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L’INCONTRO con il maestro Francesco Rosi che fosse un’esperienza da ricordare, mi è stato chiaro subito, sin dalla prima stretta di mano che ho avuto l’onore di scambiare con lui, fresco “compaesano”, quel 21 settembre del 2013. Adesso che lui se ne è andato, lo è ancora di più.
Mi piace ricordarlo con l’intervista rilasciata al Quotidiano in occasione di quel suo emozionante ritorno nella città dei Sassi, dopo oltre trent’anni dalle riprese di “Tre fratelli”, da cittadino onorario. 

HA vinto il Leone d’Oro, la Palma a Cannes, l’Orso d’argento a Berlino, ma il maestro Francesco Rosi non ha perso la capacità di emozionarsi. Mentre, in una sala Levi gremita, la presidente del consiglio comunale Brunella Massenzio legge le motivazioni del conferimento della cittadinanza onorario il regista è visibilmente commosso. Ancora di più quando un lungo e caloroso applauso con tanto di standing ovation sottolinea l’ufficializzazione del riconoscimento. E allora, in barba a protocolli e formalismi, il maestro, d’ impeto, si è levato in piedi per ricambiare, a suo modo, il gesto d’amore di Matera nei suoi confronti. «Matera è nel mio cuore da tanti anni – ha detto- anche se la città ha cambiato volto. Confesso che mi sento un po’ spaesato. Devo rivedere i Sassi per “ritrovarmi”, sennò è inutile che sono venuto, a parte che per la cittadinanza che mi onora e mi commuove. Qui – ha continuato il regista- ho molti amici, alcuni non ci sono più ma li porto nel cuore. Il rapporto con Matera è forte. I film, che ho fatto qui, li ho fatti affinchè tutti potessero capire e vivere le difficoltà che il nostro Sud ha dovuto superare per trovarsi al passo con una civiltà avanzata. Il cinematografo può far capire i problemi meglio della letteratura, perchè rende “tattili” i luoghi e i personaggi ed è per questo che il cinematografo resisterà a lungo malgrado tutte le nuove tecnologie. Potete immaginare – ha concluso- l’emozione che mi fa aver reincontrato tante facce che non ho mai dimenticato».
 E’ palesemente felice di  consolidare con un atto ufficiale il suo rapporto con Matera. «Questa è una città alla quale mi legano ricordi straordinari. A cominciare naturalmente da quelli associati alle riprese di “Cristo si è fermato a Eboli”, il film che girai qui con Gianmaria Volonté. Ma anche  con Lea Massari. Una grandissima attrice di cui tutti,  chissà perché, si dimenticano sempre. E che invece mi fa piacere ricordare qui, ora che in tanti, grazie all’iniziativa del Comune di Matera, torneranno a vedere i miei film».

Ma sono tanti altri i ricordi materani che affiorano, le suggestioni di un mondo che non c’è più. Come quelle collegate  al film “C’era una volta” (nel cast c’erano Sophia Loren e Omar Sharif, appena assurto alla popolarità mondiale con Il Dottor Zivago).  Il film fu girato nel 1967, quasi venti anni prima del “Cristo si è fermato a Eboli”. Rosi scelse Matera perché, racconta, era la città ideale per ambientarvi una storia calata nel Sud  del ‘600, ai tempi della dominazione spagnola. Un film, peraltro, anomalo rispetto alla filmografia dell’autore napoletano, noto fino ad allora soprattutto per pellicole di  impegno civile come “Le mani sulla città” e “Il Bandito Giuliano”. Vi si narravano le vicende fantastiche di Isabella, popolana abilissima che vive di piccoli espedienti (tra cui quello in cui, con l’aiuto di ragazzini, vende un asino ad un ricco mercante facendogli credere che defechi oro). «Avevo bisogno di una città che si prestasse a un racconto fiabesco. La storia era tratta dal Cunto de li Cunti di Giambattista Basile, il grande autore napoletano del tardo ‘500. E Matera, soprattutto allora, era un posto che si prestava alle fiabe».

E’ dagli anni Ottanta che il regista manca da Matera. «L’ultima volta ci sono venuto per girare “Tre fratelli” – ricorda – Rispetto a come me la ricordavo (c’ero stato negli anni Sessanta) non la trovai molto cambiata . Mi dicono che ora sia cambiata molto. Sono  curioso di vedere come. Mettere  le mani su Matera è molto difficile. E’ un posto che va trattato con i guanti».
«Matera non può che avere una crescita culturale – aggiunge -Ma non diventerà mai una Pompei. Perché a Matera c’è un popolo molto interessante. Contadini, artigiani, scrittori, pittori. Io mi auguro che i materani di oggi mantengano le tradizioni. La città è fatta per attirare le persone più sensibili e colte. Come è avvenuto dopo i miei film. Il cinema per Matera ha fatto tanto, ma anche la città per il cinema».
Molto sentite le parole in merito alla candidatura a Capitale europea della Cultura: «Matera non è una città come le altre. E’ un luogo senza tempo. Anzi, le dirò di più: non è che Matera non ha epoca: è che ne ha tante quante sono quelle attraversate dalla sua nascita. E quanto alla sua candidatura europea va detto che essa è già una capitale della cultura, ne fa fede la sua lunga e ricca storia».
Il maestro ci aveva visto giusto.

m.agata@luedi.it

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