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POTENZA – La misteriosa lista “L’altra Italia” presentatasi anche quest’anno, per la seconda volta consecutiva, a Carbone, e in tanti altri piccoli comuni della penisola. Una truffa: «in quanto gran parte dei soggetti ivi riportati era ignaro della propria iscrizione ovvero disconosceva del tutto il movimento politico e le relative sottoscrizioni».
E’ quanto scoperto, nei mesi scorsi, dai finanzieri del Comando provinciale di Padova, che hanno avviato un’indagine dopo i servizi dedicati dalla trasmissione televisiva “Striscia la notizia” al caso “candidopoli”. Vale a dire i sospetti sulla presentazione di false liste elettorali per le elezioni comunali in piccoli comuni.


L’inchiesta, coordinata dalla procura della Repubblica di Rovigo, ha portato all’esecuzione, ieri mattina, di sette misure cautelari personali nei confronti dei vertici di “L’altra Italia”, considerato «un movimento politico emergente nel panorama nazionale».
Le fiamme gialle, infatti, hanno accertato che nelle elezioni nei comuni padovani di Barbona (nel 2019) e Vighizzolo d’Este, (nel 2020) il movimento politico aveva presentato liste di candidati formate da persone che, nella maggioranza dei casi, erano state iscritte, a loro insaputa.
Le indagini sono state quindi estese ad ulteriori 21 comuni in cui il movimento politico aveva presentato, nel settembre 2020, i propri candidati nelle province di Alessandria, Asti, Belluno, Bergamo, Campobasso, Catanzaro, Cosenza, Genova, Imperia, Isernia, Perugia, Pisa, Potenza, Savona, Vibo Valentia e Vicenza, tutti con una popolazione inferiore ai 1000 abitanti.
Gli investigatori avrebbero sentito oltre 100 candidati, compiuto perquisizioni e acquisito un’ampia documentazione nelle commissioni circondariali elettorali in 23 comuni.


Tutto falso. Questa è stata la loro conclusione. Sia le liste elettorali e che la documentazione di supporto. La gran parte dei “candidati”, infatti, sarebbero stati ignari della propria iscrizione nella lista e non conoscevano il movimento politico.
I “candidati”, residenti principalmente nel Foggiano e nel Leccese, hanno dichiarato di non essersi mai recati nelle province di Padova e di Rieti per apporre le proprie firme, e di non aver mai incontrato gli ufficiali autenticatori. Inoltre, nei giorni in cui sono avvenute le autentiche di firma, si trovavano altrove.
In lista erano stati iscritti persino ultra ottantenni o persone con forti disabilità fisiche, presentati per la nomina a consigliere comunale in località distanti migliaia di chilometri dalla propria residenza.
Alcuni di questi candidati inconsapevoli, quindi, dopo essere stati eletti a loro insaputa, avrebbero successivamente rifiutato la carica, mettendo il comune a rischio di commissariamento. Un po’ come avvenuto proprio a Carbone, l’anno scorso, quando il candidato de “L’altra Italia” venne sconfitto da quello di un’altra lista composta da non residenti “Liberi e onesti”, che però al momento di insediarsi si dimise. Consegnando il Comune al commissario prefettizio e alle nuove elezioni, che si terranno tra poco più di una settimana.


L’obiettivo principale del movimento, per gli inquirenti, era quello di presentare candidature in piccole comuni dove vi era una buona probabilità di eleggere un proprio rappresentante per ottenere poi una visibilità nel paese in modo da far accrescere il consenso per le successive consultazioni elettorali.
I finanzieri di Este hanno quindi segnalato alla procura di Rovigo i 15 principali responsabili 7 dei quali sono stati raggiunti da un provvedimento restrittivo, tra cui il fondatore e segretario nazionale del movimento, Mino Cartelli, due pubblici ufficiali autenticatori, e due dirigenti del movimento.
In attesa degli sviluppi giudiziari, la lista “L’altra Italia” presentata all’inizio del mese a Carbone, con il candidato sindaco Saverio Siorini da San Giovanni Rotondo, dovrebbe restare regolarmente in corsa.

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