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di BATTISTA SANGINETO
IL GRANDE vecchio del giornalismo italiano ha tuonato, dall’alto del suo pulpito domenicale, contro i no-Tav e, in particolare, contro gli studenti dell’Università della Calabria, rei – forse secondo un sondaggio in suo possesso – di essere fra i più contrari a questa grande opera. Scalfari, vibonese d’origine, si chiede come sia possibile che i giovani calabresi non riversino la loro ostilità sull’ormai evidente degrado morale e amministrativo della propria classe dirigente invece che sull’alta velocità. Insiste nel dire che dovrebbero esser felici della velocità e che sarebbe antistorico e contrario ai principi della sinistra opporsi al trasporto su rotaia tanto più che, invece, i loro ascendenti si erano opposti al trasporto su gomma favorito e voluto da “lobbies” automobilistiche. L’abilità e l’acutezza di alcune delle argomentazioni di Scalfari potrebbero nascondere alla vista dei più, però, la vera natura dell’invettiva che è, come cercherò di dimostrare, intimamente neoliberista e a favore delle “lobbies” economico-finanziarie. È da molto tempo che scrivo su questo giornale che la nostra è una regione nella quale non funziona quasi nulla. Una terra nella quale, ad esclusione di rare ma lodevoli eccezioni, gli ospedali sono poco più che lazzaretti, la pubblica amministrazione è in uno stato confusionale perenne, la Scuola sforna ignoranti. Il paesaggio è irreversibilmente sfigurato, il mare è una fogna, il traffico delle nostre abusive città è fuori controllo, l’usura è largamente praticata da persone normali, il lavoro nero è la regola, persino l’acqua potabile e l’energia elettrica sembrano esser erogate a capriccio. Nella società calabrese prevale il pressappochismo perché la maggior parte degli artigiani, degli insegnanti, dei politici, dei professionisti, dei preti, degli operai, dei pubblici ufficiali, dei giornalisti non sa più fare il suo mestiere. La borghesia è particolarmente maleducata ed incolta, mentre regna in ogni piega del vivere quotidiano, efficiente e pervasiva, la ‘ndrangheta e la corruttela. La cosiddetta società civile è talmente subordinata alla politica da far dipendere il proprio successo dalla politica medesima sia in forma di partecipazione diretta (candidandosi a ricoprire ruoli istituzionali) che indiretta (aspettandosi appalti, incarichi, prebende e favori). La Calabria, insomma, è un inferno abitato da diavoli. Mi duole dire che la maggior parte dei giovani – e fra questi anche gli studenti dell’Università della Calabria, i miei studenti – non sono, non sono stati, migliori di noi adulti. Bisogna smetterla con la retorica giovanilistica e dirlo una volta per tutte: i giovani non sono ontologicamente migliori degli adulti. L’incapacità dei calabresi, e dei giovani calabresi, di sollevarsi dal giogo di questa terribile condizione non può, però, strumentalmente esser usato per dire che qualsivoglia attività politica da essi intrapresa è inficiata da questo peccato originale. Potrebbe essere che questa opposizione alla Tav costituisca, non solo per i giovani calabresi, la spinta propulsiva ad occuparsi della cosa pubblica come furono, per la mia generazione, la guerra in Vietnam e il Cile di Pinochet. Il fondatore del giornale-partito-lobby che per quasi trenta anni ha lentamente, ma inesorabilmente inoculato nel popolo della sinistra italiana, che quel giornale legge, il virus del mercatismo, del liberismo, ora, in questo momento di crisi manifesta del turbocapitalismo, si meraviglia che i giovani si oppongano ad una infrastruttura voluta e decisa dai tecnocrati italiani e europei che sembra essere perlomeno discutibile. La mettono in discussione 360 miei colleghi di discipline scientifiche di molte Università italiane sia nella sua parte più tecnica, sia in quella socio-economica ritenendo che: 1) non siano noti piani finanziari di sorta che comporterebbero, al minimo, una spesa di 20 miliardi di euro a carico dell’Italia; 2) il ritorno finanziario dell’opera appaia trascurabile; 3) esistano opere con ritorni economici certamente più elevati; 4) il ruolo anticiclico di questo tipo di progetti sembri trascurabile; 5) esistano legittimi dubbi funzionali, e quindi economici, sul concetto di corridoio, tenuto conto che i corridoi europei sono tracciati semi-rettilinei, con forti significati simbolici, ma privi di supporti funzionali; 6) che, sulla base di una vasta letteratura scientifica nazionale e internazionale, il bilancio energetico-ambientale risulti nettamente negativo. Un’opera fortemente discutibile anche per quel che riguarda i presenti e i futuri appaltatori che non appartengono necessariamente solo alla ‘ndrangheta che, del resto, è quasi sempre solo subappaltatrice di grandi gruppi industriali e finanziari. Perché gli studenti dell’Università della Calabria dovrebbero favorire le “lobbies” che vogliono costruire la Tav, proprio mentre i treni a lunga percorrenza -che hanno garantito una qualche unità sociale e geografica di questo paese- vengono soppressi perché poco remunerativi? In quali luoghi, a noi mortali sconosciuti, stanno costruendo, a dire di Scalfari, queste “dorsali” che garantirebbero il trasporto ferroviario locale per i pendolari? Quali soldi sono stati spesi, invece, per ammodernare la Ss 106 e la Ss 18 e quanto tempo ancora dovranno aspettare i miei studenti per vedere ultimata la Salerno-Reggio Calabria? Il gioco di utilizzare argomenti validi e sofisticati – non sfugge il richiamo al concetto hegeliano e marxista di progresso- per giustificare ideologicamente operazioni di segno opposto, non può esser più fatto. Da parte mia spero solo che questa protesta no-Tav sia solo l’inizio della costruzione di una vera opposizione politica, sociale al modello di sviluppo del “pensiero unico” di cui Scalfari è il corifeo.

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