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POTENZA – Trent’anni di carcere, ridotti a venti per la scelta del rito abbreviato. E’ una condanna “monstre” quella pronunciata venerdì scorso nel processo di primo grado a carico dell’ex custode del cimitero monumentale di Potenza, Vito Vaccaro, accusato di falso e corruzione per aver gestito almeno una ventina di compravendite illegali di loculi all’interno della struttura.

Il gup Lucio Setola ha rivisto al rialzo di quasi 3 volte e mezzo la richiesta di 6 anni di reclusione avanzata in aula dalla pubblica accusa. Un verdetto che assomiglia a un atroce contrappasso per l’ex custode 61enne, che ora rischia di restare sepolto in una cella più di tanti stupratori e assassini condannati in via definitiva.

Contattato dal Quotidiano del Sud, l’avvocata Francesca Sassano, che difende Vaccaro, ha spiegato di attendere le motivazioni della sentenza, ma ha già annunciato la «giusta impugnazione» in Appello.

Alla base del calcolo compiuto dal gup, infatti, ci sarebbe il mancato riconoscimento di un unico disegno criminoso dietro ai vari episodi di corruzione contestati all’ex custode del cimitero in relazione ad ognuno dei loculi smerciati illegalmente. Sicché piuttosto del cumulo giuridico degli stessi, che consente di aumentare fino al triplo la pena prevista per il reato più grave contestato, le condanne per i singoli reati sarebbero state sommate in maniera aritmetica arrivando ai 30 anni, scontati di un terzo per la scelta del rito abbreviato.

Vaccaro è accusato di aver intascato 32mila euro di mazzette in soli 6 mesi di sorveglianza da parte degli agenti della Squadra mobile di Potenza, che documentarono i passaggi di denaro piazzando microfoni e telecamere nel suo ufficio all’ingresso del cimitero monumentale.

Stando a quanto emerso dalle indagini l’ex custode, che nel 2017 era finito in carcere per questa vicenda, si sarebbe messo a disposizione di chi non si rassegnava a seppellire il caro estinto nel nuovo cimitero, nella periferia del capoluogo, ed era disposto a pagare fino a 14mila euro, e chi pensava di monetizzare i loculi di cui era concessionario nel vecchio.

Il meccanismo escogitato prevedeva di aggirare il divieto di compravendita di loculi e il regolamento comunale che dall’apertura del nuovo cimitero proibisce ulteriori concessioni in quello vecchio. Il tutto sfruttando le due sanatorie adottate dal Comune nel 1998 e nel 2015, per provare a mettere in regola, dietro pagamento di una penale, i traffici consumati negli anni precedenti.

Vaccaro, in particolare, avrebbe offerto contratti di compravendita “in bianco”, retrodatati a un periodo utile per rientrare nei 2 condoni. Poi avrebbe prodotto materialmente pratiche di sanatorie mai avvenute, riutilizzando marche da bollo dell’epoca, e fotocopiando la firma del dirigente responsabile. Quindi avrebbe inserito il tutto negli archivi dell’amministrazione, in maniera che a un controllo superficiale le carte risultassero in regola.

Vaccaro è stato condannato anche al risarcimento delle parti civili costituite, vale a dire il Comune di Potenza, rappresentato in aula dall’avvocato Leonardo Pace, e Giancarlo Grano, ex dirigente della stessa amministrazione assistito da Gianpaolo Carretta.

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