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Vincenzo Midiri avrebbe compiuto 65 anni il 4 gennaio scorso. Ma in questo caso, il condizionale è d’obbligo, dal momento che di lui non si hanno più notizie dal mese di ottobre del 1990. Da quando, cioè, uscito dal carcere per un permesso, ha fatto perdere le sue tracce. Un latitante d’eccellenza, dunque, inserito tra i cento più pericolosi d’Italia. «Un soggetto – è scritto sul suo fascicolo personale – capace di commettere qualsiasi tipo di reato».
Dopo anni di indagini e ricerche, giovedì 8 marzo potrebbe essere la data della svolta. Perché la Procura della Repubblica di Catanzaro, con un provvedimento a firma del sostituto Emanuela Costa, ha disposto la riesumazione dei corpi del padre del latitante, Ignazio Midiri, deceduto nel 1981, e della madre, la cui morte risale al 1985. L’obiettivo è quello di comparare il Dna che sarà estrapolato dai coniugi con quello di altri resti, rinvenuti a Botricello l’1 ottobre del 2000. Quella di Midiri e dei resti rinvenuti dodici anni fa è una storia di misteri e intrighi. Indagini aperte e chiuse. Pentiti che hanno raccontato di sapere, ma ai quali non sono seguiti riscontri. L’indagine di oggi, seguita dai Carabinieri della Compagnia di Sellia Marina, rientra in un fascicolo aperto nel 2006. L’ennesimo nei confronti del latitante che le cronache giudiziarie danno vicino alle cosche di Isola Capo Rizzuto, ma anche a quelle della Sicilia e della Puglia.
Sull’edizione cartacea di oggi del “Quotidiano della Calabria” il servizio completo a cura di Saverio Puccio.

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