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Il laboratorio di microbiologia del San Carlo

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LATRONICO (POTENZA) – Ieri mattina Fausto De Maria, sindaco di Latronico, si era sfogato via social per l’attesa del tampone al familiare dell’unico paziente positivo al Coronavirus del borgo termale.

La notizia risale a due settimane fa e ad essere contagiato era stato un lavoratore proveniente dal Brennero. Lo stesso è in isolamento insieme, appunto, al familiare convivente che, da allora, ancora non è stato sottoposto al test. Tuttavia, dal momento della pubblicazione del post, De Maria è stato informato prima che il tampone sarebbe stato fatto a entrambi martedì prossimo e nel pomeriggio, dopo che lo sfogo aveva già ricevuto l’attenzione mediatica, il primo cittadino latronichese ha ricevuto la buona notizia che il familiare sarebbe stato sottoposto al tampone nella giornata di oggi.

Restano, comunque, i 14 giorni trascorsi dal momento della comunicazione della positività del paziente.

Sindaco, innanzitutto ci conferma che, fortunatamente, entrambi stanno bene e non hanno sintomi?
«Sì, per fortuna stanno benissimo e, chiaramente, questo mi dà grande sollievo. Ma l’ansia è comunque tanta perché, se ricordate, la positività risale ormai a 14 giorni fa e al familiare convivente non è ancora stata data la possibilità di fare il tampone. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se, nel frattempo, il familiare avesse accusato sintomi. Non voglio essere polemico ma, dopo tante telefonate e sollecitazioni anche da parte dell’ufficiale sanitario, credo che qualcosa non vada bene. Bisogna intervenire con velocità e non agire così alla leggera».

Il tampone al familiare dovrebbe, quindi, essere fatto oggi, ma si aspettava tempi così dilatati?
«I primi giorni non ho esercitato troppe pressioni poiché capivo le difficoltà. Ma 14 giorni di attesa sono tanti e mi pare difficile opporre una tesi difensiva in grado di spiegare come mai sia trascorso così tanto tempo. Arrivati a questo punto, si potrebbe addirittura pensare che abbiano dimenticato di fare il tampone al familiare del nostro paziente».

Come si sente un sindaco, che già deve fronteggiare questa terribile emergenza, ad essere, in pratica, nella condizione di dover quasi elemosinare un tampone?
«Ci si sente fortemente preoccupati. In questa situazione non ho nemmeno calcato troppo la mano perché non siamo in presenza di sintomi. Ma se fossero comparsi? Subentra quasi una sorta di rassegnazione. Stiamo anche attendendo che ci arrivino i test rapidi e speriamo che, venendo dall’estero, la burocrazia non ci rallenti troppo. Ma lo abbiamo fatto pure per dare una mano perché gli asintomatici che escono dall’isolamento possono rappresentare un veicolo di contagio».

Per quanto siano su molto differenti dai tamponi, lei ha puntato molto sui test.
«Con i test riusciamo a capire in appena dieci minuti se siano stati sviluppati gli anticorpi. L’uso che voglio farne io è differente, poiché voglio che vi siano sottoposti coloro che sono stati 14 giorni in isolamento in quanto provenienti da zone a rischio. Dopo un simile lasso di tempo, gli anticorpi o si sono sviluppati o non si sono sviluppati. Ovviamente, qualora risultasse positivo potrei chiedere il tampone e posso imporre di allungare l’isolamento».

Sta ricevendo pressioni da parte dei cittadini?
«Chiaramente mi chiedono notizie in continuazione e mi trovo in grossa difficoltà a dover rispondere su un tampone atteso per due 2 settimane. Ribadisco che non voglio fare polemica ma dare una mano. Dobbiamo capire insieme come aggiustare quello che non funziona, in modo che non si ripetano le nostre esperienze».

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