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Il tarallo della sposa di San Paolo Albanese e la Pitta di Calvera

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IL FUTURO sarà pure la farina hi-tech ricavata dagli insetti, ma il presente – con le radici ben piantate nel passato – sono i prodotti tipici. Di cui la Basilicata non è certo sprovvista.
Si è da poco allungato, infatti, l’elenco dei Pat, i Prodotti agroalimentari tradizionali italiani made in Basilicata, che in totale diventano 149: sono 14 i nuovi prodotti riconosciuti dal Mipaaf, il ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Di alcuni non si trova traccia neanche sul web – è il motivo per cui in questa pagina non ci sono tutte le foto abbinate alle singole eccellenze –, una dimostrazione che non sempre, per esistere bisogna esserci in internet: “bastano” decenni di tradizioni sedimentate ai fornelli o nell’orto…

Nel ventesimo aggiornamento dell’elenco nazionale, pubblicato sul supplemento ordinario n. 9 della Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20 febbraio scorso, ben 9 dei 14 Pat di nuovo inserimento sono stati segnalati dall’Alsia, l’Agenzia lucana di sviluppo e innovazione in agricoltura, alla Regione Basilicata, e da questa al Ministero: Cece rosso, Cece tondino e Farina di cece di Latronico, Cipolla bianca di Francavilla, Nastruss e Pitta di Grandinii di Calvera, Cuccìa nojese (ovvero di Noepoli), Tarallo della sposa di San Paolo Albanese, Insalata gialla e rossa di Castronuovo di Sant’Andrea. Nell’elenco c’è anche la revisione della Shtridhla di San Paolo e San Costantino Albanese, vero e proprio caposaldo della cucina arbereshe.
Gli altri Pat lucani riconosciuti sono: Olive secche sott’olio o Olive seccate di Cornacchiola e Olio di Cornacchiola (Vietri di Potenza), Nuglia di Laurenzana, U’ frrcidd o ferricello di Viggiano e il Mir cutt (Lavello).

I PARAMETRI MIPAAF – Nel registro nazionale – un elenco istituito dal ministero nel 2000 – i prodotti sono distinti in base alle seguenti tipologie: bevande analcoliche; distillati e liquori; carni fresche e loro preparazione; formaggi; prodotti vegetali allo stato naturale trasformati; paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria; prodotti della gastronomia; preparazioni di pesci; molluschi e crostacei e tecniche particolari di allevamento degli stessi; prodotti di origine animale (miele, prodotti lattiero caseari di vario tipo, escluso il burro). I prodotti devono essere «ottenuti con metodi di lavorazione, conservazione e stagionatura consolidati nel tempo, omogenei per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore ai 25 anni»
Su proposta delle Regioni, l’aggiornamento periodico dell’Elenco nazionale viene effettuato dal Mipaaf, che ne cura anche la promozione in Italia e all’estero.

IL «FRRCIDD» DI VIGGIANO – Tra le paste fresche fatte in casa, il cosiddetto frrcidd’ (ferricello) viggianese è stato inserito, su richiesta del Comune di Viggiano e della Regione Basilicata, nella lista dei Pat e, quindi, riconosciuto come peculiarità del territorio valligiano, «espressione del patrimonio culturale italiano». Dal 2017 il ferricello di Viggiano, che vanta origini antiche, è anche un prodotto a marchio De.Co. (Denominazione comunale), grazie a un disciplinare che attribuisce i riconoscimenti qualitativi definendo le regole che ogni produttore deve rispettare affinché il prodotto possa fregiarsi della denominazione».

LA «NUGLIA» DI LAURENZANA – Il prelibato prodotto tipico della cucina laurenzanese, a base di carne di suino, è stato inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali (Pat). Ma che cos’è la “nuglia” e come viene preparata? È un salume di carne suina, esclusivo di Laurenzana. La preparazione costituisce un unicum culinario: durante la macellazione, il costato e parte del sottopancia del maiale vengono tagliati in pezzi di circa 20-30 centimetri di lunghezza e 4-5 centimetri di spessore. La carne viene, poi, speziata con sale, aglio, macinato di peperone e finocchietto selvatico in quantità variabili. Un ruolo fondamentale per il prestigioso riconoscimento della “nuglia laurenzanese” l’ha avuto il compianto storico locale Gaetano Cantisani, cui è stata intitolata l’associazione “Nuglia di Laurenzana”, autentico custode di antichi saperi e sapori che ha fato confluire ne “La Nuglia Lucana”: l libro che non solo ricostruisce la storia di questo prodotto locale, ma rappresenta la prima proposta per il riconoscimento ottenuto.

L’OLIVA CORNACCHIOLA DI VIETRI – La “Cornacchiola” è un tipo di oliva presente sul territorio di Vietri di Potenza “Città dell’Olio” dove tutte le famiglie del posto possiedono almeno qualche decina di piante di ulivo: l’olio di Cornacchiola e le olive seccate della pianta, sono entrati a far parte dell’elenco stilato dal Ministero. «La speranza – è stato sottolineato durante una recente iniziativa nel centro alle porte di Potenza – è che questo importante risultato possa stimolare la diffusione della varietà Cornacchiola negli uliveti del territorio e, insieme, contribuire a far conoscere la bontà delle olive seccate realizzate secondo la ricetta vietrese». La resa in olio della Cornacchiola è elevata, e la sua raccolta è consigliata per gli inizi di novembre, onde prevenire danni dovuti ad attacchi da mosca e per mantenere elevate le caratteristiche qualitative degli oli. E’ un tipo di oliva resistente a stress abiotici, sensibile alla mosca e occhio di pavone, meno alla rogna. L’olio si presenta dalle caratteristiche compositive e sensoriali interessanti.

IL POTENTINO FA IL PIENO – In una regione dalla ricca biodiversità e con prodotti a marchio (Pane di Matera, Fagioli di Sarconi, Peperoni di Senise, Lucanica di Picerno e Canestrato di Moliterno Igp; Pecorino di Filiano, Olio extravergine di oliva Vulture, Melanzana rossa e Fagiolo bianco di Rotonda Dop; vini Matera, Grottino di Roccanova, Terre dell’Alta Val d’Agri e Aglianico del Vulture Doc), i nuovi ingressi nell’elenco dei Pat sono tutti del Potentino.
L’enclave arbereshe è rappresentato dalla Shtridhla, pasta fresca che si ritrova con qualche variante lessicale e procedurale dall’altra parte del versante del Pollino, sulla sponda cosentina del massiccio che divide Calabria e Basilicata.
L’area sud c’è anche con Calvera, doppiamente presente con il suo “nast russ” nell’ambito ortofrutticolo e la pitta dalla ricetta ancestrale. E se Francavilla in Sinni risponde con la sua cipolla bianca, Castronuovo Sant’Andrea propone la sua insalata con il pomodorino giallo costoluto.
A proposito di ricette primordiali, a Noepoli il piatto a base di grano cotto si trova addirittura ai piedi della statua di Santa Lucia nella Chiesa madre: come dire che la pignatta simbolo del 13 dicembre è qualcosa di sacro.

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