del 2013. Di diverso avviso il Tribunale di Avellino, che stamane ha respinto le richieste delle due parti attrici.

Lo spunto della contro-inchiesta era stato un audio recapitato in forma anonima al Quotidiano (subito consegnato agli inquirenti), in cui si sentono marito e moglie a colloquio, nel luglio del 2014, con una giornalista, che ha registrato la conversazione di nascosto.

Assieme orchestrano una campagna stampa contro l’allora primario del reparto di Cardiochirurgia, Nicola Marraudino, la direzione ospedaliera del San Carlo e il governatore lucano Marcello Pittella.

L’intenzione era replicare a un provvedimento disciplinare ricevuto da Saponara, già in causa con l’azienda per danni da demansionamento. Per questo si accordano per far “passare” un caso di presunta “imperizia” in un omicidio “alla Marta Russo”, coperto dalla complicità di vertici aziendali e Regione.

Il medico spiega di aver registrato a sua volta, tempo prima, un collega cardiochirurgo, Michele Cavone (definito “un pazzoide”), mentre confessava di aver lasciato “ammazzare deliberatamente” la paziente dal primario. La moglie aggiunge che l’audio non è stato consegnato in procura, per non perdere la “gestione la prova”. Quindi entrambi lanciano accuse – infondate – sul pm titolare dell’inchiesta, per gli affari del marito fornitore di materiale sanitario, e si accordano con la giornalista sulla maniera di “depistare” i sospetti anche sull’autore delle lettere anonime da cui era partita l’inchiesta.

Nell’audio si parla di mettere “una cravatta” al governatore lucano, e di una sponda da cercare al Ministero della salute, nella persona del sottosegretario lucano Vito De Filippo, per “buttare a mare Pittella e company”. Infine il giudice si offre di aiutare la giornalista con la cronaca giudiziaria al termine dell’operazione (“al Riesame ho tutte le carte della procura”).

Per il Tribunale di Avellino la richiesta di un’inibizione a nuove pubblicazioni è inammissibile perché si tradurrebbe “in una tutela censoria preventiva contraria all’ordinamento costituzionale stesso (art. 21), in quanto direttamente incidente in senso negativo sulla libertà di stampa”. Quanto all’audio recapitato in forma anonima al Quotidiano e da questi pubblicato, l’ordinanza rovescia l’assunto dei ricorrenti evidenziando: “che quella che viene ripetutamente definita dai ricorrenti come “corpo di reato”, è piuttosto la mera documentazione di una “notizia di reato”, che l’organo di stampa ha, di sua iniziativa, contestualmente alla pubblicazione, doverosamente trasmesso all’autorità giudiziaria inquirente per le valutazioni di competenza”. Né si può parlare della sua indebita diffusione “non potendosi negare (tra l’altro, ndr) la rilevanza della notizia e l’interesse pubblico alla sua conoscenza, in ragione delle funzioni istituzionali degli interlocutori e del contenuto della conversazione stessa”.

A ottobre del 2014, al culmine della campagna mediatica partita con la pubblicazione della confessione di Cavone, si dimise la direzione ospedaliera e vennero arrestati il primario, il suo secondo operatore e lo stesso Cavone, questi ultimi tuttora a processo per omicidio colposo.

In seguito alla contro-inchiesta del Quotidiano risulta aperto al Csm un fascicolo per incompatibilità ambientale a carico del giudice, che intanto da presidente del Tribunale del riesame ha ottenuto il trasferimento al civile. Inoltre è stata avviata un’indagine a Catanzaro, sede competente per le indagini sui magistrati lucani.

L’accusa principale mossa ai giornalisti del Quotidiano è di ricettazione per aver pubblicato l’audio della “contro-registrazione”, e le notizie contenute al suo interno, anche dopo che è ne stato denunciato il furto, nei giorni successivi ai primi articoli.

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