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Il governatore Marcello Pittella; lui è il fratello Gianni, eurodeputato, non sono indagati

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In un’intercettazione l’imprenditore e Bocchino parlano dei Pittella e del modo di arrivare alla Stazione unica appaltante di via Anzio

POTENZA – Puntava alle commesse della Stazione unica appaltante della Regione Basilicata l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo. E secondo il suo consulente, nonché ex deputato di An Italo Bocchino, la maniera migliore per farlo sarebbe stata tramite i Pittella, perché a via Anzio «decide solo ed esclusivamente» Marcello, e l’unico a cui darebbe ascolto è il fratello Gianni che «è più di alto livello». 

E’ quanto emerge dalle registrazioni effetuate dagli investigatori dei carabinieri del Noe nell’ambito dell’inchiesta coordinata dal pm Henry John Woodcock sul colosso partenopeo dei servizi per la gestione di strutture pubbliche, in particolare le pulizie.

La notizia sugli appetiti lucani dell’imprenditore originario della provincia di Caserta è emersa durante le perquisizioni effettuate mercoledì in uffici e abitazioni di diverse delle sue società e dei suoi più stretti collaboratori. Stando a quanto scriveva ieri Repubblica Napoli, al vaglio degli investigatori ci sarebbero ancora numerose intercettazioni, incluse quelle dei «“fluviali” colloqui» tra Romeo e Bocchino, in cui quest’ultimo, a proposito della Basilicata, rappresenterebbe all’imprenditore che «abbiamo il sindaco sia a Matera che a Potenza che sono ex An». Quindi gli riferisce di aver saputo da uno di loro che l’unica maniera per arrivare alla Stazione unica appaltante era attraverso i Pittella, e in particolare il governatore, considerato «un pochino più aggressivo» del fratello europarlamentare. 

Né Marcello né Gianni Pittella risultano iscritti sul registro degli indagati, e il primo ieri stesso a smentito di aver mai avuto contatti con Bocchino o contatti con Romeo per gare d’appalto.

Woodcock indaga sugli affari dell’imprenditore napoletano in Basilicata

Per Woodcock, l’imprenditore napoletano sarebbe stato a capo di una vera e propria associazione a delinquere che attraverso la corruzione, e la turbata libertà degli incanti avrebbe mirato ad «appalti e commesse inerenti ai lavori di pulizia (ed altri servizi connessi), di gestione di patrimoni immobiliari di pubbliche amministrazioni ovvero inerenti ai lavori di costruzione e ristrutturazione di complessi alberghieri di lusso». Ma si sarebbe avvalsa anche di false fatturazioni per costituire una provvista di denaro in nero «per pagare tangenti e conferire utilità».

Inoltre Romeo è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa perché avrebbe provveduto «all’assunzione (o comunque al mantenimento in essere del rapporto di lavoro) di alcuni soggetti intranei ai suddetti clan camorristici, o comunque legati da rapporti di parentela con gli stessi, ai quali veniva garantita una regolare retribuzione pur non adempiendo gli stessi regolarmente alle prestazioni lavorative dovute, rapporti di lavoro (e retribuzioni) attraverso i quali la Romeo Gestioni spa, e il suo titolare, garantiva consapevolmente uno “stabile” ed indebito introito ai menzionati clan camorristici ottenendone in cambio “protezione”, condizionando, peraltro, il mercato del lavoro».

Tra gli elementi raccolti dagli investigatori a suo carico ci sono anche diversi pizzini dove appuntava con le iniziali i beneficiari delle sue generose “dazioni”, recuperati in discarica dopo che erano stati velocemente fatti sparire.

Quindi le intercettazioni con l’ex deputato Bocchino che avrebbe stipulato con Romeo un contratto di consulenza, per un ingente importo mensile.

L’ex deputato: «Abbiamo i sindaci sia a Potenza che a Matera che sono ex An»

 

I rapporti tra i due sono evidenziati in più punti del provvedimento dei pm di Napoli, i quali ritengono che l’esponente politico abbia dato «indicazioni a Romeo su quando e come pagare e su come compiacere i rappresentanti della “cosa pubblica” con denari e altre utilità».

Una ipotesi accusatoria che ieri Bocchino ha smentito con fermezza: «Notizie prive di fondamento – ha dichiarato – . Escludo nella maniera più categorica di aver discusso con Alfredo Romeo nei termini riferiti. Il mio rapporto con Romeo è stato ed è assolutamente trasparente».

La documentazione relativa alla consulenza affidata all’ex parlamentare non sarebbe stata tuttavia rinvenuta dagli investigatori.

L’ex deputato e l’imprenditore avrebbero «passato in rassegna e descritto con dovizia di particolari le modalità con le quali hanno approcciato e gestito svariate gare di appalto in tutta Italia (da Palermo, a Napoli, dalla Basilicata a Roma…)». Sostendono ancora i pm senza svelare per intero le loro carte. «Facendo i nomi e i cognomi dei soggetti espressione della “cosa pubblica” con i quali hanno intrattenuto rapporti con le solite costanti modalità».

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