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POTENZA – Le ferie se le fanno gli altri, non chi per una vita ha messo da parte i soldi, sperando in una pensione più serena.
Gli azionisti della Banca popolare di Bari – parliamo di circa 70.000 persone – per il momento sono gli unici ad averci rimesso tutto nel fallimento dell’Istituto. E non sono serviti il commissariamento, il cambio dei vertici: loro non rientrano in nessun piano di salvataggio. E’ stata solo fatta una proposta – rimandata al mittente immediatamente – in cui si proponeva di restituire qualche spicciolo solo a chi versava in condizioni economiche o di salute particolarmente gravi. Poi più nulla.
E allora si prova ad alzare il tiro.


Proprio in questi giorni è possibile firmare (su change.org) una petizione on line per chiedere il “Rimborso agli azionisti e obbligazionisti della Banca Popolare di Bari”. La petizione, in poche ore, è già arrivata a quasi 400 firme.


«La Popolare di Bari – spiegano gli azionati del Comitato indipendente che ha lanciato la petizione – è stata posta in amministrazione straordinaria da parte della Banca d’Italia che, il 16 2019, ha esautorato gli organi in carica nominando commissari straordinari Enrico Aiello e Antonio Blandini. Contestualmente è stato pubblicato il Dl 142/19 relativo alle misure urgenti per il sostegno al sistema creditizio per il mezzogiorno e per la realizzazione di una banca d’investimento, il cosiddetto “Decreto salva Bpb”. Ad oggi né nel decreto legge e suoi allegati, né nelle audizioni della commissione finanza né in alcun documento ufficiale governativo è stato fatto riferimento su come ristorare gli azionisti “truffati” senza ombra di dubbio. La stragrande maggioranza dei 70.000 azionisti della BpB non sono investitori/speculatori così come la legge li classifica detenendo tali titoli; sono risparmiatori (padri e madri di famiglia) coinvolti con raggiro nell’acquisto di prodotti finanziari azionari inadeguati, ingannati da informazioni truffaldine fornite da “compiacenti” dipendenti della banca, i quali, da fiduciari pluriennali, rassicuravano personalmente di essere titoli “liquidi” facilmente smobilizzabili dalla stessa banca (titolo non quotato), in breve tempo, in denaro contante in caso di necessità».


A conferma – dicono gli azionisti – che si è trattato di una truffa a tutti gli effetti, ci sono le centinaia di sentenze a favore dell’Arbitro delle controversie finanziarie, «nonché le motivazioni che hanno comminato le sanzioni di qualche milione di euro ai vertici della BpB da parte della Consob, confermate successivamente dal Tribunale di Bari in appello».


Ciò che si chiede al governo italiano è «di porre rimedio a tale ennesimo scempio finanziario, dando un forte segnale all’opinione pubblica nella tutela del risparmio tradito degli italiani», istituendo un fondo per rimborsare gli azionisti truffati (tipo Fir – Fondo indennizzo risparmiatori); rimborso attraverso decisioni arbitrali individuali; riconoscimento del diritto di recesso, attualmente sospeso, ma previsto dalle leggi vigenti, secondo una forma appropriata e ad un valore congruo e condiviso».

Insomma, azioni necessarie non solo per restituire il maltolto, ma anche per restituire a questi cittadini la fiducia in uno Stato che loro avvertono come nemico.

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