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i FRANCESCO ALTAVISTA
MATERA – A sedici anni, bella e con tanti sogni in Italia, viene  catapultata in Siria e costretta a subire botte, offese  e un matrimonio combinato per 13 mesi. E’ la storia della bellissima Amani El Nasif, raccontata da Cristina Obber nel libro “Siria, Mon Amour”  che sarà presentato al  Women’s Fiction Festival domani, alle ore 10,30 all’Istituto Tecnico Commerciale “A. Loperfido”  con la presenza delle autrici. Nel libro sono raccontati i momenti dolorosi di Amani che per  correggere un errore sul passaporto siriano è costretta a recarsi nella sua terra d’origine, ad Aleppo. Durante più di una anno, viene più volte lasciata a terra inerme e svenuta dopo le botte, imbottita di cortisone,  vestita in modo da nascondere le sue forme e violentata psicologicamente, con parole come ulech (puttanella)  e altre con l’obiettivo di distruggere le sue speranze e sogni. 
Ma Amani vince, alla fine torna in Italia e insieme a Cristina Obber racconta la sua storia. In anteprima Amani che non vede l’ora di respirare per la prima volta l’aria orientale di Matera,  si concede ad alcune domande per il Quotidiano della Basilicata.
Prima di parlare del libro, volevo sapere da te come stai vivendo la  situazione attuale della tua terra d’origine, la Siria?
«Sono ormai tre anni che va avanti questo genocidio. Le notizie  che mi arrivano sono davvero molto tristi. Un mio cugino è stato arrestato  per futili motivi, dicevano solo per un controllo a Luglio a Damasco e di lui non si sa più nulla. Le notizie che mi arrivano sono drammatiche anche perché non c’è da mangiare, manca la corrente elettrica, l’acqua fa fatica a raggiungere i villaggi più rurali ad Aleppo non si trova più nulla».
Passiamo al libro “Siria Mon Amour”. Racconti  con l’aiuto di Cristina Obber di uomini e di donne in Siria, persone vere anche se al lettore occidentale appaiono un po’ surreali.  Che tipo di uomo è quello che tu hai conosciuto in Siria e quali donne sopportano questi abusi?
«Ciò che ho vissuto io, l’ho vissuto in un villaggio rurale della Siria. Le donne e gli uomini che vivono in città sono completamente diversi. Le donne che  ho conosciuto io nel villaggio sono donne sottomesse, donne che devono subire. Sono donne che purtroppo valgano poco per quel tipo di società, l’uomo decide sulla donna qualsiasi cosa. L’uomo che ho conosciuto è un uomo autoritario, un uomo che esige rispetto da ogni piccola e banale cosa, non potevo nemmeno sedermi vicino a mio zio  perché era peccato se poi si scoprivano i capelli».
Uno dei temi più dolorosi del libro è certamente il tradimento  dei membri della tua famiglia da tuo padre opportunista e ladro che ti ha abbandonato in Italia e poi si fa rivedere in Siria a tua madre e tua sorella. Tu ora sei madre, come è possibile che una madre si comporti così?
«Inevitabilmente sono cose che ti segnano, nonostante ad oggi abbia perdonato mia madre. Solo io ricordo i suoi occhi quando mi diceva: l’Italia non la vedrai più, ti dovrai sposare qua con tuo cugino e fare quello che dice lui.  Adesso le volte che ho cercato di aprire il discorso con mia madre, per capire perché ha voluto farmi  una cosa così brutta,  ho sempre trovato un muro. Anche per lei non è stato facile vivere lì, trasferirsi poi con i figli in una terra nuova».
Nei momenti di sconforto però penavi e comunicavi per quanto possibile con il tuo ragazzo in Italia. Quanto ti ha aiutato l’amore a sopravvivere?
«Se non ci fosse stato un amore così grande forse non avrei lottato per tornare. Sicuramente  avrei ceduto alle umiliazioni, alle botte, mi sarei lasciata andare. La volta  che racconto nel libro sul tetto, l’avrei fatta finita veramente, mi sarei impegnata di più nell’andare in un altro mondo. E’ stato molto difficile ma questo amore mi ha tenuto con i piedi per terra e mi ha aiutato a lottare per tornare in Italia».              
Concludiamo. Cosa è per te la Bellezza?
«La Bellezza deve essere per forza di cose il far stare bene una persona, trasmettere il bene, la serenità e la pace».
 

MATERA – A sedici anni, bella e con tanti sogni in Italia, viene  catapultata in Siria e costretta a subire botte, offese  e un matrimonio combinato per 13 mesi. E’ la storia della bellissima Amani El Nasif, raccontata da Cristina Obber nel libro “Siria, Mon Amour”  che sarà presentato al  Women’s Fiction Festival domani, alle ore 10,30 all’Istituto Tecnico Commerciale “A. Loperfido”  con la presenza delle autrici. Nel libro sono raccontati i momenti dolorosi di Amani che per  correggere un errore sul passaporto siriano è costretta a recarsi nella sua terra d’origine, ad Aleppo. 

Durante più di una anno, viene più volte lasciata a terra inerme e svenuta dopo le botte, imbottita di cortisone,  vestita in modo da nascondere le sue forme e violentata psicologicamente, con parole come ulech (puttanella)  e altre con l’obiettivo di distruggere le sue speranze e sogni. 
Ma Amani vince, alla fine torna in Italia e insieme a Cristina Obber racconta la sua storia. In anteprima Amani che non vede l’ora di respirare per la prima volta l’aria orientale di Matera,  si concede ad alcune domande per il Quotidiano della Basilicata.

Prima di parlare del libro, volevo sapere da te come stai vivendo la  situazione attuale della tua terra d’origine, la Siria?«Sono ormai tre anni che va avanti questo genocidio. Le notizie  che mi arrivano sono davvero molto tristi. Un mio cugino è stato arrestato  per futili motivi, dicevano solo per un controllo a Luglio a Damasco e di lui non si sa più nulla. Le notizie che mi arrivano sono drammatiche anche perché non c’è da mangiare, manca la corrente elettrica, l’acqua fa fatica a raggiungere i villaggi più rurali ad Aleppo non si trova più nulla».

Passiamo al libro “Siria Mon Amour”. Racconti  con l’aiuto di Cristina Obber di uomini e di donne in Siria, persone vere anche se al lettore occidentale appaiono un po’ surreali.  Che tipo di uomo è quello che tu hai conosciuto in Siria e quali donne sopportano questi abusi?

«Ciò che ho vissuto io, l’ho vissuto in un villaggio rurale della Siria. Le donne e gli uomini che vivono in città sono completamente diversi. Le donne che  ho conosciuto io nel villaggio sono donne sottomesse, donne che devono subire. Sono donne che purtroppo valgano poco per quel tipo di società, l’uomo decide sulla donna qualsiasi cosa. L’uomo che ho conosciuto è un uomo autoritario, un uomo che esige rispetto da ogni piccola e banale cosa, non potevo nemmeno sedermi vicino a mio zio  perché era peccato se poi si scoprivano i capelli».

Uno dei temi più dolorosi del libro è certamente il tradimento  dei membri della tua famiglia da tuo padre opportunista e ladro che ti ha abbandonato in Italia e poi si fa rivedere in Siria a tua madre e tua sorella. Tu ora sei madre, come è possibile che una madre si comporti così?

«Inevitabilmente sono cose che ti segnano, nonostante ad oggi abbia perdonato mia madre. Solo io ricordo i suoi occhi quando mi diceva: l’Italia non la vedrai più, ti dovrai sposare qua con tuo cugino e fare quello che dice lui.  Adesso le volte che ho cercato di aprire il discorso con mia madre, per capire perché ha voluto farmi  una cosa così brutta,  ho sempre trovato un muro. Anche per lei non è stato facile vivere lì, trasferirsi poi con i figli in una terra nuova».

Nei momenti di sconforto però penavi e comunicavi per quanto possibile con il tuo ragazzo in Italia. Quanto ti ha aiutato l’amore a sopravvivere?

«Se non ci fosse stato un amore così grande forse non avrei lottato per tornare. Sicuramente  avrei ceduto alle umiliazioni, alle botte, mi sarei lasciata andare. La volta  che racconto nel libro sul tetto, l’avrei fatta finita veramente, mi sarei impegnata di più nell’andare in un altro mondo. E’ stato molto difficile ma questo amore mi ha tenuto con i piedi per terra e mi ha aiutato a lottare per tornare in Italia».              

Concludiamo. Cosa è per te la Bellezza?

«La Bellezza deve essere per forza di cose il far stare bene una persona, trasmettere il bene, la serenità e la pace».  

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