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Il centro storico di Potenza

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POTENZA – «Serve un piano di rigenerazione urbana». E’ quanto sostiene Angelo Lovallo, vice presidente di Confcommercio Potenza, che nei giorni scorsi ha partecipato alla presentazione dell’Avviso pubblico “sostegno al rilancio, allo sviluppo e all’innovazione delle attività produttive e delle professionalità con sede operativa nella città di Potenza”.

La sua disamina parte dal centro storico potentino a cui sono destinati parte dei 7.300.000 euro previsti dalla misura. «Secondo i dati dell’Ufficio Studi della Confcommercio sulla Demografia di impresa delle città italiane, tra il 2012 e il 2020 a Potenza hanno chiuso 96 esercizi commerciale di cui 66 nel centro storico e 30 in altre aree della città. In controtendenza bar e ristoranti: sono infatti più di 20 quelli aperti nel centro storico e 58 nelle altre zone del capoluogo. Dalle città italiane sono sparite, complessivamente, oltre 77mila attività di commercio al dettaglio (-14 per cento) e quasi 14mila imprese di commercio ambulante (-14,8 per cento); aumentano le imprese straniere e diminuiscono quelle a titolarità italiana; a livello territoriale, il Sud, rispetto al Centro-Nord, perde più ambulanti, ma registra una maggiore crescita per alberghi, bar e ristoranti. Sempre a Potenza gli esercizi commerciali al dettaglio in attività nel centro storico erano 437 nel 2012 per scendere a 392 nel 2018 sino agli attuali 371; nel “non centro storico” sono passati da 479 (2012) a 462 (2018) sino agli attuali 449. Il rapporto tiene conto del saldo cessazioni-nuove attività in quanto altrimenti il fenomeno “serrande abbassate” soprattutto nel centro storico sarebbe numericamente più consistente».

Da una parte «tiene in una qualche misura la numerosità dei negozi di base come gli alimentari (-2,6 per cento) e quelli che, oltre a soddisfare bisogni primari, svolgono nuove funzioni, come le tabaccherie (-2,3 per cento); significativi sono invece i cambiamenti legati alle modificazioni dei consumi, come tecnologia e comunicazioni (+18,9 per cento) e farmacie (+19,7 per cento), queste ultime diventate ormai luoghi per sviluppare la cura del sé e non solo quindi tradizionali punti di approvvigionamento dei medicinali».

Dall’altra i settori merceologici sono in rapida discesa: «si tratta dei negozi dei beni tradizionali che si spostano nei centri commerciali o, comunque, fuori dai centri storici che registrano riduzioni che vanno dal 17 per cento per l’abbigliamento al 25,3 per cento per libri e giocattoli, dal 27,1 per cento per mobili e ferramenta fino al 33 per cento per le pompe di benzina».

Da qui la convinzione che i nuovi investimenti «non sono sufficienti senza un urgente piano di rigenerazione urbana con l’obiettivo centrale di rilanciare i valori identitari della città e quindi tutti i servizi rivolti non solo ai residenti ma all’intera comunità regionale».

Secondo Lovallo «bisogna preservare le attività che rendono viva una città. Tra queste spiccano i negozi di vicinato, il cuore pulsante dei centri urbani. Proprio per questo Confcommercio ha lanciato a Natale 2020 e lo ripeterà per il prossimo Natale l’iniziativa “Compro sotto casa perché mi sento a casa”, schierandosi al fianco degli acquisti nei negozi di quartiere. La campagna sottolinea l’importanza sia sociale che antropologica delle attività di quartiere, che contribuiscono a dare vita alle città».

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