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Modena City Ramblers
per cantare e pensare
 
A tu per tu con  Franco D’Aniello il padre della band che chiude la festa della Cgil a Potenza
di FRANCESCO ALTAVISTA
POTENZA –  Domani si concluderà la tre giorni della  prima festa provinciale CGIL Potenza “Liberiamo il futuro” con il concertone finale dei  Modena City Ramblers. La band  emozionerà e farà ballare il pubblico- certamente numeroso -in piazza Don Bosco a Potenza dalle 21:30, prima alle 18  un’intervista – dibattito dal titolo “Giovani, precarietà: le sfide del passato” a Serena Sorrentino (segretario nazionale Cgil) da parte del direttore del Quotidiano, Lucia Serino. Dopo il dibattito  anche la presentazione del cortometraggio “Anna”.  I Modena City Ramblers saranno sicuramente attesissimi  dopo la pubblicazione, lo scorso febbraio, del loro 13esimo album “Niente di nuovo sul fronte occidentale”. In anteprima il padre storico del gruppo Franco D’Aniello, praticamente da solo la sezione fiati della band, si concede ad un’intervista per il Quotidiano.    
A Potenza arriverete con la promozione di “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, il vostro nuovo album, 18 brani  in doppio cd, uno più rock e l’altro più lento e cantautorale. Siete tornati a raccontare storie?
«Ci piace molto scrivere canzoni raccontando delle storie di persone, di luoghi, di personaggi e di fatti. La cosa fondamentale  per noi è che le canzoni siano veicolo per raccontare delle storie. In questo caso abbiamo voluto partire da lontano dal punto di vista proprio temporale. Siamo partiti dal Risorgimento fino ai giorni nostri. Un excursus sull’Italia in questi ultimi 150 anni senza avere la pretesa di fare un libro di storia. Abbiamo raccontato alcune storie emblematiche su come la pensiamo noi sull’Italia». 
Si può dire che è dai tempi di “Terra e Libertà” che non realizzate un album così “narrativo”?
 «Diciamo di sì. Anche se altre volte lo abbiamo fatto, basta pensare alla canzone “I cento passi”, nella quale  ci siamo avventurati nel raccontare storie di mafia e di persone. In questo caso abbiamo però costruito un lavoro che può essere considerato anche un concept album  proprio perché raccontiamo storie realmente accadute o comunque storie importanti. Questa cosa ci piace molto». 
Sembrerebbero però  canzoni meno politicizzate di qualche anno fa…
«Noi la canzone politica l’abbiamo sempre trattata in modo un po’ diverso dalla classica concezione anni ‘70. Quando rifacemmo “Contessa” lo facemmo non tanto per ribadire un concetto ma per far conoscere come era la canzone di protesta negli anni ‘70 e quindi affrontando la politica in quel mondo. Non l’abbiamo mai affrontata in modo diretto, anche quando abbiamo scritto “El Presidente”  era naturalmente rivolta a Berlusconi ma senza quei riferimenti iconografici classici della canzone di protesta. In questo album ci sembra che la politica ci sia sempre. Tutto quello che uno fa e dice pubblicamente in parte è sempre politica, lo facciamo forse  in modo molto più raffinato di prima».
Sono passati tanti anni ed avete un passato glorioso di pezzi come “Un giorno di pioggia”, “Ebano” e tanti altri. Come si fa a non diventare una cover band di lusso del proprio passato? 
«Il fatto di aver fatto un disco come l’ultimo che è piaciuto molto, questo vuol dire non essere prigionieri del passato, rinnovarsi sempre un po’ e dare sempre qualcosa di buono. Non credo in operazioni di nostalgia, certamente alcuni pezzi storici non si possono togliere dalla scaletta questo per creare un mix di nuovo e vecchio che sia equilibrato e gradevole. La gente se ne accorge se non cambi. In quel periodo scrivevamo “Un giorno di pioggia” per noi era il massimo ed adesso il nostro massimo è scrivere pezzi che a noi piacciono altrettanto. “Mia dolce rivoluzionaria”  all’inizio è stata presa in modo molto freddo, adesso è diventata una pietra miliare quanto e come “Un giorno di pioggia”. Il nostro pubblico non è così nostalgico e per fortuna si rinnova sempre». 
Maestro, a proposito di passato. Una provocazione a distanza di anni si può dire: chi ha perso  più tra voi e Cisco dopo il distacco?
«Secondo me nessuno dei due. Noi sicuramente abbiamo trovato un cantante che era già nel giro dei Modena City Ramblers, un amico che sapeva benissimo cosa voleva dire essere il cantante del gruppo. A parte il primo periodo di curiosità della gente poi siamo andati spediti come prima. Cisco ha fatto comunque quello che voleva,  diciamo che dal suo punto di vista non ci ha perso nemmeno lui. Era quello che voleva fare e quindi in questo non si perde mai. Cisco ha il suo pubblico che in gran parte è anche il nostro, ci possono essere più o meno critiche  ma diciamo che nessuno dei due ci ha perso perché  sono state scelte consapevoli»
Concludiamo. Cosa è la Bellezza?
 «La Bellezza è un atteggiamento mentale. Fondamentale è cercare la Bellezza in tutto, è ciò che differenzia il vivere bene dal vivere male».

POTENZA –  Stasera si concluderà la tre giorni della  prima festa provinciale CGIL Potenza “Liberiamo il futuro” con il concertone finale dei  Modena City Ramblers. La band  emozionerà e farà ballare il pubblico- certamente numeroso -in piazza Don Bosco a Potenza dalle 21:30, prima alle 18  un’intervista – dibattito dal titolo “Giovani, precarietà: le sfide del passato” a Serena Sorrentino (segretario nazionale Cgil) da parte del direttore del Quotidiano, Lucia Serino. Dopo il dibattito  anche la presentazione del cortometraggio “Anna”.  I Modena City Ramblers saranno sicuramente attesissimi  dopo la pubblicazione, lo scorso febbraio, del loro 13esimo album “Niente di nuovo sul fronte occidentale”. In anteprima il padre storico del gruppo Franco D’Aniello, praticamente da solo la sezione fiati della band, si concede ad un’intervista per il Quotidiano.  

 

A Potenza arriverete con la promozione di “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, il vostro nuovo album, 18 brani  in doppio cd, uno più rock e l’altro più lento e cantautorale. Siete tornati a raccontare storie?

«Ci piace molto scrivere canzoni raccontando delle storie di persone, di luoghi, di personaggi e di fatti. La cosa fondamentale  per noi è che le canzoni siano veicolo per raccontare delle storie. In questo caso abbiamo voluto partire da lontano dal punto di vista proprio temporale. Siamo partiti dal Risorgimento fino ai giorni nostri. Un excursus sull’Italia in questi ultimi 150 anni senza avere la pretesa di fare un libro di storia. Abbiamo raccontato alcune storie emblematiche su come la pensiamo noi sull’Italia». 

Si può dire che è dai tempi di “Terra e Libertà” che non realizzate un album così “narrativo”? 

«Diciamo di sì. Anche se altre volte lo abbiamo fatto, basta pensare alla canzone “I cento passi”, nella quale  ci siamo avventurati nel raccontare storie di mafia e di persone. In questo caso abbiamo però costruito un lavoro che può essere considerato anche un concept album  proprio perché raccontiamo storie realmente accadute o comunque storie importanti. Questa cosa ci piace molto». 

Sembrerebbero però  canzoni meno politicizzate di qualche anno fa…

«Noi la canzone politica l’abbiamo sempre trattata in modo un po’ diverso dalla classica concezione anni ‘70. Quando rifacemmo “Contessa” lo facemmo non tanto per ribadire un concetto ma per far conoscere come era la canzone di protesta negli anni ‘70 e quindi affrontando la politica in quel mondo. Non l’abbiamo mai affrontata in modo diretto, anche quando abbiamo scritto “El Presidente”  era naturalmente rivolta a Berlusconi ma senza quei riferimenti iconografici classici della canzone di protesta. In questo album ci sembra che la politica ci sia sempre. Tutto quello che uno fa e dice pubblicamente in parte è sempre politica, lo facciamo forse  in modo molto più raffinato di prima».

Sono passati tanti anni ed avete un passato glorioso di pezzi come “Un giorno di pioggia”, “Ebano” e tanti altri. Come si fa a non diventare una cover band di lusso del proprio passato? 

«Il fatto di aver fatto un disco come l’ultimo che è piaciuto molto, questo vuol dire non essere prigionieri del passato, rinnovarsi sempre un po’ e dare sempre qualcosa di buono. Non credo in operazioni di nostalgia, certamente alcuni pezzi storici non si possono togliere dalla scaletta questo per creare un mix di nuovo e vecchio che sia equilibrato e gradevole. La gente se ne accorge se non cambi. In quel periodo scrivevamo “Un giorno di pioggia” per noi era il massimo ed adesso il nostro massimo è scrivere pezzi che a noi piacciono altrettanto. “Mia dolce rivoluzionaria”  all’inizio è stata presa in modo molto freddo, adesso è diventata una pietra miliare quanto e come “Un giorno di pioggia”. Il nostro pubblico non è così nostalgico e per fortuna si rinnova sempre». 

Maestro, a proposito di passato. Una provocazione a distanza di anni si può dire: chi ha perso  più tra voi e Cisco dopo il distacco?

«Secondo me nessuno dei due. Noi sicuramente abbiamo trovato un cantante che era già nel giro dei Modena City Ramblers, un amico che sapeva benissimo cosa voleva dire essere il cantante del gruppo. A parte il primo periodo di curiosità della gente poi siamo andati spediti come prima. Cisco ha fatto comunque quello che voleva,  diciamo che dal suo punto di vista non ci ha perso nemmeno lui. Era quello che voleva fare e quindi in questo non si perde mai. Cisco ha il suo pubblico che in gran parte è anche il nostro, ci possono essere più o meno critiche  ma diciamo che nessuno dei due ci ha perso perché  sono state scelte consapevoli»

Concludiamo. Cosa è la Bellezza? 

«La Bellezza è un atteggiamento mentale. Fondamentale è cercare la Bellezza in tutto, è ciò che differenzia il vivere bene dal vivere male».

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