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POTENZA – Dipendenti che rischiano di restare senza stipendi e scambi di accuse tra i reduci sulle responsabilità per aver lasciato il partito – per anni – nelle mani di chi non ha avuto scrupoli a seguire l’ex premier Matteo Renzi nella sua nuova avventura.

E’ stato un “giorno dopo” da psicodramma quello dei democratici lucani seguìto all’annuncio di adesione a Italia Viva dell’ex segretario regionale Mario Polese e del consigliere regionale Luca Braia. Nonostante l’ex governatore Marcello Pittella, dopo aver risposto a sua volta al richiamo della decima edizione della kermesse nell’ex stazione Leopolda di Firenza, abbia preso ancora qualche ora per formalizzare in suo approdo nel nuovo partito.

Ad agitare i democratici lucani ci sono le conseguenze concrete del passaggio di 3 dei 4 consiglieri regionali eletti con la “cosa” renziana. Tolto il loro contributo economico e quello del deputato Vito De Filippo (fondatore del gruppo di Italia viva alla Camera), infatti, paiono ridotte al lumicino le possibilità di mantenere in servizio i due dipendenti attualmente contrattualizzati dal Pd lucano. Come pure di riavere una sede regionale dopo l’abbandono di quella di Rione Lucania.

A tentare di risollevare gli animi, ieri mattina, c’ha provato l’unico consigliere regionale rimasto fedele al simbolo con l’ulivo, Roberto Cifarelli, che ha paragonato la scissione renziana a quella di chi seguì Roberto Speranza in Articolo Uno due anni fa.

«Protagonismi ed incompatibilità personali a Roma come a Potenza sono state le vere ragioni che hanno determinato gli eventi». Ha dichiarato Cifarelli. «Argomenti pretestuosi e sbagliati (…) E allora, per tutti quelli che come me non hanno mai pensato di cambiare bandiera, si apre ora una stagione inedita, inaspettata, stimolante ed entusiasmante (…) Personalmente lavorerò a questa fase rifondativa con lo spirito servente che ha sempre caratterizzato la mia vita politica; intensificherò la presenza sui territori e cercherò in Consiglio regionale (rimasto solo) di rappresentare ancor di più il Partito Democratico con dignità ed onore».

Quasi immediata la replica dell’ex consigliere regionale Piero Lacorazza che, dopo aver ripreso la tessera del Pd abbandonata per contrasti sul vecchio corso del partito in Basilicata, ha rinfacciato a Cifarelli, già assessore della giunta Pittella e sostenitore di Polese all’ultimo congresso regionale, le sue «ambiguità».

«Chi va via ha consentito un’esperienza di governo, la tua esperienza di governo negli ultimi anni». Ha ricordato Lacorazza. «Sono coloro contro i quali ti sei dimesso (?) da capogruppo perché non accettavano la diversità delle idee. Sono coloro che ti hanno utilizzato come stampella per evitare di stare alla politica e al merito. Facendo di ogni congresso (vinto con un utilizzo del potere molto accentuato e mi fermo qui) violenza di regole e di risultati. E tu caro Roberto, pur rinnovando la tessera del Pd, sei stato dentro questo assetto politico».

L’ex consigliere regionale ha chiamato in causa anche la scelta del commissario regionale appena indicato dalla direzione nazionale del partito, il “lottiano” Dario Stefano, e i due segretari provinciali, Maura Locantore e Claudio Scarnato, che restano in carica benché «frutto di un vecchio equilibrio» dominato da chi è appena andato via con Renzi. «Un eletto è senza vincolo – ha poi concluso – ma anche Cifarelli è dentro quell’equilibrio».

Dura anche Vittoria Purtusiello, che allo scorso congresso regionale si era candidata senza successo contro Polese, per cui: «la Leopolda ha fatto un po’ di chiarezza su cosa era diventato il Pd Basilicata».
«Un partito di capetti che hanno determinato la peggiore sconfitta del centrosinistra». Ha aggiunto Purtusiello. «E adesso? Chi è rimasto ed era parte di quel patto di potere pensa di poter ricominciare come se nulla fosse! Beh… sbaglia di grosso».

A lei ha risposto il senatore e sottosegretario ai trasporti Salvatore Margiotta, ormai ex renziano e molto vicino al neo-comissario regionale Stefano.

«La cosa più sbagliata, quando si subisce una scissione che in Basilicata potenzialmente – più potenzialmente che realmente – pesa più che in altre parti, e soprattutto quando si esce da sconfitte elettorali disastrose, sarebbe innescare liti tra chi rimane. Apriamo stagione nuova», ha dichiarato Margiotta.

«Non esistono patenti, ancor meno se autoattribuite, di purezza». Ha aggiunto ancora Margiotta sempre su Twitter. «Poi, certo, delle disastrose sconfitte porta più responsabilità chi ha guidato i processi. Ciò non comporta automaticamente che chi era in minoranza abbia proprietà taumaturgiche o palingenetiche…»

Il sottosegretario ha rintuzzato anche Purtusiello per le sue aspirazioni a un «partito nel quale rimani tu e pochi altri: contenta che molti se ne siano andati, agli altri chiedi di farsi da parte».

«Non accadrà – ha aggiunto -: rimarremo in tanti, nasceranno nuove sintonie, e nuove maggioranze. È la politica. Né imposizioni, né acredini, né velleitarismo». Infine ha invitato tutti ad accogliere il nuovo commissario regionale «non in clima di guerra, ma di collaborazione costruttiva».

«Abbiamo un tempo medio-lungo senza competizioni tali da ingenerare conflitti interni». Ha proseguito Margiotta. «Utilizziamolo per buona politica, per fare opposizione alle destre, non a noi stessi».
Ieri non sono mancate anche le prime schermaglie con gli ormai ex compagni di partito.

Ad accenderle è stato Braia che si è detto «felice» per le frasi sul tempo dei «signori delle tessere» rimasto alle spalle pronunciate dal palco della Leopolda.

Prevedibile la replica di Purtusiello e Cifarelli sulle «signore delle tessere» riferita alla cognata Maria Antezza. Ed è solo l’inizio perché all’orizzonte ci sono gli schieramenti per le amministrative nella città di Matera.

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