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La piazza-giardino del progetto vincitore

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POTENZA – Il concorso di idee per trasformare il Covo degli Arditi – vinto da un architetto veneto con un progetto che prevede ben due “piazze-giardino” – punta i fari su una zona di Potenza che sarebbe dovuta diventare un unicum mondiale.

Con il Progetto Ophelia una coppia di progettisti d’eccellenza – l’ingegner Giuseppe Quaroni e l’architetto Marcello Piacentini – intendeva realizzare ai primi del Novecento il più grande manicomio mai costruito. Un intero quartiere, quello di Santa Maria, sarebbe divenuto un esperimento di psichiatria a dir poco all’avanguardia. I degenti psichiatrici non sarebbero stati brutalmente rinchiusi nelle celle che la pubblicistica manicomiale italiana ci ha fatto conoscere, ma avrebbero avuto a disposizione parchi, ville, una fattoria in cui lavorare la terra e botteghe che avrebbero fatto parte integrante della terapia e non solo della progettazione architettonica e urbanistica.

Lo scoppio della Prima guerra mondiale, l’incapacità dell’ente Provincia – che pure aveva voluto quel progetto chiamando le due grandi firme – a trovare i fondi necessari fecero naufragare presto il piano originario. Furono realizzati alcuni corpi ospedalieri – che diverranno davvero parti di un manicomio, conosciuto come “Don Uva” – ma senza più quell’obiettivo futuristico fortemente voluto da Quaroni e Piacentini.

In particolare, la piazza da cui partiva la galleria che avrebbe portato sotterraneamente a tutti gli edifici previsti fu trasformata in pieno Ventennio in una sorta di museo del Fascio – dal nome di Covo degli Arditi – e più tardi in autorimessa della Provincia. Oggi l’area è parecchio degradata.

Ed ecco l’idea del concorso bandito dalla Cgil – che lo chiama “call per la rigenerazione urbana” – all’interno del progetto Luumi (Laboratorio urbano umano in materia di innovazione). La premiazione dei progetti ha fatto emergere tutte le potenzialità di quell’angolo quasi dimenticato del capoluogo.

Tutti gli elaborati sono frutto dello studio che i professionisti hanno fatto dell’intero rione. Il progetto vincitore è di Luca Zecchin, architetto nato a Piove di Sacco e residente ad Arzegrande (Pd). Zecchino ritiene che la galleria dal grande ingresso semicircolare sia «un potente dispositivo relazionale urbano» e debba diventare un “Creative urban center”, collegando piazza Romagna (si chiama così, lo sanno pochi potentini) a nord con via Lazio a sud. Il suo ragionamento si dispiega sui manufatti esistenti, su alcuni innesti architettonici e su ben precisi dispositivi paesaggistici per «rimuovere i segni di degrado e contrastare quelli di dissesto».

Da una parte (via Lazio) una piazza-giardino inclinata verso un ambiente dalla luminosità naturale, ingresso per raggiungere la parte opposta, la piazza-giardino davanti al Covo degli Arditi. All’interno spazio per il coworking (spazio comune per lavoratori indipendenti), sale per conferenze. Fuori tanto verde: graminacee a bassa manutenzione (come il penniseto dai colori tenui e la festuca gialla), essenze di ippocastano, cedro e acero campestre.

Questo – per sommi capi – il sogno che ha colpito la giuria, composta dall’urbanista e docente dell’Unibas Beniamino Murgante; dall’architetto Michele Graziadei che a Potenza ha presieduto l’ordine ed è stato anche assessore alla Programmazione, assetto del territorio, riqualificazione urbana; da Donatella Zotta per il Comune, da Gabriella Bulfaro della Provincia, dal formatore Luigi Catalani e dal segretario organizzativo Cgil Enzo Iacovino.

Ma anche gli altri progetti hanno spunti interessanti. Quello degli architetti potentini Emma Allegretti e Paolo Cantisani vedono in prospettiva un «hub culturale, nodo di interscambio di pensiero e relazioni per un gruppo di fruitori caratterizzati da mixitè sociale, generazionale e culturale». Molto verde ma anche dieci parcheggi. Un «asse centrale» per le aree circostanti. E dentro, un «foyer» per la bibliomediateca, per il teatro Principe di Piemonte e per il Museo provinciale. Un sacco di tecnologia: proiettori laser per immagini in 4k e per il suono un «impianto Beosound Shape».

Cosimo De Angelis e Antonella Maria Norberta Distilo, lui accetturese lei calabrese, architetti operanti a Potenza, notano che «pur essendo presenti su entrambi i lati della via tratti di marciapiedi alberati, non esiste uno spazio destinato a rappresentare, soprattutto per il contesto residenziale, un luogo di sosta e di aggregazione all’aria aperta».

Da qui nasce la loro proposta che vuole valorizzare l’area marginale e costruire una cerniera urbana funzionale.

Anche Giuliana Liscio, architetto di Potenza, parla esplicitamente di «abbandono e degrado». E per questo intende «creare un polo culturale, un vero network di cultura e conoscenza», pensando a «spazi contrassegnati e identificabili, ma sempre permeabili». Soluzioni per prevenire l’umidità di risalita, una luce calda e dorata per i locali interni e, all’esterno, «piccole strutture modulari, trasformabili».

Carmen D’Andrea di Potenza, unico ingegnere fra i partecipanti, si concede un pensiero lirico, auspicando che l’opera «sia fonte di dialogo fra il passato e il presente». Covo degli Arditi ha funzione di attraversamento del quartiere e la piazza diventa un «mercato polivalente». C’è un ascensore (trasparente) per i disabili, fontane, gazebo mobili. Conclude con una precisa tabella con i costi voce per voce.
Infine Ilde Marino e Gabriele Becattini (lei di Potenza lui di Firenze, attivi entrambi nel capoluogo toscano) che vogliono «recuperare la consapevolezza del valore architettonico-tipologico del sito». Anche loro due a immagini poetiche sono messi bene: «Piazzale Romagna si apre naturalmente protesa ad abbracciare quella che un tempo era aperta campagna». La «forma, che invita e accoglie, sarà mantenuta ed enfatizzata da coni visivi». Spazio espositivo plurivalente, una reception, pannelli sospesi a cavi d’acciao, sculture in teche autoilluminanti.

Cogliendo fior da fiore tra i sei progetti si coglie un comune denominatore: la possibilità di fare di quell’angolo disperso della città un punto di ritrovo. Dalla Cgil fanno sapere che torneranno alla carica con le istituzioni perché l’idea non finisca nel proverbiale cassetto.

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