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La sociologa potentina Antonietta Di Lorenzo

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Antonietta Di Lorenzo: «È il paese col maggior tasso di donatori di organi»

POTENZA – Massimizzare solo i vantaggi della propria famiglia ristretta, e pensare che tutti gli altri si comportino alla stessa maniera: questo in sintesi è o sarebbe il familismo amorale “scoperto” da Edward Banfield, il fattore che porta inevitabilmente all’arretratezza.

Controverse le critiche a questa teoria, che il sociologo americano spiega nel suo libro “Le basi morali di una società arretrata”.

In realtà io continuo sposare insieme a tanti altri la tesi che Banfield, ipotizzata a tavolino la sua teoria, individuò in Chiaromonte il posto giusto per “ambientarla”. Magari anche raccogliendo suggerimenti che giovavano ad opportunità di politiche internazionali degli Usa in quel periodo, Banfield  mise piede su terra di Chiaromonte, per “dimostrare”, non per “studiare” e poi “elaborare”, come da decenni si millanta!

E ci sono persone ancora oggi, a più di 60 anni di distanza, che seppur meno conosciute di studiosi e giornalisti di fama, continuano a fornire elementi che rendono sempre più deboli le tesi di Banfield.

Una sociologa potentina con radici chiaromontesi,  per esempio: Antonietta Di Lorenzo, che ha discusso la sua tesi “Arcipelago donazioni” laureandosi a Salerno in “Sociologia e politiche per il territorio” nel 2013.

“Il mio studio si è concentrato sulla donazione degli organi a livello sia europeo che nazionale. Restringendo il mio campo d’azione, sono andata a cercarmi i dati riguardanti la Basilicata. L’elemento clamoroso che ho portato in discussione di laurea è stato il dato registrato a Chiaromonte, un paese di poco meno di 2.000 abitanti nel 2013, che fece registrare il più alto numero di donazioni per milioni di persone, lo 0,57 per cento ha detto sì alla donazione degli organi”.

Le obietto che il dato nel frattempo potrebbe essere cambiato, ma… inutilmente: ”Sì, il dato della tesi di laurea è di tre anni fa, ma adesso la situazione è ulteriormente migliorata, non in maniera eccessiva, ma sempre in crescita”. Allora cerco conferma a quel che mi balena nella mente e chiedo conforto a lei che è una sociologa: ma quindi stai parlando di “altruismo”, e magari pure “etico” in contrapposizione alle teorie che vanno in senso opposto? E lei convinta mi risponde: ”Salta gli occhi questa notizia perché negli anni ’50 E. Banfield definì Chiaromonte un paese con uno stigma che si porta dietro, il familismo amorale. Erano  quelli degli studi di Banfield una Chiaromonte, una Lucania ed un Sud Italia di fine anni ’50 in cui i bisogni erano diversi, i sacrifici da fare e sopportare erano tanti, si era usciti da poco, dopo la prima, da una seconda guerra mondiale che aveva fiaccato animi ed economie: il giusto humus per alimentare la teoria del “familismo amorale”. Se si riflette su bisogni e situazioni sociali del momento, ci si rende facilmente conto che quel familismo era invece più che morale”.

Questo significa che la teoria è da smontare? “Probabilmente” dice. E continua: ”Uscivamo da due guerre mondiali, è normale che si cercava di racimolare quel che era possibile in primis per se stessi e per i propri cari”. Ma Banfield parlava essenzialmente di bisogni materiali, derivanti però da profondi atteggiamenti e convinzioni interiori che di materiale avevano ben poco. Come si fa a dimostrare questa sorta di essenza discordante da quella che Banfield aveva erto a bandiera delle sue teorie? Antonietta Di Lorenzo risponde: “Quando ho toccato dopo gli altri il tasto delle donazioni, io mi sono posta la domanda: ma perché questo dato così alto rispetto ad una bassa popolazione? La risposta sta in un episodio particolare. C’è stato un incidente nel 1995 in cui Rosella Lupia, una ragazza di Valsinni, morì e la madre e il padre di lei  donarono i suoi organi. In virtù di questa cosa è nato il “fenomeno Rosella”, sia a Valsinni che a Chiaromonte. A Chiaromonte perché la madre era ostetrica presso l’Ospedale San Giovanni: la popolazione, per solidarietà nei suoi confronti, iniziò a sottoscrivere disponibilità alle donazioni: altro che familismo amorale! E Valsinni, non indenne dagli studi di Banfield come tutto il resto del Sud, è stato il paese che ha fondato la prima sede Aido della Basilicata perché il padre di Rosella è originario proprio di Valsinni”.

Il sociologo salernitano Alessio Colombis, profondo conoscitore e studioso delle tesi di Banfield che non ha mai condiviso, uno tra i suoi più convinti oppositori, ha dichiarato tempo fa che “Parlare ancora oggi del “familismo amorale”, senza prenderne le distanze, significa continuare a diffondere un grave pregiudizio nei confronti della popolazione chiaromontese e lucana in genere, che, rispetto alle altre del Mezzogiorno, era – ed ancora oggi in gran parte rimane – non solo priva di criminalità organizzata, se non eventualmente di importazione, ma anche più genuina e più vicina allo spirito comunitario, e cioè a quell’insieme di valori e principi di reciprocità e socialità che devono essere presenti almeno a un certo livello per riuscire a creare e a tenere legata una comunità, cioè un insieme sociale composto non solo da individui, famiglie e gruppi, ma anche dalle istituzioni locali, che dovrebbero essere finalizzate al sostegno e alla promozione di giuste relazioni sociali, istituzioni da apprezzare solo se gli individui che in esse operano agiscono a vantaggio di tutti i membri della comunità e non solo dei più forti e ai danni dei più deboli”.

Niente familismo amorale, quindi, non solo per gli aspetti materiali, ma proprio e di più per quelli morali, e grande solidarietà a dispetto delle americanate di un tempo che ancora qualcuno tramanda e diffonde. Ciò non toglie però che il familismo amorale esista davvero, solo che va ricercato altrove.

E Isaia Sales scrive in proposito “(…) D’altronde collocare nella propria scala di affetti e di interessi i familiari prima degli estranei non è una cosa moralmente necessariamente sanzionabile, né tanto meno chi lo fa è (agli occhi della pubblica opinione ndr) necessariamente un pessimo cittadino. I Bush padre e figli sono stati presidenti degli Stati Uniti; la famiglia Kennedy è stata una specie di dinastia politica; Clinton e la moglie hanno occupato per anni la scena politica americana; in Italia gli Agnelli hanno trasmesso il potere sulla Fiat da quattro generazioni.

Ma l’Italia non è solo gli Agnelli, e infatti Rodolfo Guzzi riporta anche in altri ambiti la stessa teoria, e scrive: “(…) altri autori hanno ripreso in tempi recenti questo concetto e basta guardare alla società italiana per capire che essa è fortemente permeata di familismo amorale. In un articolo di Sergio Rizzo sul Corriere della Sera si fa un elenco dei figli e parenti che stanno in Parlamento, non come parlamentari, ma con cariche operative. Inoltre Basta guardare ai figli e parenti dei baroni universitari e in particolar modo di quelli di Medicina per rendersi conto che tutta la nostra società ha adottato da tempo il metodo del familismo amorale: lo sguardo si può estendere all’intero sistema fino ai più piccoli anfratti della struttura pubblica italiana. Finanche il primo ministro  oramai viene cooptato, non eletto: ne abbiamo avuti tre negli ultimi anni, alla faccia del popolo sovrano”. 

Angelomauro Calza

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