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Il segretario generale di metalmeccanici lancia l’allarme dal palco di piazza Don Bosco per la IV festa della Cgil lucana, dopo la notizia della cassa integrazione per gli oltre 1000 dipendenti della linea dell’utilitaria Fiat

POTENZA – “Una nuova politica industriale per una nuova Basilicata. La sfida per il domani: innovare l’industria, qualificare il lavoro, cambiare la Basilicata”. Questo il tema del convegno finale della festa della Cgil Potenza e della Cgil Basilicata che si è tenuto in piazza Don Bosco. Convegno, coordinato dalla giornalista Nunzia Penelope, che ha visto il confronto tra Alessio Gramolati responsabile nazionale politiche industriali Cgil, Enrico Rossi presidente della Regione Toscana, Leopoldo Nascia economista, Ugo Salerno amministratore delegato Rina, Pasquale Lorusso presidente Confindustria Basilicata, Maurizio Landini segretario generale Fiom e Giandomenico Marchese, dirigente delle Politiche del lavoro della Regione Basilicata. Ma “La sfida per il domani” stando a quanto denunciato dal palco da Maurizio Landini, sembra ardua alla luce, soprattutto, di quanto potrebbe accadere nello stabilimento Fca di Melfi.  Rispetto a quanto sta accadendo alla Fiat «servono – ha detto il segretario generale della Fiom – nuovi modelli e purtroppo questo dato sta venendo fuori non solo a Melfi, ma anche Pomigliano e a Mirafiori» perché «in quasi tutti gli stabilimenti siamo in presenza di cassa integrazione e contratti di solidarietà e questo dovrebbe essere quello di cui il governo dovrebbe preoccuparsi, tanto più se in queste ore abbiamo letto sui giornali che il gruppo ha deciso di portare tutte le sue sedi fuori dall’Italia. Trovo singolare che il governo continui a pensare che questo sia il modello utile per il nostro Paese».

«Credo che la Punto – ha aggiunto – purtroppo sia in una fase finale. Tra l’altro il modello che potrebbe essere alternativo lo sta costruendo il gruppo in Turchia. Quindi da un certo punto di vista la sensazione è che per la Punto siamo solo all’inizio di una cassa integrazione e i numeri sono molto precisi: l’85% delle auto viene prodotto fuori dagli stabilimenti che assemblano. Qui si pone un problema per Melfi, per la Basilicata e per tutto il Paese rispetto alla produzione dell’automobile e il fatto che siano stati messi tanti soldi nostri sul Jobs Act, mentre la Fiat si è intascata milioni di euro e ai lavoratori gli viene ridotto stipendio, ciò significa che queste sono le conseguenze del Jobs Act, una legge sbagliata e che va cambiata». E in riferimento al Job acts «emerge la contraddizione con la cassa integrazione. Si sono investiti molti soldi, la Fiat e l’Fca hanno avuto molti contributi, milioni di euro per le assunzioni con i Jobs Act e adesso siamo alla cassa integrazione che tra l’altro prevede una riduzione di stipendio ai lavoratori, gli unici a rimetterci ancora una volta. Questo pone un problema di prospettiva perché da un alto si è sbandierato ai quattro venti che si erano fatte tante assunzioni, dall’altro centinaia di lavoratori sono stati trasferiti in altri stabilimenti e più di 1.000 persone sono in cassa integrazione con gli effetti che questo potrà avere anche sull’indotto. Se quindi guardiamo in termini di prospettiva, si pone un problema di investimenti». Più ottimista Angelo Summa, segretario generale Cgil Basilicata.

IL PETROLIO E GLI ALTRI TEMI «E’ ripartendo dalle politiche industriali – ha detto – che si può ricostruire un tessuto imprenditoriale e una prospettiva per il lavoro dei nostri territori e del Mezzogiorno d’Italia». Una nuova «politica industriale in Basilicata significa anticipare i processi di innovazione e ricerca per rendere le aziende produttive ancora più competitive. Significa ripensare alle politiche industriali costruendo una prospettiva di sviluppo sostenibile che guardi ai cambiamenti in atto a partire proprio dalle politiche energetiche e dalla costruzione di una transizione energetica che va definita ora, in questo tempo, prima della naturale decadenza dell’odierna attività estrattiva. In quest’ottica vogliamo porci alla guida di un nuovo programma industriale generale per la Basilicata e per il Mezzogiorno, da condividere con le parti sociali e con le istituzioni, poiché siamo la regione che più di ogni altra contribuisce al fabbisogno energetico del Paese, che più di ogni altra paga un prezzo in termini di mancata compensazione ambientale, che più di ogni altra si propone in chiave baricentrica per quanto riguarda il futuro dell’energia ed il supporto che la stessa darebbe all’industria e alle politiche sociali (ci riferiamo alle royalties), all’università e ai sistemi conoscitivi. Dopo il Patto per il Lavoro dobbiamo proseguire su questa strada».

Nel recente referendum sulle trivelle «abbiamo sostenuto dalla Basilicata – continua – le ragioni del sì, poiché convinti che per fare sviluppo e garantire la salute dei cittadini e la sostenibilità dell’ambiente, sia necessario puntare su strategie di ampio respiro, su investimenti in innovazione e ricerca. La nostra iniziativa si pone in assoluta coerenza con il percorso e la scelta fatta al referendum, ponendo in chiave problematica la materia ambientale, nell’ottica di coniugare crescita occupazionale e difesa ambientale, come anche l’agenda Onu per il 2030 invita a fare, organizzando imprese e territori verso uno sviluppo industriale sostenibile. Si può pensare che l’Eni investa in tecnologie associate ai servizi ed alla mobilità? Nell’ottica di un graduale passaggio alla decarbonizzazione, si può pensare di coniugare la meccanica e l’elettronica associata alla mobilità elettrica? Di coniugare, insomma, i grandi assi dello sviluppo lucano, Fca ed estrazione di idrocarburi? Noi pensiamo che questo significhi operare scelte ragionate e di lungo respiro. Bisogna giocare di anticipo sui cambiamenti, superare le politiche liberiste e far sì che Stato ed enti locali abbiano voce in capitolo sul futuro dei territori».

«Noi crediamo – ha concluso il segretario – che sia giunto il momento, e non soltanto per le emergenze che sono venute alla luce con le ultime inchieste giudiziarie, di raccogliere la sfida del futuro e di impiantare in Basilicata ed in Val d’Agri il più grande campo di sperimentazione delle migliori tecnologie a supporto della produzione di energia, avanzando alle parti sociali ed ai territori coinvolti la proposta di un nuovo piano industriale, muovendo per tempo e con anticipo verso un nuovo ed alternativo modello di sviluppo e produzione, oltre la naturale decadenza delle odierne attività».

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