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POTENZA – «Io non ho nulla da temere e sono molto tranquillo. Mi auguro solo che la magistratura faccia presto chiarezza su questa vicenda».
Si trincera dietro queste parole Mario Araneo, il segretario del governatore Vito Bardi finito in qualche modo al centro della maxi inchiesta dei pm di Potenza sulla mala politica lucana.


Araneo, per un periodo tra i più stretti collaboratori anche dell’ex governatore Vito De Filippo, risulta indagato per due distinte associazioni a delinquere finalizzate alla turbativa nella scelta del contraente. La prima col direttore generale del dipartimento Salute della Regione, Ernesto Esposito, e Nicola Timpone, direttore artistico del Marateale, il festival del cinema della Perla del Tirreno. E la seconda con l’ex governatore Marcello Pittella, il segretario di quest’ultimo, Biagio Di Lascio, l’imprenditore potentino Maurizio De Fino (titolare di importanti appalti di servizi per la Regione), e il noto avvocato potentino Raffaele Cristalli De Bonis. Lo stesso De Bonis da cui ha avuto origine il fascicolo d’indagine coordinato dal procuratore capo Francesco Curcio e dal pm Vincenzo Montemurro. Di qui il sospetto che sia stato proprio lui, Araneo, a traghettare le attenzioni degli investigatori della squadra mobile di Potenza dalla vecchia alla nuova amministrazione regionale guidata da Bardi.


Il nome del segretario del governatore, a ben vedere, sarebbe arrivato sulla scrivania degli inquirenti con un’informativa depositata il 17 ottobre del 2019, che è il giorno dell’arresto di De Bonis in quanto referente di un presunto sistema di «collusioni fra pubbliche amministrazioni, professionisti e imprenditori» che sarebbe ruotato attorno al suo studio legale. Sei mesi dopo la proclamazione di Bardi in Tribunale, con al fianco proprio il fedelissimo Araneo.


All’interno dell’informativa in questione si tratteggia l’esistenza di una delle associazioni a delinquere in questione, che sarebbe quella con Pittella, affianco a una turbativa d’asta commessa da De Bonis, De Fino e «persone da identificare». Ma il mese successivo risulta depositata un’informativa integrativa con un’ulteriore ipotesi di turbativa d’asta a carico del solo Araneo. Poi, a gennaio del 2020, è arrivata in procura una nuova maxi-informativa col grosso delle restanti ipotesi d’accusa (in totale una cinquantina). Inclusa la seconda presunta associazione a delinquere.


Contattato dal Quotididano del Sud, all’indomani dell’annuncio di Bardi di un suo possibile allontamento, Araneo non ha voluto aggiungere alcunché in merito alle contestazioni, dicendosi del tutto all’oscuro anche dei collegamenti sviluppati dagli investigatori con più di qualcuno dei suoi presunti complici.


Nell’inchiesta dei pm di Potenza risultano indagati, tra gli altri, anche 2 dei 5 assessori regionali della giunta Bardi, i forzisti Franco Cupparo (attività produttive) e Rocco Leone (sanità), il capogruppo azzurro in Consiglio regionale, Francesco Piro, il direttore generale del dipartimento Salute della Regione, Ernesto Esposito, e il suo omologo dell’azienda ospedaliera regionale San Carlo, Giuseppe Spera. Quindi i sindaci di Lagonegro, Maratea, Ruoti e San Severino Lucano: Maria Di Lascio, Daniele Stoppelli, Anna Scalise e Franco Fiore. Due di estrazione di centrodestra, e due centrosinistra. E ancora il senatore Salvatore Margiotta (Pd), già sottosegretario ai Trasporti del governo Conte II, l’ex governatore Pittella (sempre Pd), e il suo ex segretario particolare, Di Lascio.


Per Leone, che ha già chiesto di essere sentito dai pm, le accuse parlano di concussione, induzione indebita, più corruzione e turbativa d’asta in concorso col senatore Margiotta, la non ancora sindaca di Lagonegro Di Lascio (eletta a settembre 2020), i due fratelli Francesco e Vincenzo Piro, sempre di Lagonegro, un funzionario comunale del centro valnocino, Lorenzo Buldo, e un paio di costruttori della zona.


Accuse pesanti anche per Cupparo che potrebbe essere costretto a difendersi da un’ipotesi di concussione e da un’altra di turbativa nella scelta del contraente in concorso col lagonegrese Piro.


Su quest’ultimo, infine, pesa non poco lo scambio elettorale politico-mafioso per cui risulta indagato in concorso con la sindaca Di Lascio, l’ex sindaco di Lagonegro Domenico Mitidieri (ex Pd da anni più vicino a posizioni di centrodestra), e un ex collaboratore della sua segreteria politica, Tonj Borreca. Affianco ai loro nomi, infatti, compare in qualità di concorrente del reato un compaesano già noto alle cronache locali come Biagio Riccio. Lo stesso Riccio, di mestiere macellaio, già condannato a 4 anni e 4 mesi di reclusione per gli attentati con finalità estorsive messi a segno, tra il 2013 e il 2014, ai danni di alcune ditta al lavoro sull’autostrada Salerno – Reggio Calabria.


Estorsioni aggravate dal metodo mafioso, secondo l’imputazione arrivata a processo, che però è stata rivista dal Tribunale escludendo proprio l’aggravante dell’articolo 416 bis.

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