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L'Azienda ospedaliera regionale San Carlo di Potenza

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POTENZA – Trasferita da un ufficio all’altro del San Carlo all’indomani della visita all’azienda ospedaliera della sorella, la consigliera regionale Dina Sileo, al fianco del senatore Pasquale Pepe.
E’ quanto accaduto martedì a Lucia Sileo, assistente amministrativo in servizio all’ufficio Prevenzione e protezione, che si è vista rispedire dopo meno di 5 mesi all’ufficio Provveditorato/economato.
Nella lettera, datata 8 ottobre, con cui le viene comunicato il ritorno alle mansioni precedentemente svolte il direttore amministrativo del San Carlo, Maria Acquaviva, parla in maniera molto sintetica di «esigenze di servizio dovute alla carenza di personale a seguito dell’accesso al trattamento di quiescenza di altre unità amministrative».

Ad alimentare più di qualche sospetto, però, c’è la tempistica ravvicinata con la visita di appena 24 ore prima nella sede centrale del San Carlo, a Potenza, da parte della sorella e del resto della delegazione leghista guidata dal senatore Pepe. Una visita dall’evidente significato simbolico dopo una lunga serie di lamentele sull’operato del direttore generale Massimo Barresi. Tanto più che soltanto la scorsa settimana, in una riunione di maggioranza, il Carroccio aveva rinnovato la richiesta al governatore Vito Bardi di risolvere il suo contratto (sottoscritto dalla vecchia giunta regionale ben oltre la scadenza del termine naturale della legislatura).

Durante gli incontri tra il senatore, la consigliera e gli operatori in servizio all’interno della struttura non erano mancati momenti di evidente imbarazzo con Barresi. A un certo punto, in particolare, i due esponenti politici avrebbero chiesto esplicitamente al direttore generale di smettere di seguirli per consentire loro di raccogliere le opinioni del personale senza condizionamenti legati al timore di possibili ritorsioni da parte sua.

Che quel clima di ritorsioni denunciato da più parti potesse materializzarsi attorno alla sorella della consigliera Sileo, però, nessuno poteva immaginarlo. Tanto più che a maggio, quando Dina era in procinto di entrare in Consiglio (se non direttamente in giunta come assessore regionale esterno), era stato il direttore generale in persona a “raccomandare” che l’istanza di trasferimento dal provveditorato all’ufficio Prevenzione e protezione di Lucia Sileo fosse accolta.

«Si comunica che la signoria vostra, secondo quanto rappresentato dal direttore generale in calce alla stessa nota di richiesta è assegnata all’Unità operativa servizio di prevenzione e protezione». Così scriveva il 2 maggio, nero su bianco, il direttore dell’ufficio Risorse umane del San Carlo.

Evidentemente all’epoca era impossibile prevedere quelle «esigenze di servizio» legate all’«accesso al trattamento di quiescenza di altre unità amministrative». Come pure l’assedio che a distanza di qualche settimana il Carroccio, da partito di maggioranza all’interno del centrodestra in Regione, avrebbe stretto attorno al dg, portandosi dietro anche buona parte di Forza Italia e in ultimo persino l’assessore regionale alla Salute, Rocco Leone, che nei mesi scorsi aveva sempre difeso il suo operato.

Le ultime bordate a Barresi erano arrivate martedì in Consiglio regionale proprio da Dina Sileo, praticamente in contemporanea al trasferimento della sorella.

«Vorrei ricordare che l’attività ispettiva è una prerogativa di ogni consigliere regionale e che io, in ottemperanza al mandato del quale mi hanno investito i lucani, eserciterò sempre nell’esclusivo interesse di rendere un servizio migliore e degno ai cittadini. Fine che, in quanto rappresentante legale dell’azienda ospedaliera, dovrebbe perseguire lo stesso Barresi». Queste erano state le sue parole per replicare ad alcune indiscrezioni che davano il dg particolarmente irritato per le incursioni di osservatori all’interno dell’azienda ospedaliera.

«Le mie visite presso i presidi ospedalieri della Basilicata – aveva aggiunto la consigliera regionale leghista – continueranno».

l. a.

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