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VAGLIO –  Partenza da tappeto rosso per la rassegna “Mefitis” organizzata dal consorzio Teatri uniti di Basilicata,  in collaborazione con il Comune di Vaglio, nel suggestivo sito archeologico di Rossano di Vaglio.  Edoardo Siravo e la bellissima Vanessa Gravina  apriranno l’ormai tradizionale rassegna di teatro estivo. Lo spettacolo in scena questa sera a partire dalle 21 è “ Farse plautine – tragici successi” per la regia di Cristiano Roccamo e con Luca Cairati.  Il maestro Edoardo Siravo che per un quarto come lui stesso afferma è lucano (sua nonna a cui lui era molto legato  era originaria di Potenza),  si concede in anteprima ad un’intervista per  il Quotidiano della Basilicata, in cui cerchiamo di capire uno spettacolo interessantissimo che mischia teatro classico, modernità e commedia dell’arte.  

 

Maestro,  come nasce questo mischiarsi di stili e teatro che è  “False plautine – tragici successi”?
«E’ un’idea del direttore artistico del teatro di Sarsina, la città in cui  è nato Plauto e  dove c’è una rassegna estiva molto importante. Cristiano Roccamo, insieme a me e Vanessa Gravina ed ad un altro attore, Luca Cairati, abbiamo costruito questo strano spettacolo in cui si uniscono la commedia dell’arte a cui sono più propensi  Cristiano e Luca e il teatro diciamo tradizionale a cui siamo dediti io e Vanessa. Questa miscela che poteva essere anche rischiosa, ha dato vita ad uno spettacolo molto divertente ma che può far pensare. Un viaggio che parte da Plauto ed arriva ad autori come Beckett».

Diverse volte è stato qui in Basilicata. Si può dire che lei è un esperto di teatro classico.  Quanto è importante  Plauto per il teatro mondiale?

«Ne parlavo l’altro giorno proprio a Sarsina. Quando nascono Shakespeare e Moliére, cioè la rinascita del teatro contemporaneo, i classici greci non erano stati scoperti e tradotti. Arrivavano filtrati da Seneca per le tragedie e Plauto per le commedie. Chiaro che anche loro debbono molto al teatro greco antico ma tutto il teatro contemporaneo non si può che rifare  per quanto riguarda la commedia a Plauto e per la tragedia a Seneca. Direi che tutta la nostra società viene da lì. Credo che il teatro abbia molto a che fare con la società in cui viviamo. In questo senso la commedia, tutti i comici, specie quelli  grandi di 20  o 30 anni fa da Totò a Peppino De Filippo ma anche Eduardo, tutti devono a Plauto. Non esisterebbe Zelig senza Plauto, per andare in sintesi».

Cosa significa dal punto di vista attoriale passare nella stessa opera da Plauto a Shakespeare?

«Io credo che l’attore debba saper fare tutto. Plauto a volte è  fatto in maniera troppo volgare e come se secondo alcuni   autorizzasse alla volgarità. Plauto autorizza al gioco, ma sempre con una grande tecnica teatrale. Quando si dimentica questo e si passa alla volgarità si commette un grave errore. Io quando faccio sia Plauto che Shakespeare cerco sempre di metterci la buona fede e la mia professione che purtroppo ormai  avanza molta esperienza. La chiave è proprio questo miscelare la commedia dell’arte con la commedia classica, questo secondo me è una chiave interpretativa  che dobbiamo proprio a Plauto». 

Lei conosce molto bene Vanessa Gravina, compagna di teatro e non solo. Si dice che abbia lo sguardo più bello del teatro italiano. Come è lavorare con Vanessa?

«Siamo stati una coppia anche nella vita e siamo una coppia teatrale che resiste perché siamo molto affiatati, io conosco i suoi difetti  e lei conosce i miei. Speriamo di avere delle qualità  che cerchiamo di portare avanti, io lavoro molto bene con lei e credo di potermi avventurare a dire che lei lavora bene con me. Speriamo di poter collaborare ancora in tanti   altri spettacoli». 

Lei è un talento naturale del teatro.  Cosa ha significato e significa fare teatro per lei a 55 anni?

«Il teatro è la base della democrazia. La democrazia nasce insieme al teatro. In questo senso se un uomo vuole essere socialmente attivo, oltre a passarla a bere, mangiare  e procreare  deve amare queste altre attitudini che  sono fondamentali ed utili. Lo sviluppo dell’intelletto e dell’arte credo sia proprio ciò che rende la vita più bella rispetto a quella di un animale. In questo senso mi sono dedicato al teatro, per fare  proprio questa attività che è non solo sociale ma artistica. Fare teatro è un modo di vivere, è sempre più difficile. Avrei voluto passare questi ultimi anni della mia carriera in maniera  più tranquilla e invece bisogna anche adesso impegnarsi per riuscire a salvare questo nostro settore». 

Lei è famoso anche come doppiatore. Una volta ha dichiarato che il doppiatore non è un mestiere a sé, ma una parte dell’attore. Ma perché la figura del doppiatore puro è sbagliata?

«Secondo me il doppiaggio lo devono fare gli attori. Molto spesso lo fanno i doppiatori puri e questo si sente in un film. Quando si trovano dei grandi attori che fanno dei film importanti, ci devono essere gli attori e non soltanto dei doppiatori. Io credo e spero che quando ho fatto il doppiaggio sia riuscito a restituire oltre  al pensiero recitativo di quell’attore anche  il suo disegno interpretativo. Per questo secondo me è più giusto che lo faccia un attore». 

Concludiamo. Cosa è per lei la Bellezza?

«La Bellezza è il teatro fatto bene».  

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