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POTENZA – L’ex direttore generale del San Carlo, Massimo Barresi, avrebbe avuto l’abitudine di registrare le conversazioni più importanti coi suoi interlocutori della Regione Basilicata. Come l’assessore regionale e il direttore generale del Dipartimento Salute, Rocco Leone ed Ernesto Esposito. Registrazioni che in più di un’occasione avrebbe detto di voler consegnare ai magistrati se le cose avessero preso una brutta piega. Proprio come poi è avvenuto.


E’ questo l’incubo ferragostano che tormenta le notti infuocate di molti degli indagati illustri della maxi inchiesta dei pm di Potenza sulla mala politica lucana. Uno squarcio profondo nella trama del nuovo potere di via Verrastro, a tre anni di distanza da un altro terremoto giudiziario, che fermò la corsa per il secondo mandato dell’ex governatore Marcello Pittella (Pd), propiziando la vittoria del centrodestra alle elezioni del 2019.


Contattato dal Quotidiano del Sud, l’avvocato di Barresi, Clemente Delli Colli, ha parlato di «segreto istruttorio», e non ha voluto commentare le notizie sulle circostanze denunciate ai pm dal suo assistito. Né le indiscrezioni sugli audio che sarebbero stati recapitati agli inquirenti, assieme a una cospicua documentazione, a riprova delle ingerenze dei vertici regionali nella gestione dell’azienda ospedaliera.


Ma negli uffici amministrativi del San Carlo sono in tanti a ricordare certe frasi pronunciate a mo’ di avvertimento dall’ex dg, nominato a sorpresa a dicembre del 2018 dalla governatrice facente funzioni, Flavia Franconi, durante il periodo di sospensione dall’incarico di Pittella, che era finito agli arresti domiciliari 6 mesi prima nell’ambito dell’inchiesta materana sui concorsi truccati nella sanità. Come pure in Regione, ai vertici dell’assessorato alla Salute, più di qualcuno si sarebbe accorto di qualcosa che non quadrava nell’atteggiamento ostentato da Barresi in concomitanza con gli incontri convocati per decidere le questioni più spinose.


Se poi a questo si aggiunge il proverbiale carattere di Leone, non nuovo a esuberanze verbali, e la violenza della rottura consumatasi la scorsa estate con l’ex dg, è chiaro che i presupposti per una resa dei conti giudiziaria ci sono tutti.
Al vaglio del procuratore capo di Potenza, Francesco Curcio, e del pm Vincenzo Montemurro, vi sarebbero, in particolare, alcune vicissitudini legate all’ospedale di Lagonegro, polo periferico dell’azienda ospedaliera regionale San Carlo dal 2018 assieme ai nosocomi di Melfi e Villa d’Agri. Vale a dire il progetto per la costruzione di una nuova struttura ereditato dall’amministrazione Pittella e già abbandonato in favore di una serie di interventi di ammodernamento dell’esistente.
Per questa vicenda risulterebbero indagati per un’ipotesi di abuso e di omissione d’atti d’ufficio Leone, il direttore generale in carica del San Carlo, Giuseppe Spera, che già prima del suo attuale incarico si era occupato a lungo dei progetti per l’ospedale di Lagonegro, e un consigliere regionale del centro valnocino, che è stato tra i maggiori sostenitori dell’ammodernamento dell’esistente, il capogruppo di Forza Italia Francesco Piro. Su altre questioni, però, potrebbero essere stati avviati accertamenti in tempi più recenti. Motivo per cui le ipotesi d’accusa formulate dovrebbero restare coperte da segreto istruttorio ancora per qualche mese.


Durante il periodo in cui Barresi è rimasto in carica all’azienda ospedaliera, del resto, momenti di tensione interni e coi vertici della Regione ce ne sono stati diversi. Sia in occasione dell’assegnazione di primariati importanti che nella gestione dell’emergenza sanitaria innescata dal covid 19. Fino allo strappo consumatosi nelle aule del Tar, dove la giunta regionale quasi al completo (con la sola astensione dell’assessore ai Trasporti Donatella Merra) ha deciso di scaricare il dg, rinunciando – in sostanza – alla difesa della legittimità della sua nomina dal ricorso presentato dallo stesso Spera.


A rendere ancora più temibile la “vendetta” di Barresi, comparso una prima volta davanti ai pm pochi mesi dopo la decadenza come direttore generale decisa dal Tar, c’è poi la circostanza per cui le sue rivelazioni si innesterebbero su un quadro già delineato con un certo livello di dettaglio dagli investigatori. Sicché potrebbe rivelarsi un testimone formidabile anche per descrivere un contesto complessivo in cui nei confronti di un assessore come Leone risultano ipotizzati anche un episodio di concussione e un episodio di corruzione e turbativa d’asta in concorso con Piro, il fratello Vincenzo, in senatore Pd Salvatore Margiotta, la non ancora sindaca di Lagonegro Di Lascio (eletta a settembre 2020), un funzionario comunale del centro valnocino, Lorenzo Buldo, e un paio di costruttori della zona. Mentre il direttore generale Esposito rischia un processo per associazione a delinquere assieme al segretario del governatore Bardi, Mario Araneo. Proprio lui che dopo essere finito nel radar dei pm per i suoi presunti rapporti con Pittella e il noto avvocato potentino Raffaele Cristalli De Bonis, già indagati per altre vicende, avrebbe condotto involontariamente lo sguardo degli investigatori sulle dinamiche del nuovo potere regionale. Coi risultati ormai noti.


Una cinquantina di indagati a vario titolo, tra i quali anche l’altro assessore regionale forzista, Franco Cupparo, diversi imprenditori lucani di primo piano, la sindaca di Lagonegro, e i suoi omologhi di Maratea, Ruoti e San Severino Lucano: Daniele Stoppelli, Anna Scalise e Franco Fiore. Più almeno altrettanti capi d’imputazione provvisoria, per accuse che vanno dall’ abuso d’ufficio alla turbativa d’asta, passando per la corruzione e persino lo scambio elettorale politico-mafioso.
Quanto basta, insomma, per dinamitare l’amministrazione regionale in carica e quella almeno 4 comuni lucani. Sempre che gli inquirenti decidano di non archiviare tutto e vadano in fondo alla questione senza accontentarsi di un semplice processo, chiedendo arresti e misure cautelari proporzionate rispetto alla gravità dei reati contestati.

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